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A Yokohama, in Giappone, si è tenuta la conferenza internazionale SPIE-Astronomical Telescopes + Instrumentation 2024 dove si è fatto il punto della situazione sulla strumentazione astronomica da terra e da spazio che svelerà i segreti del nostro universo nei prossimi anni.

Tra il 16 e il 21 giugno 2024 si è svolta la conferenza “SPIE Astronomical Telescopes + Instrumentation” a Yokohama in Giappone. Finalmente, possiamo dire, in quanto era prevista nell’estate del 2020, ma la pandemia aveva bloccato tutto e nel 2022 la conferenza si era svolta a Montreal (Canada). Questa conferenza è riconosciuta a livello mondiale come punto di riferimento per strumenti e tecnologie astronomiche. Organizzata dallo SPIE, la Società Internazionale di Ottica e Fotonica, questo evento funge da vetrina per gli ultimi progressi nel campo dei telescopi, degli osservatori e dell’astronomia.

Come accade ogni due anni, questa conferenza ha attratto professionisti del settore, astronomi, astrofisici, ingegneri e tecnologi che hanno trovato un luogo per confrontarsi e discutere di temi fondamentali, quali i telescopi terrestri e spaziali, la strumentazione più recente e le tecnologie di supporto. Questi professionisti coprono tutto lo spettro dell’astronomia: l’ottico, l’infrarossi, le onde radio, nonché strumenti per raggi UV e gamma.

Sostanzialmente il luogo ideale per capire a che punto siamo nello sviluppo tecnologico astronomico attraverso sessioni plenarie e discorsi programmatici di importanti esperti, integrati da workshop, presentazioni e ampie opportunità di networking.

Le infrastrutture astronomiche sono cruciali per permettere agli scienziati, astronomi ed astrofisici di osservare il cosmo e raccogliere dati per rispondere alle domande fondamentali riguardanti il nostro universo.

Il decennio dell’astronomia spaziale

Se due anni fa eravamo tutti eccitati per la presentazione dei primi risultati scientifici del James Webb Space Telescope (JWST), quest’anno era la volta di Euclid, una missione spaziale guidata da ESA (European Space Agency) che ha lo scopo di capire più in dettaglio la materia e l’energia oscura, uno dei temi di maggiore interesse nell’astrofisica moderna. Ne ha parlato René Laureijs, scienziato del progetto, mostrando come Euclid studierà questi fenomeni effettuando delle “survey cosmologiche” mediante due strumenti: uno visibile ed uno infrarosso che evidenzieranno l’effetto di lente gravitazionale e gli ammassi di galassie.

Un aspetto cruciale di analisi di questo tipo riguarda i dati raccolti… si parla di 100 GB al giorno per più di 6 anni. Una quantità di dati mai vista prima e che dovrà essere analizzata. Pensiamo che lo strumento Vis è una sofisticata macchina fotografica con 609 milioni di pixel!

Ma non è tutto. Tra pochi anni (2026/2027) sarà la volta del telescopio spaziale Nancy Roman della NASA in onore della “mamma” del telescopio Hubble. Questo nuovo strumento sarà in parte complementare a Euclid, studiando l’universo oscuro, ma anche facendo un censimento di migliaia di pianeti extrasolari potendo guardare una porzione di cielo 100 volte più ampia di Hubble! Inoltre, potrà studiare questi pianeti direttamente mediante l’utilizzo di un coronografo che evita di essere accecati dalla stella attorno al quale orbita il pianeta stesso.

Roman Space Telescope. NASA
Plato. ASI

In Europa, sarà invece la volta della missione ESA Plato per lo studio dei pianeti extrasolari mediante la tecnica dei transiti in cui si va a vedere una piccola diminuzione di luminosità della stella quando il pianeta transita davanti ad essa. Plato parla molto italiano, a partire dall’ideai di fare il telescopio formato da 24 piccoli telescopi, così da osservare una vasta porzione di cielo in un colpo solo! Plato sarà lanciato nel 2026.

