I punti deboli del nuovo mercato globale del carbonio

Le regole approvate alla conferenza sul clima COP 26 includono importanti vie di fuga che potrebbero favorire l’accreditamento di discutibili crediti di carbonio in più mercati.

di James Templ

Le nazioni si preparano a definire un mercato internazionale del carbonio, dopo aver finalmente messo a punto le regole alla conferenza sul clima delle Nazioni Unite a Glasgow all’inizio di questo mese. Secondo l’accordo della COP26, i paesi dovrebbero presto essere in grado di acquistare e vendere crediti di carbonio certificati dalle Nazioni Unite l’uno dall’altro e utilizzarli come un modo per raggiungere gli impegni di riduzione dei gas serra nell’ambito dell’accordo sul clima di Parigi.

Ma alcuni osservatori temono che le regole includano scappatoie che consentirebbero alle nazioni di far credere che stiano facendo più progressi sulle emissioni di quelli reali. Altri avvertono che l’accordo potrebbe accelerare la creazione di crediti di carbonio all’interno di mercati di compensazione volontari separati, che sono spesso criticati anche per aver sopravvalutato i benefici climatici.

I crediti di carbonio, o compensazioni, sono progetti per prevenire le emissioni di anidride carbonica o per estrarne dall’atmosfera la stessa quantità prodotta. In genere vengono assegnati per fermare la deforestazione, piantare alberi e adottare determinate tecniche di gestione del suolo.

Un nuovo organismo di vigilanza, che dovrebbe iniziare a tenere riunioni il prossimo anno, svilupperà procedure finali per convalidare, monitorare e certificare i progetti che cercano di vendere crediti di carbonio accreditati dalle Nazioni Unite. L’accordo di Glasgow stabilirà un percorso separato per i paesi per guadagnare credito per conseguire i loro obiettivi di Parigi, cooperando con altre nazioni su progetti che riducono le emissioni climatiche, come il finanziamento di centrali elettriche rinnovabili in un altro paese.

Gli esperti non sono d’accordo sulla grandezza futura del mercato sostenuto dalle Nazioni Unite, su come funzioneranno effettivamente alcune delle nuove regole e su quanto i dettagli potrebbero cambiare quando verranno determinati i metodi finali. Ma il processo sta “costruendo lentamente, disordinatamente, faticosamente l’infrastruttura per un maggiore commercio di carbonio come merce”, afferma Jessica Green, ricercatrice di scienze politiche dell’Università di Toronto, esperta di governance del clima e dei mercati di carbonio.

Gli Stati Uniti e l’Unione Europea hanno dichiarato che non intendono fare affidamento sui crediti di carbonio internazionali per raggiungere i loro obiettivi di emissioni ai sensi dell’accordo di Parigi. Invece, secondo Carbon Brief, paesi come Canada, Giappone, Nuova Zelanda, Norvegia, Corea del Sud e Svizzera hanno affermato che ne faranno uso. In effetti, la Svizzera sta già finanziando progetti in Perù, Ghana e Thailandia nella speranza di conteggiare tali iniziative per raggiungere l’obiettivo di Parigi.

La maggior parte degli osservatori elogia almeno un risultato chiave a Glasgow: le regole in gran parte impediranno il doppio conteggio dei progressi climatici. Ciò significa che due nazioni che scambiano crediti di carbonio non possono entrambe applicare i guadagni climatici ai loro obiettivi di Parigi. Solo la nazione che acquista un credito, o ne tiene uno da esso generato, può farlo.

I mercati volontari

Ma alcuni esperti temono che potrebbero ancora esserci modi in cui potrebbe verificarsi un doppio conteggio. Gli sviluppatori di progetti offset sono stati a lungo in grado di generare e vendere crediti di carbonio attraverso programmi volontari, del tipo di quelli gestiti da piattaforme internazionali come Verra o Gold Standard. Le aziende petrolifere e del gas, le compagnie aeree e i giganti della tecnologia stanno acquistando un numero crescente di compensazioni attraverso questi programmi mentre si sforzano di raggiungere obiettivi di emissioni nette zero.

Le nuove regole delle Nazioni Unite adottano un approccio pratico a questi mercati, osserva Danny Cullenward, direttore delle politiche di CarbonPlan, un’organizzazione no profit che analizza l’integrità delle inizaitive per la rimozione del carbonio. Ciò suggerisce che gli sviluppatori di progetti in Brasile, per esempio, potrebbero guadagnare denaro per le compensazioni vendute attraverso i mercati volontari, mentre la nazione stessa potrebbe ancora applicare quei guadagni di carbonio ai propri progressi nelle emissioni secondo gli accordi di Parigi. Ciò significa, sostiene Cullenward, che potrebbero esserci ancora due conteggi tra un paese e un’azienda che rivendicano gli stessi crediti per aver abbassato le loro emissioni.

Un ulteriore problema è che gli studi e le inchieste investigative hanno scoperto che i programmi di compensazione volontaria possono sopravvalutare i livelli di anidride carbonica ridotti o rimossi, a causa di una serie di problemi contabili. Ma il fatto che le Nazioni Unite non regolino questi programmi potrebbe dare via libera a un mercato che guida una maggiore domanda per queste compensazioni, stimolando lo sviluppo di più progetti con discutibili benefici climatici.

Alcuni osservatori pensano che molte nazioni sceglieranno di non applicare i crediti venduti nei mercati volontari per i loro obiettivi di Parigi. Allo stesso modo, alcuni mercati probabilmente distingueranno tra i crediti che i paesi hanno o non hanno utilizzato in questo modo, etichettando i crediti per segnalare la loro qualità relativa e valutandoli di conseguenza.

