Secondo gli ultimi rapporti di ONU e WWF, il pianeta si trova di fronte al rischio di un catastrofico collasso della biodiversità, una minaccia per l’approvvigionamento alimentare, la salute e la sicurezza dell’umanità.
di Lisa Ovi
Nonostante gli impegni presi, le nazioni del mondo non si sono dimostrate all’altezza della crisi, che continua ad aggravarsi a causa dell’agricoltura non sostenibile, della pesca eccessiva, della combustione di combustibili fossili e di altre attività umane.
Lo scorso gennaio, prima ancora che la pandemia catturasse l’attenzione del mondo, i rischi dovuti ai cambiamenti climatici erano divenuti uno dei principali motivi di discussione al Forum Economico Mondiale di Davos. Tra i rischi più preoccupanti era elencata al perdita di biodiversità.
Ora, due recenti rapporti, uno dell’ONU ed uno del WWF, informano il mondo del fatto che sarà presto troppo tardi per porre rimedio al problema.
Il rapporto dell’ONU, intitolato ‘L’umanità ad un bivio’, denuncia il disinteresse dimostrato per i ripetuti allarmi lanciati dalla comunità scientifica sulla perdita di biodiversità nel mondo. Il rapporto stima che i governi di tutto il mondo spendono $500 miliardi all’anno in iniziative dannose per l’ambiente, mentre i finanziamenti pubblici e privati a favore della biodiversità si aggirerebbero tra gli $80 e $90 miliardi. Una pandemia globale e devastanti incendi, aggravati dal cambiamento climatico e dalle politiche di gestione del territorio, sono solo alcune delle potenziali conseguenze di un rapporto malsano con la natura.
Il rapporto del WWF è ancora più preciso: il declino della sola fauna selvatica negli ultimi quattro decenni, tra il 1970 ed il 2016, è pari ad un 68% di media. Principale responsabile di questo declino è il consumo spropositato delle risorse del pianeta da parte della società umana. La riconversione degli habitat di praterie, savane, foreste e zone umide, lo sfruttamento eccessivo della fauna selvatica, l’introduzione di specie non autoctone e il cambiamento climatico sono i fattori chiave del declino. Nutrire e alimentare lo stile di vita del 21° secolo consuma almeno il 56% della biocapacità della Terra.
Secondo la comunità scientifica, un simile evento non si osservava da milioni di anni. Non a caso si parla della quinta estinzione di massa nella storia del pianeta. Le zone più colpite sarebbero Sud America e Caraibi, mentre gli habitat affetti dalla riduzione più rapida sarebbero quelli dell’acqua dolce: almeno l’85% delle zone umide nel mondo è andato perduto dai tempi della rivoluzione industriale. La devastazione degli habitat comporta anche il rischio di nuove, successive pandemie da malattie zoonotiche come il Covid-19.
Il rapporto invoca misure urgenti atte ad invertire questa tendenza entro il 2030, se vogliamo evitare una perdita irreversibile di biodiversità. Si tratta di fermare la distruzione degli habitat naturali, in particolare le foreste, e riformare il nostro sistema alimentare rendendo la produzione e il commercio alimentare più efficienti ed ecologicamente sostenibili, riducendo gli sprechi e favorendo diete più sane e rispettose dell’ambiente. È un invito a rivedere l’approccio di base all’economia, per lasciare un possibile futuro alle generazioni più giovani.
Proprio lo scorso maggio, la commissione europea ha presentato la propria strategia per il recupero della biodiversità entro il 2030, un programma in stretta relazione con il progetto ‘From Farm to Fork‘ (dalla fattoria alla forchetta) il cui obiettivo è assicurare cibo sano a tutti i cittadini europei in un quadro di resilienza ambientale e sostenibilità.
La nuova strategia si confronta con temi chiave come lo sfruttamento non sostenibile di terra e mari, l’eccessivo consumo delle risorse naturali, l’inquinamento e la proliferazione di specie esotiche invasive. La biodiversità è stata identificata come un elemento cruciale per prevenire nuove pandemie e rendere l’Europa più resiliente a simili eventi. Confrontarsi con il problema rappresenta anche una possibilità di creare nuove opportunità commerciali e di investimento in un piano di ripresa dell’UE post-covid.
Tra gli obiettivi della strategia per la biodiversità europea vi è la trasformazione di almeno il 30% delle terre e dei mari europei in aree protette gestite in modo efficace e riportando almeno il 10% della superficie agricola a caratteristiche paesaggistiche ad alta diversità .