Si pensa già alle future missioni. Ne ha parlato alla conferenza Mark Clampin direttore della divisone astrofisica della NASA che ha presentato la missione Habitable Worlds Observatory (HWO). Questo telescopio spaziale sarà il primo progettato appositamente per trovare segni di vita al di fuori del sistema solare attraverso la rilevazione di bioimpronte su pianeti simili alla terra. Le sfide adesso riguardano lo sviluppo delle tecnologie necessarie per rendere HWO una realtà in un futuro abbastanza lontano. Si parla infatti degli anni ‘40.

Le grandi infrastrutture osservative da terra

Per quanto riguarda le grandi infrastrutture installate a terra, questo è un periodo in cui si lavora alacremente per completarle nei tempi prestabiliti, così da essere complementari agli strumenti da spazio e lavorare in tandem. È un lavoro più “dietro le quinte” che darà i suoi frutti alla fine del decennio con importanti scoperte nel decennio successivo. Questa situazione è comune ai grandi telescopi ottici, cosiddetti Extreme Large Telescope (ELT), l’enorme osservatorio radio SKA (Square Kilometer Array) e il Cherenkov Telescope Array (CTA).

Interessante è stata la presentazione plenaria sul Thirty Meter Telescope (TMT), uno dei tre ELT caratterizzato da uno specchio da 30m di diametro, durante la quale si è evidenziato il contributo del Giappone. Ancora più interessante è stata l’attività di coinvolgimento della comunità locale hawaiana in seguito ad anni di scontro per la realizzazione del TMT in cima ad una montagna sacra per la popolazione locale, Mauna Kea, causandone forti ritardi. Come mai prima di oggi, è fondamentale condividere i progetti a tutti i livelli e vederli come un’opportunità nel rispetto del luogo e della storia locale. Si spera che TMT possa finalmente avere la sua strada e dare il suo contributo astronomico.

Un approccio simile lo si è ascoltato da Charles Takalana della Società Astronomica Africana. Takalana ha parlato dell’Africa come continente con ottime caratteristiche per ospitare telescopi e infrastrutture osservative da terra. L’Africa infatti ha un cielo molto buio in ampie zone e un inquinamento elettromagnetico ridotto, oramai una rarità sulla Terra. Per questi motivi, infatti, verrà installato in Namibia il radiotelescopio African Millimetre Telescope. Inoltre, cosa ancora più importane, uno dei due siti di SKA si troverà in Sud Africa. Inoltre, è già presente da una ventina d’anni il telescopio ottico SALT di ben 11 metri.

Ma queste caratteristiche ambientali uniche non bastano, serve infatti investire non solo in infrastrutture, ovviamente importanti, ma anche in capitale umano, creando una cultura astronomica che parta dalle scuole e che possa creare una generazione di astronomi ed astronome africani così da avere un ampio beneficio per una società in forte difficoltà e allo stesso tempo in forte crescita.

Torniamo ai telescopi ottici giganti. A che punto siamo? La costruzione del telescopio europeo ELT sta procedendo spedita. L’anno scorso si è completato il 50% del telescopio, come ha mostrato durante la conferenza Roberto Tamai di ESO e Program Manager del progetto. La cupola che ospiterà il telescopio è quasi completata ed anche la struttura del telescopio stesso. Lo specchio principale, primario, avrà un diametro di ben 39 metri e sarà composto da 798 segmenti esagonali con dimensione di 1.5 metri già in produzione da tempo. Stesso percorso vale per gli altri specchi che formeranno il cammino ottico.

Come sappiamo, il telescopio senza strumenti è un po’ come un obiettivo… senza macchina fotografica. Per cui si stanno progettando le strumentazioni che raccoglieranno la luce del telescopio fornendo i dati scientifici. Nel 2028, in cima al Cerro Armazones (Cile) dovremmo vedere questo enorme occhio scrutare il cielo e permettere ai suoi strumenti, negli anni successivi, di fornire immagini e spettri fino ad oggi impossibili da registrare.