“Sono dell’idea che man mano che ci si renderà conto della necessità di aggiustamenti per garantire l’integrità ambientale delle richieste di compensazione volontarie, allora il mercato si muoverà in quella direzione”, ha scritto in una e-mail Matthew Brander, docente di contabilità del carbonio dell’Università di Edimburgo Business School.

La contabilità appare incoerente

In un articolo Lambert Schneider, coordinatore della ricerca per la politica climatica internazionale dell’Oeko-Institut in Germania, ha individuato un’altra possibile scappatoia. Le regole consentono ai paesi di utilizzare differenti metodi contabili in momenti diversi per i crediti di carbonio che vengono generati e venduti, ha osservato Schneider, che faceva parte del team dell’Unione europea che ha negoziato le regole del mercato del carbonio. 

Questa possibilità potrebbe esporre al rischio di un doppio conteggio. In uno scenario che ha abbozzato, metà delle riduzioni delle emissioni derivanti da una serie di crediti di carbonio potrebbero essere rivendicate da due nazioni. I risultati di entrambi i metodi contabili potrebbero bilanciarsi nel tempo, più o meno, se tutte le nazioni usassero sempre lo stesso metodo. Ma invece, ogni paese può selezionare il metodo più vantaggioso ogni volta che segnala progressi, probabilmente distorcendo la matematica complessiva del carbonio. “È un problema di scelta”, afferma Schneider.

Il presidente della COP26 Alok Sharma riceve un applauso dopo aver pronunciato il discorso di chiusura al vertice delle Nazioni Unite sul clima a Glasgow, in Scozia. Jeff J. Mitchell / Getty Images

I benefici climatici sono discutibili

Un’altra area di preoccupazione è che le regole consentiranno alle nazioni di applicare alcuni crediti da un precedente programma delle Nazioni Unite noto come Clean Development Mechanism, autorizzato nell’ambito del Protocollo di Kyoto entrato in vigore nel 2005. Questo sistema ha concesso riduzioni certificate delle emissioni alle nazioni che hanno finanziato progetti di energia pulita in altri paesi, come i parchi solari ed eolici, per le emissioni che potrebbero aver prevenuto. 

L’idea alla base era di creare un incentivo per le nazioni più ricche a finanziare lo sviluppo sostenibile in quelle più povere. I crediti su base continuativa sono stabiliti partendo dal presupposto che l’elettricità sarebbe stata altrimenti generata da un impianto che inquina, come un impianto a carbone o a gas naturale. In base alle regole approvate a Glasgow, le nazioni possono continuare ad applicare crediti da tali progetti registrati nel 2013 o successivamente per la loro prima serie di obiettivi di riduzione delle emissioni, che nella maggior parte dei casi significherà il 2030.

Il problema è che questi progetti esistono già e se non portano a riduzioni delle emissioni oltre a ciò che sarebbe accaduto senza il programma di crediti di carbonio, non hanno apportato alcun beneficio climatico aggiuntivo. Molti paesi hanno sviluppato per anni parchi eolici e solari, senza sussidi per il credito di carbonio, perché spesso sono già competitivi in termini di costi con le alternative ai combustibili fossili. 

In effetti, un recente documento ha esaminato più di 1.000 parchi eolici in India e ha scoperto che oltre la metà delle compensazioni del Clean Development Mechanism è stata riservata a progetti che probabilmente sarebbero comunque proseguiti, come dimostrano gli altri progetti eolici che non hanno ricevuto tale sovvenzione e sono andati avanti nella stessa zona.

I precedenti progetti del Clean Development Mechanism potrebbero produrre centinaia di milioni di crediti, ha scritto Schneider. È “molto discutibile” se questi progetti abbiano prodotto benefici climatici reali e aggiuntivi quando sono stati sviluppati, aggiunge Cullenward. “È ancora più discutibile se possano farlo ora”.

Un ultimo timore è che il nuovo mercato per il commercio del carbonio delle Nazioni Unite si porti dietro questi tipi di problemi contabili. In effetti, il linguaggio delle regole consiglia all’organismo di vigilanza di rivedere le metodologie del Clean Development Mechanism “al fine di applicarle con le revisioni appropriate” e di considerare le regole dei programmi offset basati sul mercato “come input complementare”. 

Alcuni di questi ultimi, in particolare il programma forestale nell’ambito del sistema cap-and-trade della California, hanno messo in evidenza problemi ben documentati, come riportato in passato da “MIT Technology Review” e “ProPublica”. Alcuni gruppi sostengono che l’accordo di Glasgow sia un “robusto insieme di regole” perché semplicemente non conta due volte i crediti di carbonio, afferma Green. “Ma questa considerazione”, spiega, “trascura un dato fondamentale, ovvero che ci sono molti problemi con il modo di fare i calcoli”.

La speranza è che il nuovo organo di vigilanza esamini in modo serio e onesto i problemi dei programmi precedenti e si impegni a risolverli. Il timore è che gli incentivi politici ed economici si muoveranno in direzione opposta, poiché nazioni, inquinatori e sviluppatori di progetti cercano di generare, acquistare e vendere crediti che consentano loro di fare soldi o rivendicare progressi climatici.

Se il mercato del carbonio sostenuto dalle Nazioni Unite è costruito in gran parte sulle traballanti fondamenta dei precedenti programmi di compensazione, compreso il proprio, replicherà e amplificherà i problemi noti. Questa situazione minaccerebbe di sovrastimare i progressi delle emissioni, minare la credibilità dei risultati dell’accordo di Parigi e rallentare gli sforzi globali per affrontare il cambiamento climatico.

(rp)

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