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Ramón Palou de Comasema, Presidente & Managing Director Merck italia

Intelligenza artificiale, una rivoluzione industriale unica nel suo genere; il cambio di paradigma per la sanità a livello globale; gli attori insostituibili nell’ecosistema dell’innovazione. Intervista al Presidente & Managing Director di Merck Italia.

Non è così frequente poter parlare di una realtà che ha più anni di MIT Technology Review (nata nel 1899), e invece Merck, azienda leader in ambito scientifico e tecnologico, ne ha oltre il doppio: fondata nel 1668, è la più antica casa farmaceutica del mondo ancora attiva. Ma non parliamo di storia, bensì di presente e di futuro, e lo facciamo con il Presidente & Managing Director italiano, Ramón Palou de Comasema.

Ramón – ci diamo del tu fin dai primi minuti – non è italiano di origine, ma spagnolo, di Palma di Maiorca. Ramón è diretto, gradevolmente ironico e sinceramente entusiasta di affrontare certi argomenti: “Sono un ingegnere che ama la creatività”. Incarna i tratti più vivaci e genuini dei suoi concittadini.

Lo andiamo a trovare a Milano, negli uffici dei business Life Science & Technology di Merck. Insieme a me altri due CEO, Tommaso Canonici (che è anche Editore di MIT Technology Review Italia) e Sara Mazzocchi di Storyfactory; con Ramón, invece, la sempre pronta e sorridente Iris Buttinoni, Global Brand Director del Gruppo.

Gli raccontiamo il taglio della rubrica MIT – Mindset Innovation Talks e lui comprende al volo il contesto, ed è dal contesto che parte la nostra chiacchierata…

Ramón, riteniamo che per comprendere l’innovazione e la tecnologia sia essenziale considerare il momento storico in cui viviamo. È un periodo favorevole o sfavorevole? Qual è la tua opinione, in particolare sull’innovazione tecnologica nella vostra industry?

Credo che questo sia uno dei momenti migliori degli ultimi anni – non saprei nemmeno dire quanti – non solo per l’industria farmaceutica, ma in generale. Il primo pensiero va all’intelligenza artificiale, che sta rivoluzionando completamente il paradigma dell’innovazione e, probabilmente, anche della nostra vita quotidiana. Per me, è evidente. Tuttavia, non abbiamo ancora piena consapevolezza di quale sarà l’impatto che l’intelligenza artificiale potrà avere sulla società nel suo complesso, oltre che sull’industria farmaceutica. Ed è proprio qui che si trova il cuore della questione: viviamo un momento di grandi ambizioni, un’epoca in cui è quasi impossibile immaginare come sarà la società o l’industria tra 5 o 10 anni. Non parlo di decenni, ma proprio di un futuro molto prossimo.

Penso che il cambiamento portato dall’intelligenza artificiale non sia più un mito: è una realtà che sta già ridefinendo il modo in cui viviamo e lavoriamo. Negli ultimi due anni la trasformazione è stata radicale e ogni innovazione accelera ulteriormente questo processo. Stiamo vivendo un momento entusiasmante, ma anche carico di incertezze. Per alcuni, il futuro incerto può generare timore. La sfida sarà gestire tutto questo in modo consapevole e responsabile.

Ci sono narrazioni su questo cambio di paradigma che ti spaventano? O, al contrario, che ti entusiasmano e rispecchiano la tua visione?

Questo cambio di paradigma mi entusiasma moltissimo: amo la creatività e sperimentare cose nuove, anche se comprendo l’inquietudine che l’incertezza sul futuro del lavoro può generare in alcuni. È fondamentale affrontare questa sfida integrando le nuove modalità di lavoro nella quotidianità, una priorità per i leader aziendali. L’innovazione legata all’intelligenza artificiale non è la prima grande rivoluzione che l’industria affronta, ma ci sono diversi aspetti che la rendono unica, come la velocità del cambiamento stesso e il fatto che coinvolga tutta la società senza bisogno di grandi investimenti di accesso.

MERCK ITALIA

Un momento dell’evento “Scienza e Tecnologia per creare valore”, che si è tenuto il 18 novembre presso il sito di produzione Merck a Modugno-Bari. MERCK ITALIA

Guardando più da vicino Merck, c’è in questo momento specifico un’innovazione o una tecnologia che rappresenta meglio di altre il modo di essere e di porsi dell’azienda?