Un alone dorato attorno all’ELT. European Southern Observatory
Rendering al computer che mostra lo specchio principale (M1) dell’Extremely Large Telescope dell’ESO.
European Southern Observatory

In America, anche il Giant Magellan Telescope, GMT, sta prendendo forma e troverà posto in Cile, a Las Campanas, non lontano da ELT. Il sito è in fase di costruzione, come ha mostrato alla conferenza Bruce Bigelow. Questo telescopio è completamente diverso da ELT avendo uno specchio a forma di fiore ottenuto combinando sette specchi da 8,4 metri per ottenere uno specchio unico di oltre 24 metri. La lavorazione degli specchi è quasi completa e i petali andranno tenuti al sicuro fino all’installazione finale. Ovviamente, anche la progettazione degli strumenti va di pari passo e dovremmo vedere in opera il telescopio nel 2029.

Giant Magellan Telescope – GMTO Corporation

Passando alle onde radio, SKA sarà un osservatorio immenso e il più sensibile costruito fino ad oggi! Si estenderà per chilometri quadrati nei due siti scelti: uno nel deserto australiano ed uno, come già detto, in Sud Africa. In Australia, saranno montate le centinaia di migliaia di antenne a bassa frequenza di progettazione italiana, simili ad antenne televisive; mentre in Sud Africa vi saranno le antenne, veri e propri telescopi radio, a media frequenza in numero di 200 con una distanza massima tra loro di 150 km! La situazione attuale del progetto è stata descritta da Gerhard Swart, capo degli ingegneri di SKA, che ha mostrato come sia già in fase realizzativa. Il primo prototipo di telescopio a media frequenza, infatti, è stato messo in funzione ad inizio di quest’anno in Sud Africa mostrando ottimi risultati. Sarà un progetto in più fasi che permetterà di avere i primi dati nei prossimi anni.

Un ruolo fondamentale in questo osservatorio lo avranno le infrastrutture elettroniche ed informatiche che dovranno raccogliere i segnali radio da migliaia di antenne per poi analizzarli. Si prevede a regime di archiviare 300 PByte di dati ogni anno!

Ricostruzione artistica del telescopio SKA-Low. DISR
Un’immagine composita del futuro telescopio SKA-Mid, che fonde le parabole del telescopio precursore MeerKAT già presenti in loco con una ricostruzione artistica delle future parabole dello SKA-Mid. SKAO

Non possiamo dimenticarci di CTA, il Cherenkov Telescope Array che studierà i raggi gamma provenienti dal cosmo attraverso la loro interazione con l’atmosfera. Si parla quindi di radiazioni estremamente energetiche. Ne ha parlato alla conferenza Stuart McMuldroch. CTA avrà una serie di 200 telescopi, di tre dimensioni diverse per essere sensibili a diverse energie dei raggi gamma, che saranno installati in parte in Cile e in parte alle Canarie per “coprire” i due emisferi. I primi telescopi saranno operativi nel 2025 e avranno un approccio modulare. Anche qui si parla di circa 25 PByte di dati ogni anno.

Il sito CTA nell’emisfero sud. CTAO

Mai così tanti dati da analizzare

Come abbiamo visto, tra questo decennio ed il prossimo l’astronomia e l’astrofisica avranno a disposizione strumenti di potenza mai vista prima. Sensibilità elevatissima per rilevare segnali debolissimi in cielo, risoluzioni così grandi da vedere le singole stelle nelle galassie fuori dalla Via Lattea. Tutto questo si tradurrà in una quantità di dati scientifici difficile da misurare con le unità di misura a comunemente usate. Chissà quante scoperte si nascondono dietro questi dati! Saremo in grado di sfruttare tutta questa mole di informazioni? Dovremo farci aiutare dall’IA? Domande a cui gli scienziati e i tecnici stanno pensando per trovare soluzioni. Intanto, si continua a progettare e a costruire queste fantastiche macchine.

Andrea Bianco, ingegnere dei materiali e dottorato in ingegneria dei materiali. Dal 2010 ricercatore all’Osservatorio Astronomico di Brera dove si occupa di nuovi materiali per strumentazione ottica e di olografia. Dal 2007 docente a contratto al Politecnico di Milano dove insegna Microstructural Characterization of Materials.