Geoscienze digitali: un supercomputer svela i misteri del sottosuolo

Utilizzando uno dei supercomputer più potenti (e green) al mondo, i ricercatori Eni possono analizzare il sottosuolo per trovare nuove fonti di energia

Un hardware dalle prestazioni uniche come il supercomputer HPC5 di Eni permette l’utilizzo di software per lo studio del sottosuolo molto avanzati, in un ecosistema virtuale di geologia e geofisica che, in qualsiasi momento, può essere messo a disposizione delle attività di esplorazione e modellazione di giacimento.

Affiancando scienziati e ingegneri, Eni ha sviluppato algoritmi per l’elaborazione dei dati sismici in grado di ricostruire modelli geologici tridimensionali a maggiore risoluzione e molto più velocemente.

Per aumentarne l’efficienza, la multinazionale punta ad automatizzare la prima fase di interpretazione e a integrare i dati sismici con le caratteristiche chimico-fisiche delle rocce.

Un’altra risorsa in campo è la capacità delle macchine di imparare dall’esperienza e di proporre soluzioni in modo autonomo attraverso il machine learning e l’intelligenza artificiale. Eni applica queste tecnologie alla ricostruzione di sequenze stratigrafiche e allo sviluppo di un assistente virtuale che possa suggerire automaticamente le caratteristiche di un potenziale bacino.

Attraverso la ricostruzione della storia geologica dei bacini sedimentari, è infine possibile a simulare i processi di generazione e migrazione degli idrocarburi per individuare le aree più interessanti per la presenza di accumuli.

Il contesto

Per le aziende dell’energia l’esplorazione è un compito sempre più impegnativo. Poiché i giacimenti on-shore sono in gran parte già noti e in produzione, le nuove risorse devono essere cercate sempre più nell’off-shore.

Ma operare su fondali oceanici complica non poco le cose, facendo lievitare gli investimenti necessari a gestire i rischi. A maggior ragione se si considera che tali contesti operativi si trovano sempre più spesso in aree isolate da infrastrutture logistiche di supporto.

Per ottimizzare i tempi e l’efficienza dell’attività esplorativa sono stati progettati nuovi algoritmi di elaborazione del dato sismico per ricostruire le sequenze del sottosuolo molto più velocemente e con miglior precisione.

Lo sviluppo delle Geoscienze digitali consente, inoltre, di simulare le interazioni dei fluidi con la roccia a diverse scale, dal pozzo al bacino.

In questo modo è possibile avere una rappresentazione del sottosuolo che permette di intervenire riducendo il numero di operazioni per l’individuazione e la produzione di idrocarburi. Meno operazioni significa minori spese, risparmio di tempo e anche riduzione dei rischi: ambientali, industriali e finanziari. È così che sono stati scoeperti Zohr in Egitto e Coral in Mozambico.

L’impatto sull’ambiente

Guadagnare maggiore efficienza nell’esplorazione significa dover realizzare meno operazioni per individuare nuove risorse.

Se si considera l’impatto ambientale legato all’attività estrattiva, il contenimento del numero di interventi sul campo comporta un aumento complessivo della sostenibilità. Accompagnato, ovviamente, da una riduzione dei costi operativi e del prezzo finale dell’energia che Eni porta sul mercato.

Al tempo stesso, poter aumentare la produttività dei giacimenti permette di prolungare la loro vita utile, senza bisogno di svilupparne altri.

Un ulteriore passo avanti nella salvaguardia dell’ambiente è rappresentato dall’utilizzo di sensori a fibra ottica per il monitoraggio in tempo reale dei parametri di produzione, dall’applicazione del machine learning a scopo predittivo e dallo sviluppo di strumenti per la sismica alternativi a quelli ad alte frequenze, evitando l’impatto che questi hanno sulla fauna marina.

Un contributo delle Geoscienze digitali molto interessante sul piano ambientale riguarda l’ambito della cattura e stoccaggio permanente della CO2: migliorando la conoscenza dei processi di seppellimento dei sedimenti, il modo in cui i gas migrano nel sottosuolo e le interazioni dell’anidride carbonica in sistemi rocciosi sia omogenei che fratturati, si acquisiscono competenze molto preziose per un futuro riutilizzo dei giacimenti esauriti come grandi trappole per la CO2.

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