Rispondo rimanendo sull’intelligenza artificiale, perché rappresenta un’innovazione in grado di avere un impatto fondamentale in due modi. Da un lato, nel lavoro quotidiano, migliorando la produttività. Come direttore generale di Merck in Italia, questa è probabilmente la mia priorità: integrare l’intelligenza artificiale nel lavoro di tutti i collaboratori. È una sfida culturale e di mindset della massima importanza, che richiede di superare le paure legate al cambiamento. Per questo puntiamo a coinvolgere ambassador capaci di guidare questa trasformazione.

Dall’altro lato, se penso al settore farmaceutico, il potenziale dell’intelligenza artificiale è straordinario. Prima di tutto, può supportare la diagnosi precoce delle patologie, un aspetto cruciale per migliorare i percorsi di cura. Inoltre, può rivoluzionare lo sviluppo di nuovi target terapeutici, grazie alla capacità di analizzare grandi quantità di dati e fare previsioni che prima erano impossibili.

Un altro aspetto riguarda i costi: alcune innovazioni in ambito farmaceutico sono estremamente costose. Con l’intelligenza artificiale, possiamo diventare più efficienti nell’identificare i farmaci o i target terapeutici con il maggiore potenziale, riducendo tempi e risorse. Infine, può migliorare la valutazione dell’efficacia di un farmaco una volta che è già sul mercato. Questo, a mio avviso, può cambiare radicalmente il paradigma della sanità a livello globale.

Detto ciò, esiste una grande sfida legata all’ambito regolatorio. Adattare le valutazioni dei farmaci alla nuova realtà dell’intelligenza artificiale e dei dati del mondo reale non è semplice. Richiederà un impegno collettivo da parte delle agenzie regolatorie, dei sistemi sanitari e della società. È un lavoro complesso, ma il potenziale per migliorare concretamente la salute delle persone è enorme.

Questa è la direzione che deve prendere l’industria farmaceutica, assumendo il ruolo di vero game changer.

Quali indicatori possono aiutarci a capire se stiamo innovando nel modo giusto?

È una domanda complessa, perché l’innovazione ha chiaramente un impatto sui risultati finanziari, ma questi dipendono da molteplici fattori. Definire un KPI finanziario specifico per l’innovazione in Italia, a livello di filiale, è davvero difficile. Tuttavia, posso condividere la mia visione per guidare questa trasformazione, soprattutto nel migliorare la produttività e il lavoro quotidiano attraverso l’uso delle nuove tecnologie, in particolare l’intelligenza artificiale.

Per me, il primo KPI è legato al cambiamento culturale: quando tutti i collaboratori inizieranno a integrare strumenti basati sull’AI nel loro lavoro quotidiano, sapremo di essere sulla strada giusta. Senza questo primo passo, è complicato misurare l’impatto finanziario. Certo, possiamo quantificare i risparmi, ad esempio in ambiti come il marketing, ma il vero obiettivo è superare le paure e rendere l’AI uno strumento naturale nel lavoro di ogni giorno. Solo allora possiamo puntare a risultati più ambiziosi: introdurre nuove soluzioni diagnostiche, sviluppare molecole innovative o identificare nuovi target terapeutici. Inoltre, sfruttare al meglio i dati real-world dei nostri prodotti può fare una grande differenza. Questo tipo di innovazione ha un impatto diretto sulle performance aziendali, migliorando sia la top line che la crescita complessiva.

E, al di qua delle performance, qual è il purpose che guida – o che dovrebbe guidare – l’innovazione e la tecnologia nel tuo contesto?

Un grande punto interrogativo legato all’intelligenza artificiale riguarda la dimensione etica, un aspetto che va oltre i confini aziendali. Questo è chiaro. Quando parliamo di innovazione nell’industria farmaceutica, spesso pensiamo solo allo sviluppo di nuovi farmaci, ma non è così. L’innovazione va “beyond the pill” ed è qualcosa di cui sono particolarmente orgoglioso, soprattutto guardando al lavoro svolto da Merck negli ultimi 10-15 anni. Anche se la storia di Merck abbraccia più di 350 anni, posso parlare in prima persona degli ultimi quasi 10 anni e in questo periodo abbiamo fatto grandi passi avanti.

