Effetti ambientali sulla salute

Il sistema immunitario potrebbe non essere pronto ad affrontare i cambiamenti climatici.

di Lisa Ovi

Negli ultimi vent’anni, le scienze della salute sono state trasformate dalla genomica, grazie alla descrizione di fattori di rischio genetico delle malattie umane. Ciononostante, questa rivoluzione ha anche rivelato i limiti del determinismo genetico, dimostrando come il DNA non rappresenta che una frazione del rischio di incorrere in una malattia.

Ricercatori della Columbia University, Utrecht University, University of Luxembourg e Northeastern University, hanno descritto in uno studio, pubblicato su Science, la necessità di esplorare a fondo anche il cosiddetto esposoma per garantire un quadro più completo del rischio di malattia. L’esposoma viene definito come la totalità degli stimoli ambientali a cui un organismo è esposto a partire dal concepimento.

Un effetto collaterale dei recenti, veloci, progressi nel campo della genetica è stato scoprire che non vi è necessariamente una correlazione diretta tra DNA e malattia. Non solo diverse condizioni sono da studiare dal punto di vista di un fattore di rischio poligenico, ma le nostre condizioni di salute in generale sono il prodotto di più fattori, come l’ambiente in cui cresciamo e viviamo, il cibo che mangiamo, l’aria che respiriamo, persino le nostre esperienze durante la vita prenatale. Di fronte alla crescente consapevolezza dell’impatto ambientale sulle nostre condizioni di salute, caratterizzare l’esposoma diviene non meno importante dello studio del genoma umano.

Il concetto di esposoma è stato definito nel 2005 dallo scienziato Christopher Wild, per rappresentare i driver ambientali, non genetici, della salute e delle malattie. Queste esposizioni non sono limitate alle migliaia di sostanze chimiche che entrano nei nostri corpi attraverso l’aria, l’acqua o il cibo. Sono inclusi fattori come la risposta individuale del nostro corpo al nostro ambiente e alle circostanze sociali, sotto forma di infiammazione, stress ossidativo, infezioni e reazioni della flora intestinale. Non basta isolare il ruolo di ogni singola variabile.

Servono progetti di ricerca condotti su campioni di popolazione che superino i 100.000 volontari, tecniche di screening e risorse per l’analisi dei dati più avanzate, ripetizioni in studi indipendenti e l’applicazione di metodi che possano stabilire una relazione di causalità. Studi su larga scala dell’esposoma armeranno gli enti di regolatori di nuove informazioni sulle sostanze nocive alla salute. Da un punto di vista medico, un quadro informativo più completo sull’impatto di fattori non genetici e sostanze chimiche consentirebbe la creazione di punteggi di rischio dell’esposoma (ERS), analoghi ai punteggio di rischio poligenico (PRS), capaci di informare individui e medici sul rischio di incorrere in malattie.

La necessità di condurre questi studi si fa sempre particolarmente pressante a fronte dell’emergenza ambientale globale a cui stiamo andando incontro. Uno studio condotto sugli uccelli da ricercatori della Lund University, pubblicato su Proceedings of the Royal Society, rivela che il sistema immunitario di una specie viene calibrato nel corso di milioni di anni, consentendo ai singoli individui di affrontare malattie specifiche al particolare ambiente e clima in cui vivono.

I rapidi cambiamenti climatici aumentano il rischio che i sistemi immunitari così precisamente formulati possano rivelarsi insufficienti ad affrontare nuovi rischi ed ambienti, non solo negli uccelli. Alcuni dei geni del sistema immunitario che hanno esaminato, infatti, sono comuni a tutti i vertebrati.

(lo)

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