Il Pianeta 9 potrebbe essere un buco nero primordiale 

Gli astronomi credono esista un altro pianeta nel nostro sistema solare, ma nessuno è ancora riuscito ad individuarlo. Potrebbe non trattarsi di un convenzionale pianeta.

di Emerging Technology from the arXiv

Gli astronomi sono sulle tracce di qualcosa di grosso. Il loro obiettivo ha una massa 5 o 15 volte quella della Terra e orbita attorno al sole oltre Nettuno. Si tratta del Planet 9, l’ultimo corpo orbitante ancora da scoprire nel sistema solare. 

Le prove della sua esistenza sono sempre più numerose. Gli astronomi osservano altri corpi transnettuniani – asteroidi, comete e simili – raggrupparsi in configurazioni che non possono essere spiegate se non dalla presenza della massa di un grande pianeta, ad una distanza dal sole non inferiore a 250 volte quella della Terra. La grande distanza del Pianeta 9 dal sole potrebbe spiegare come mai non siamo ancora riusciti a vederlo.

Una nuova teoria, però, propone un’altra spiegazione. Secondo gli astronomi, un buco nero primordiale potrebbe orbitare attorno al nostro sistema solare, un grumo superdenso di materia delle dimensioni di una palla da tennis. Se così fosse, sarebbe da cercare con sistemi completamente differenti. 

I cosmologi hanno a lungo supposto che l’universo primordiale fosse caratterizzato da numerose fluttuazioni quantistiche che avrebbero portato la materia a concentrarsi in alcune regioni ed essere assente in altre. Alcune di queste regioni sarebbero state vaste, il primo seme di intere galassie, ma la maggior parte di esse sarebbe stata minuscola, contenenti abbastanza massa da intrappolare la luce e formare buchi neri.

I cosiddetti buchi neri primordiali sarebbero completamente diversi dai buchi nerigenerati dal collasso di grandi stelle o da quelli supermassicci che imperversano al centro delle galassie (e che sono stati recentemente ripresi per la prima volta). Al contrario, si ipotizza che i buchi neri primordiali siano piccoli e numerosi, ma difficili da individuare. La maggior parte delle prove della loro esistenza risalgono all’inizio di quest’anno. 

Queste recenti osservazioni originano da un esperimento chiamato Optical Gravitational Lensing Experiment, o OGLE, che studia variazioni nella luminosità di stelle e galassie distanti causate da lenti gravitazionali. Questo è il fenomeno relativamente raro in cui una grande massa focalizza la luce da un oggetto posizionato alle sue spalle, agendo come una lente. Se questi oggetti si allineano in modo da posizionare la Terra nel punto focale, gli astronomi ottengono senza impegno un’immagine ingrandita dell’oggetto. 

La maggior parte delle lenti gravitazionali è di grandi dimensioni: intere galassie, ad esempio, che focalizzano la luce da galassie ancora più distanti di loro. OGLE ha, però, individuato una serie di obiettivi che sembrerebbero essere molto più piccoli e vicini, posizionati all’interno della nostra galassia. Questi oggetti sono altamente compatti e circa cinque volte la massa della Terra. “Se gli eventi osservati dall’OGLE sono dovuti all’esistenza di un gran numero di buchi neri primordiali, è possibile che le anomalie orbitali degli oggetti transnettuniani siano dovute a uno di essi, catturato dal Sistema Solare”, spiegano Jakub Scholtz alla Durham University nel Regno Unito e James Unwin all’Università dell’Illinois a Chicago. 

Secondo Scholtz e Unwin, il Pianeta 9 potrebbe trovarsi nella sua attuale distante posizione in soli tre modi. Potrebbe essersi formato lì, un’ipotesi improbabile in quanto non c’è stato abbastanza tempo dalla formazione del sistema solare per permettere una tale crescita a tanta distanza. La seconda possibilità è che il pianeta si sia formato più vicino al sole e sia stato in qualche modo catapultato nella sua posizione attuale. Anche questo è improbabile, perché avrebbe richiesto un evento catastrofico come il passaggio di una stella vicina. Ma non ci sono prove che ciò sia accaduto nella vita del sistema solare. L’ultima possibilità è che il Pianeta 9 fosse un pianeta fluttuante e che sia stato catturato dal campo gravitazionale del sole. Secondo Scholtz e Unwin, se un evento simile è possibile per un pianeta, deve esserlo anche per un buco nero primordiale.

I due ricercatori hanno calcolato la probabilità di un simile evento in base al numero di buchi neri primordiali ipotizzati nei nostri dintorni dalle osservazioni dell’OGLE. Una conseguenza di questa teoria è che il Pianeta 9 non potrebbe essere individuabile con i telescopi a luce visibile e infrarossi. Un buco nero primordiale avrebbe caratteristiche molto differenti. Scholtz e Unwin ipotizzano che sarebbe circondato da un alone di materia oscura e che l’annientamento delle particelle di materia oscura genererebbe raggi gamma. Il segnale potrebbe essere persino abbastanza forte da poter essere osservato con il telescopio spaziale Fermi Gamma Ray. Scholtz e Unwin hanno intenzione di cercare questo genere di segnale tra i dati di Fermi in futuro. 

Per approfondire: What if Planet 9 is a Primordial Black Hole?

(lo)

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