L’innovazione di Merck include ambiti come la diagnostica precoce, per esempio in fertilità e oncologia, e la medicina di precisione, favorita ad esempio da esami come le biopsie liquide. Pensiamo alla possibilità di analizzare una sola goccia di sangue o un campione di saliva per definire lo stato di un tumore: questo è un impatto diretto sul paziente. Oppure, strumenti come l’app “La mia voce” che consente a pazienti con tumori alla testa e al collo, che non possono parlare, di comunicare in modo semplice. Un’altra innovazione è rappresentata dai device che non solo migliorano la facilità di somministrazione del farmaco, ma monitorano anche l’aderenza terapeutica, come nel caso di bambini in cura con il nostro trattamento per i disturbi della crescita. Questo è il tipo di innovazione che va oltre il farmaco: è come possiamo realmente migliorare la salute dei pazienti.

Tuttavia, l’aspetto etico è una sfida significativa, soprattutto per quanto riguarda la protezione dei dati e i rischi associati all’intelligenza artificiale. Il cambiamento è così rapido che dobbiamo essere sicuri di saperlo gestire correttamente. In Europa, non possiamo pensare in modo isolato; siamo parte di un mondo globale. Anche se Merck è un’azienda tedesca, dobbiamo comprendere le dinamiche globali. Non possiamo cambiare il mondo da soli, ma possiamo influenzarlo e guidare il cambiamento.

L’innovazione deve essere universalmente accettata, e credo che in Europa a volte manchi questa mentalità. Dobbiamo ambire a cambiare il mondo, a guidare questo cambiamento. È la migliore forma per avere un impatto globale e per me dovrebbe essere il nostro obiettivo principale.

MERCK ITALIA

Il Leadership Team di Merck Italia durante il Town Hall di gennaio 2024. MERCK ITALIA

Quali sono le sfide e le opportunità nel portare questo cambiamento anche agli stakeholder esterni a Merck?

La sfida più grande è capire come lavorare insieme alle autorità regolatorie, sia a livello regionale che nazionale, così come con l’EMA (European Medicines Agency). Senza la loro collaborazione, non possiamo garantire l’accesso alle terapie ai pazienti. È inutile sviluppare un farmaco con grandi benefici se poi non arriva a chi ne ha bisogno. Il cambiamento è così veloce che dobbiamo procedere fianco a fianco con le autorità per adattare gli studi clinici e integrare al meglio i real-world data. Questo è il primo punto cruciale per evitare ritardi nel portare il potenziale dell’intelligenza artificiale direttamente ai pazienti.

Un altro aspetto riguarda il know-how. Dobbiamo rafforzare la collaborazione con università, piccole aziende biotech e persino singoli ricercatori, perché il sapere oggi è distribuito ovunque. La sfida è massimizzare la connessione tra l’industria farmaceutica e questi attori, andando oltre le solite partnership. L’innovazione può nascere ovunque, anche da un singolo individuo che, grazie alle nuove tecnologie, ha il potenziale di sviluppare un target terapeutico rivoluzionario. Creare e gestire un think tank inclusivo potrebbe essere il modello giusto per affrontare questa sfida e favorire una rete più ampia di innovazione. Non è più solo una questione di grandi o piccole aziende: chiunque, con la giusta idea, può davvero cambiare il mondo.

Per concludere, vorremmo proporti una riflessione su una frase del premio Nobel Richard Feynman – fisico, divulgatore e personalità tra le più singolari del mondo scientifico. Feynman diceva: “La scienza può aiutarmi a fare previsioni, ma non a prendere decisioni.”

Mi viene in mente un’altra citazione, da Spider Man, quella di zio Ben: “Da un grande potere derivano grandi responsabilità”. Lo stesso principio vale qui: la responsabilità deve rimanere alle persone, perché solo noi possiamo comprendere pienamente il valore e le conseguenze di una previsione o di una decisione. Non possiamo usare l’intelligenza artificiale come una scusa per sottrarci alle nostre responsabilità.

Mi piace molto l’approccio adottato dalla scuola dei miei figli. Ora, alla fine del liceo, devono sviluppare un progetto in cui possono utilizzare l’intelligenza artificiale, ma solo come uno strumento. Il risultato finale, però, deve essere loro, frutto del loro lavoro e delle loro decisioni. Questo è il mindset che dobbiamo avere con l’AI.

Per me, questo è il cuore della questione etica. Le regole devono essere molto chiare: la responsabilità è sempre dell’essere umano. La decisione finale spetta a noi e dobbiamo essere pronti a prenderla.