Un nuovo studio dimostra quanto più utili possono essere i nostri ‘contapassi’
Un nuovo studio della Johns Hopkins dimostra che i dati raccolti dai tracker indossabili possono essere utilizzati per monitorare la salute fisica generale e cardiovascolare dell’utente.
Sebbene questi sensori siano generalmente commercializzati come contapassi giornalieri, il team di ricerca della Johns Hopkins ritiene che potrebbero essere utilizzati più a fondo per sostenere la cura, in particolare, di pazienti affetti da ipertensione arteriosa polmonare (PAH) e altre malattie croniche. Lo studio è stato pubblicato su NPJ Digital Medicine.
“Lo scopo di questo studio era dimostrare che questi dispositivi possono fornire metriche clinicamente rilevanti che vanno ben oltre il conteggio dei passi giornalieri”, spiega Zheng “Peter” Xu, primo autore dello studio e borsista post-dottorato presso inHealth, un’iniziativa strategica della Johns Hopkins University dedicata alla medicina di precisione. “Monitorare a distanza le condizioni fisiche di un paziente è sempre stato impegnativo. Abbiamo deciso di affrontare questa sfida a partire dai dati che i dispositivi indossabili raccolgono senza che nessuno ne faccia uso e scoprire quali potrebbero essere più utili nel supportare i pazienti affetti da PAH”.
La Cleveland Clinic ha fornito al team di ricerca della Johns Hopkins i dati ottenuti dal tracker di attività per 22 volontari affetti da PAH che hanno accettato di indossare tracker nell’intervallo di tempo tra due visite mediche.
In occasione di entrambe le visite, i professionisti della Cleveland Clinic hanno preso nota di 26 misurazioni relative a ciascun partecipante, tra cui il rapporto tra salute e qualità della vita, frequenza cardiaca, nonchè i risultati su capacità aerobica e test di resistenza.
Utilizzando la frequenza dei passi minuto per minuto e i dati sulla frequenza cardiaca di ciascun partecipante, il team della Johns Hopkins ha potuto verificare l’affidabilità di diverse metriche ampiamente associate alla salute fisica e alla funzione cardiovascolare, come la distribuzione della frequenza cardiaca o l’intensità e la frequenza delle istanze di camminata ogni settimana.
Questi dati hanno consentito al team di comprendere lo stato di salute di ciascun partecipante e di identificare sottogruppi tra i partecipanti con metriche simili tra loro.
Per dimostrare le possibili applicazioni cliniche di questi dati, il team ha anche confrontato le metriche registrate dai tracker e le 26 metriche registrate dai medici in occasione delle visite cliniche, identificando così alcune correlazioni inaspettate.
Ad esempio, una valutazione della forma fisica misurata dai dispositivi indossabili (basata sul conteggio dei passi e sui dati della frequenza cardiaca) si è rivelata direttamente legata ai livelli di un biomarcatore del sangue analizzato in clinica per valutare il rischio di insufficienza cardiaca.
“Trovare tante differenze statisticamente significative in un gruppo di persone relativamente piccolo ci suggerisce che i dati dei tracker possono garantire un monitoraggio in remoto della gravità della malattia”, spiegano Peter Searson, Ph.D., autore senior di lo studio e Joseph R. e Lynn C. Reynolds Professor presso la Johns Hopkins University Whiting School of Engineering. “Questi dati potrebbero potenzialmente contribuire all’identificazione di pazienti a cui servono visite cliniche più frequenti o farmaci specifici“.
“Riteniamo inoltre che i parametri di salute misurati dai tracker potrebbero fare le veci dei parametri di salute misurati clinicamente in pazienti affetti malattie croniche“, conclude Searson.
I ricercatori stanno ora esplorando la possibilità di sfruttare il potenziale di questi dispositivi in pazienti affetti da broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO) e sclerodermia.
Immagine: ErikaWittlieb, Pixabay