Da lanciare il prossimo anno, la missione a basso costo di Rocket Lab sarà breve, ma potrebbe trasformare la ricerca della biologia aliena
Per un breve momento, in piena pandemia da Covid-19, a fine 2020 gli occhi del mondo si sono spostati dal tormentato pianeta Terra al suo vicino celeste: il pianeta Venere. Gli astronomi avevano scoperto sulla superficie delle sue nuvole la presenza di un gas chiamato fosfina, tipicamente prodotto sulla Terra attraverso processi biologici.
Mentre gli scienziati si sforzavano di capire esattamente cosa avessero osservato, le teorie cominciarono a fioccare e il desiderio di andare a vedere da vicino si fece più urgente che mai.
Una prima missione potrebbe presentarsi sulla rampa di lancio già dall’anno prossimo con il singolo obiettivo di raccogliere i dati necessari a rispondere alla domanda che da due anni entusiasma gli astronomi: è possibile che forme di vita microbica siano presenti su Venere e responsabili dell’emissione di questo gas?
Nonostante studi successivi abbiano messo in dubbio il rilevamento della fosfina, lo studio iniziale ha riacceso l’interesse per il pianeta Venere. Sulla scia della scoperta originale, la NASA e l’Agenzia Spaziale Europea (ESA) hanno programmato tre nuove missioni per raggiungere il pianeta e studiare, per esempio, se possa aver ospitato forme di vita anche solo in passato.
Pure Cina e India hanno in programma di inviare missioni su Venere. “Il rilevamento della fosfina ha ricordato a tutti quanto poco sappiamo di questo pianeta”, spiega Colin Wilson dell’Università di Oxford, uno dei vice scienziati principali della missione europea di Venere, EnVision.
Ma la maggior parte di queste missioni richiederà almeno un intero decennio per giungere a compimento, se non addirittura arrivare a dare risultati non prima degli anni ’30. Gli astronomi vogliono risposte adesso.
Per fortuna, il loro desiderio è condiviso da Peter Beck, CEO della società spaziale privata neozelandese Rocket Lab. A lungo affascinato da Venere, Beck è stato contattato da un gruppo di scienziati del MIT con l’idea di utilizzare uno dei razzi della società per lanciare già nel 2023 un’audace missione a caccia di di forme di vita su Venere (una seconda finestra di lancio sarebbe disponibile non prima del gennaio 2025).
Fosfina o non fosfina, gli scienziati pensano che eventuali forme di vita su Venere potrebbero presentarsi in forma di microbi all’interno delle minuscole goccioline di acido solforico che galleggiano in alto sopra il pianeta. Per quanto la superficie di Venere appaia in gran parte inospitale, con temperature sufficientemente calde da fondere il piombo e pressioni paragonabili a quelle tipiche dei fondali degli oceani terrestri, a 45-60 chilometri circa dal suolo, tra le nuvole del pianeta, si incontrano condizioni molto più temperate.
“venere ha sempre avuto una brutta reputazione”, dice Beck. “La scoperta della fosfina ha catalizzato un nuovo interesse. Dobbiamo andare su Venere a cercare la vita“.
I dettagli della missione, la prima diretta verso un altro pianeta grazie a finanziamenti privati, sono stati pubblicati recentemente. ha sviluppato un piccolo veicolo spaziale multiuso chiamato Photon, delle dimensioni di un tavolo da pranzo, che può essere diretto verso svariate coordinate nel sistema solare.
Già a giugno, una navicella photon ha raggiunto la luna per conto della NASA. Nel caso di Venere, Photon verrà utilizzata per lanciare una piccola sonda nell’atmosfera del pianeta.
Una squadra di ricercatori (meno di 30 scienziati) sta attualmente creando la sonda sotto la direzione di Sara Seager del MIT. Con un lancio previsto per il mese di maggio 2023, la missione dovrebbe impiegare cinque mesi per raggiungere Venere, e concludersi nell’ottobre 2023.
Con un costo inferiore a 10 milioni di dollari, la missione, finanziata da Rocket Lab, MIT e filantropi sconosciuti, è ad alto rischio ma basso costo, circa il 2% di quanto costerà ciascuna delle missioni progettate dalla NASA per studiare Venere.
“Si tratta della missione più semplice, economica ed efficace da provare per fare una grande scoperta”, afferma Seager
La sonda è piccola, pesa circa 20 Kg ed ha un diametro inferiore ai 40 cm, poco più di un canestro da basket. Il suo design a forma di cono sfoggia uno scudo termico anteriore che proteggerà la sonda dall’intenso calore generato dall’impatto con l’atmosfera venusiana, a 40.000 Km/h di velocità.
