Geoscienze sperimentali: il sottosuolo al microscopio

Strumentazioni avanzate permettono a Eni di estrarre da piccoli campioni di roccia informazioni preziose per ricavare energia

Per Eni, la roccia è ancora l’ambiente di lavoro principale.

Risalire all’età delle formazioni rocciose sotterranee, studiare la loro composizione, porosità e permeabilità, così come ricostruire gli antichi ambienti in cui è avvenuta la deposizione della materia organica originaria, rimangono operazioni fondamentali per studiare la formazione di giacimenti di idrocarburi e stabilire la loro estensione.

Per svolgere al meglio queste attività, i laboratori Eni si sono dotati di competenze e strumentazioni sempre più avanzati per l’analisi sia della parte organica che inorganica dei campioni estratti in corrispondenza di aree di giacimento.

Strumenti di analisi altamente sofisticati , come innovative cellette triassiali e micro tomografia a raggi X, consentono di estrarre informazioni da campioni sempre più piccoli senza subire una perdita di rappresentatività e risoluzione. 

Il contesto

Le analisi mineralogiche e petrofisiche classiche normalmente richiedono campioni di roccia sufficientemente grandi e in buone condizioni, ma questi non sempre sono disponibili. Spesso quelli ottenuti dalla perforazione possono essere danneggiati. Oppure possono provenire da pozzi esplorativi e quindi avere dimensioni inferiori rispetto a quelle idonee per i test standard.

Per migliorare l’efficienza e la sostenibilità delle attività esplorative e produttive è maturata la necessità di applicare anche a questi piccoli ritagli metodi di analisi che non comportino la perdita di informazioni.

Le grandi sezioni di roccia prelevate a partire dagli inizi degli anni Trenta con l’avvio dell’esplorazione petrolifera, le cosiddette carote, rimangono comunque un vero e proprio tesoro di informazioni. Arrivando senza interruzioni fin nelle profondità della terra, riescono a riprodurre la sequenza temporale del serbatoio di idrocarburi, raccontando una storia di milioni di anni che si rivela molto utile alle attività di esplorazione, produzione, EOR e flow assurance. 

La sfida tecnica

Nel campo delle analisi mineralogiche e petrofisiche applicate all’industria Oil&Gas, ciò che fa la differenza è la capacità di analizzare campioni di roccia di piccole dimensioni: come quelli derivanti dall’attività di perforazione dei pozzi.

Riuscire a ottenere dati attendibili sulla struttura del sottosuolo da frammenti relativamente piccol permette di ottimizzare l’attività di esplorazione perché mette a nostra disposizione una quantità di informazioni molto più vasta, da integrare con le analisi sulle carote di fondo e i rilevamenti sismici.

Per condurre questo tipo di analisi Eni si è dotata di un particolare apparecchio triassiale in grado di effettuare analisi geomeccaniche complete su campioni di roccia con dimensioni dell’ordine del centimetro. Di questi strumenti ce ne sono tre in tutto il mondo e uno è proprio nei laboratori Eni.

Il protocollo di caratterizzazione completo che si ottiene in termini di proprietà elastiche, acustiche, parametri di deformazione e compressibilità è utile per i successivi studi di produzione, previsione e controllo dell’attività estrattiva, di simulazione del giacimento e di valutazione della stabilità strutturale dei pozzi e della cap rock.

Un altro strumento utilizzato per l’analisi di piccoli campioni è il micro-tomografo a raggi X, una macchina all’avanguardia con cui è possibile ottenere immagini 3D ad alta risoluzione che descrivono porosità e permeabilità della roccia, in modo da valutare rispettivamente il volume di idrocarburi presenti nelle cavità e la loro mobilità.

Tutte queste informazioni sono complementari fra loro e vengono integrate con le immagini raccolte al microscopio elettronico (SEM): nel loro insieme, questi dati sono importanti input per generare modelli di sottosuolo col sistema HPC.

In questo modo, competenza ed esperienza dei ricercatori vengono ulteriormente valorizzati dalla potenza di calcolo del supercomputer di Eni.

Integrazione industriale

Tutte le analisi di laboratorio condotte nel campo delle Geoscienze sperimentali hanno l’obiettivo di ottenere maggiore qualità, efficienza e sostenibilità nei nostri processi e prodotti.

Un aspetto strategico che la multinazionale dell’energia cura con particolare attenzione è il mantenimento di una leadership tecnologica in campo esplorativo, un vantaggio competitivo spesso riconosciuto ad Eni che permette il conseguimento di obiettivi particolarmente ambiziosi.

Le progressive innovazioni che Eni continua a introdurre si integrano con le metodologie esistenti in un’ottica di miglioramento progressivo in moltissimi ambiti specialistici come geochimica, mineralogia, biostratigrafia, petrofisica, geomeccanica ed EOR e nello sviluppo chemicals proprietari per ridurre la produzione di acqua di processo.

Nella mineralogia, in particolare, Eni ha sviluppato l’approccio Integrated Mineralogical Analysis (IMA) per cui unendo i risultati di analisi di diffrazione e fluorescenza a raggi X con la spettroscopia a infrarossi si ottiene una caratterizzazione mineralogica completa e più affidabile.

La grande mole di dati raccolti nei suoi laboratori viene quindi fatta confluire in HPC, in modo che le diverse informazioni possano essere integrate fra loro e variamente elaborate. In questo modo, il valore aggiunto prodotto dalla competenza ed esperienza dei nostri ricercatori viene ulteriormente valorizzato dalla potenza di calcolo del nostro supercomputer.

L’impatto sull’ambiente

Eni si è dotata di strumentazioni e competenze che permettono di realizzare analisi approfondite su campioni di piccole dimensioni anche per migliorare la sostenibilità delle sue attività esplorative e produttive. Poter analizzare le rocce sotterranee anche con questi sistemi, consente di ridurre il numero di operazioni standard necessarie a individuare nuovi giacimenti, evitando quindi anche il loro impatto ambientale.

La possibilità di elaborare questi dati con il supercomputer del Green Data Center, permette inoltre di metterli a disposizione delle attività upstream attraverso l’utilizzo di modelli per la ricostruzione del sottosuolo, migliorando l’efficienza e quindi l’impatto sull’ambiente di queste attività.

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