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Una imminente regolamentazione da parte delle Nazioni Unite abbatterà l’inquinamento navale ma, allo stesso tempo, potrebbe accelerare il cambiamento climatico.

di James Temple

Diversi studi hanno scoperto che il traffico navale contribuisce al raffreddamento del pianeta, nonostante il massiccio rilascio di tonnellate di anidride carbonica ogni anno. Il fenomeno è dovuto quasi interamente al fatto che le navi rilasciano anche zolfo, una sostanza in grado di disperdere la luce del sole nell’atmosfera e formare o inspessire le nuvole che ne riflettono i raggi.

Di fatto, l’industria navale ha condotto involontariamente, e per oltre un secolo, un incredibile esperimento di ingegneria ambientale. Sulla base di un “effetto forzato”, stimato all’interno di uno studio condotto nel 2009 e riferito ad altre scoperte (vedi “The Growing Case for Geoengineering”). le temperature globali potrebbero registrare fino a 0,25 °C in meno rispetto al dovuto. Per un mondo che sta faticando a contenere l’aumento delle temperature entro 2 °C, una simile differenza è importante. Ma potremmo presto rinunciare a questi effetti.

Nel 2016, l’International Maritime Organization delle Nazioni Unite ha annunciato che, entro il 2020, le navi mercantili internazionali dovranno abbattere notevolmente le proprie emissioni di zolfo. Nello specifico, chiarisce Shell in un opuscolo rivolto ai clienti, i proprietari di queste imbarcazioni dovranno passare a combustibili con un contenuto massimo pari o inferiore allo 0,5 percento, contro l’attuale 3,5 percento, o installare sistemi di filtraggio dei gas di scarico che portino alla stessa riduzione.

Vi sono diverse buone ragioni per abbattere le emissioni di zolfo: contribuisce si all’assottigliamento dello strato di ozono che all’incremento delle piogge acide, e può portare al peggioramento di problemi respiratori. Come riportato da un paper comparso nel 2009 su Environmental Science & Technology, la limitazione delle emissioni di zolfo potrebbe comportare anche degli effetti indesiderati. “Queste riduzioni, rapportate agli impatti sul mondo presente, comporterebbero un “doppio effetto di riscaldamento” provocato dalle attività navali: l’incremento delle emissioni di anidride carbonica da una parte, e la riduzione della quantità di diossido di zolfo dissolto nell’atmosfera”, scrivono gli autori. “Pertanto, dopo alcuni decenni, l’effetto del traffico navale cambierà”.

L’inquinamento da zolfo causato dal consumo di carbone ha un effetto simile. Alcuni studi sostengono che il drastico aumento nei consumi di carbone da parte della Cina nell’ultimo decennio sia stato parzialmente equilibrato dal recente trend nel riscaldamento globale (per quanto il carbone abbia un forte effetto sul riscaldamento netto).

È difficile calcolare quanto la nuova norma sulle emissioni dell’industria navale influirà sulle temperature globali. Non conosciamo abbastanza della fisica delle nuvole e del comportamento delle particelle atmosferiche, né in che misura l’industria si conformerà alle nuove regole, spiega Robert Wood, professore di scienza atmosferica dell’Università di Washington.

Un’altra incertezza riguarda le restanti particelle emesse dalle navi e responsabili, talvolta, della stimolazione di leggeri piovischi; il carbone nero, ad esempio, è una componente principale della fuliggine. Rimuovendo lo zolfo dai combustibili si potrebbero alterare le dimensioni e la quantità di particelle, con possibili effetti sulle nuvole, spiega Lynn Russel, professoressa di scienza atmosferica presso la Scripps Institution of Oceanography.

“Non possiamo realmente dire cosa cambierà”, dice Russell, pur aggiungendo che la nuova normativa, “probabilmente”, produrrà un effetto di riscaldamento.

Secondo alcuni sostenitori del campo, l’imminente cambiamento presenta un approccio diverso agli sforzi intrapresi intenzionalmente per raffreddare il clima, conosciuti come geoingegneria. Piuttosto che avviare qualche esperimento radicale, operazioni intenzionali di geoingegneria potrebbero essere viste come un metodo per continuare con quanto abbiamo inconsapevolmente fatto per anni con le navi, ma in maniera più semplice.

Le emissioni di zolfo contribuiscono al raffreddamento del pianeta in due modi, uno diretto ed uno indiretto. L’effetto diretto è dovuto all’ossidazione del diossido di zolfo nell’atmosfera, un fenomeno che può portare alla formazione di particelle in gradi di riflettere la luce solare e rimandarla nello spazio. Questo fenomeno si verifica durante le eruzioni vulcaniche, che possono rilasciare decine di milioni di tonnellate di diossido di zolfo.

L’effetto indiretto è merito invece delle particelle di zolfo, che possono anche agire da nuclei attorno ai quali si formano le gocce d’acqua. Le nuvole stesse riflettono la luce del sole. Il fenomeno è visibile nelle immagini satellitari che mostrano linee di nubi bianche formatesi lungo le tratte navali più trafficate.

I ricercatori che operano nel campo della geoingegneria hanno esplorato entrambi i processi, anche se con particelle meno tossiche, come possibili processi per alterare il clima (vedi “Gli scienziati prendono in considerazione nuvole più luminose per preservare la Grande Barriera Corallina”).

Ricercatori del Marine Cloud Brightening Project, con sede all’interno dell’Università di Washington, hanno trascorso anni a studiare la possibilità di spruzzare minuscole particelle di sale nei cieli sopra le coste per indurre la formazione di nuvole. Il gruppo ha passato gli ultimi anni cercando di raccogliere diversi milioni di dollari per realizzare il genere di erogatore necessario, nella speranza di condurre ridotti esperimenti sul campo lungo le coste del Pacifico.

Russell e Wood sostengono entrambi che l’imminente cambio di regole potrebbe anche garantire l’occasione per condurre alcuni esperimenti scientifici di base osservando le interazioni fra le particelle volatili e le nuvole. Queste analisi potrebbero rendere più precise le simulazioni ambientali – il comportamento delle nuvole è una delle parti meno conosciute di tutto il sistema, spiega Wood – oltre che aggiornare il dibattito sulla necessità, o meno, di perseguire progetti di geoingegneria.

Il tutto dipende dalla possibilità per gli scienziati di ottenere i fondi necessari per procedere con questa ricerca, la quale richiederà osservazioni satellitari più frequenti e una maggiore distribuzione di sensori di terra. Idealmente, la ricerca dovrebbe cominciare prima che la nuova norma entri in vigore, al fine di garantire un quadro preciso del cambiamento in atto.

“Stiamo avvicinandoci a pericolosi limiti di incremento delle temperature, per cui un incremento di appena 0,1 o 0,2 °C andrebbe attentamente osservato dalla nostra civiltà”, dice Kelly Wanser, direttrice del Marine Cloud Brightening Project.

Non è chiaro se i ricercatori riusciranno a raccogliere i fondi necessari. Certi paesi hanno incrementato i fondi per la ricerca ambientale. Non si può dire la stessa cosa degli Stati Uniti di Trump, che sta specificamente cercando di tagliare i programmi NASA che monitorano nuvole e particelle nell’aria.

(MO)