La sonda conterrà un unico strumento, dal peso inferiore al chilo. Non sono previste macchine fotografiche per riprendere la caduta della sonda attraverso le nuvole di Venere: non ci sarà né il tempo, né la potenza radio per trasmettere granchè alla Terra. “Dobbiamo essere molto, molto frugali con i dati che vogliamo ricevere”, afferma Beck.
D’altronde, gli scienziati non sono a caccia di immagini quanto di un’analisi ravvicinata delle nuvole di Venere. Lo strumento prescelto è un nefelometro autofluorescente, un dispositivo capace di far lampeggiare un laser ultravioletto tra le goccioline presenti nell’atmosfera di Venere per determinarne la composizione molecolare. Attraverso una piccola finestra rivolta verso l’esterno, Il laser entrerà in azione durante la discesa della sonda. Ecciterà le molecole complesse delle goccioline, ivi inclusi potenziali composti organici, facendole diventare fluorescenti.
“Cercheremo particelle organiche all’interno delle goccioline delle nuvole”, afferma Seager. Una tale scoperta non rappresenterebbe una prova della presenza di forme di vita: le molecole organiche possono essere create anche da processi non biologici.
In caso di risposta positiva, si potrebbe cominciare a “considerare Venere come un ambiente potenzialmente abitabile“, spiega Seager
Solo misurazioni dirette nell’atmosfera possono individuare veramente i tipi di forme di vita che pensiamo possano ancora esistere su Venere. I veicoli spaziali in orbita possono dirci molto sulle caratteristiche generali del pianeta, ma per capirlo davvero dobbiamo inviare sonde per studiarlo da vicino.
Il tentativo di Rocket Lab e MIT è il primo a rivolgere la propria attenzione direttamente alla ricerca dell’esistenza di forme di vita, nonostante sia l’Unione Sovietica che gli Stati Uniti abbiano inviato sonde su Venere già nel 20° secolo.
La missione non cercherà di rilevare la presenza della fosfina stessa in quanto la sonda non sarà in grado di ospitare un simile strumento, spiega Seager. Questo compito potrebbe essere lasciato alla missione DAVINCI+ della NASA, il cui lancio è previsto per il 2029.
La missione Rocket Lab-MIT sarà breve
In piena caduta, la sonda avrà solo cinque minuti tra le nuvole di Venere per condurre il suo esperimento, trasmettendo via radio i suoi dati alla Terra mentre precipita verso la superficie. Ulteriori dati potrebbero essere presi al di sotto delle nuvole, nel caso la sonda dovesse sopravvivere. La sonda colpirà il suolo di Venere un’ora dopo esse entrata nella sua atmosfera. I ricercatori si aspettano di perdere il contatto molto prima dell’impatto.
Jane Greaves, che ha condotto lo studio iniziale della fosfina su Venere, dice che non vede l’ora di iniziare la missione. “Sono molto entusiasta”, dice, aggiungendo che si tratta di una “grande possibilità” di rilevare materiali organici, una scoperta che “potrebbe indicare la presenza di forme di vita su Venere”.
Seager spera che sia solo l’inizio. Il suo team sta già progettando future missioni su Venere capaci di dare seguito ai risultati di questo primo tentativo di sbirciare tra le nuvole del pianeta. Una delle idee in esame prevede l’utilizzo di palloncini da posizionare tra le nuvole, come i palloncini Vega sovietici degli anni ’80, per condurre indagini più lunghe.
“Abbiamo bisogno di più tempo tra le nuvole“, afferma Seager, idealmente con qualcosa di più grande, con più strumenti a bordo. “basterebbe un’ora per individuare vere e proprie molecole complesse, non solo le loro tracce”.
Questa prima missione potrebbe dimostrare il potenziale valore del settore privato nella scienza planetaria. Mentre agenzie come la NASA o la ESA continuano a inviare nello spazio macchine multimiliardarie, Rocket Lab e altri possono soddisfare la richiesta di veicoli più piccoli, anche in risposta rapida a scoperte come la presenza di fosfina su Venere.
Quante possibilità ha questo piccolo, potente sforzo, di diventare il primo a trovare tracce di vita aliena nell’universo? “Le possibilità sono basse”, dice Beck. “Ma vale la pena provare.”