Pubblicità mirata, il metaverso di Facebook leggerà i nostri movimenti oculari

Tra i brevetti della nuova creatura di Zuckerberg ci sono dispositivi in grado di riconoscere le espressioni biologiche involontarie. I nostri stati emotivi entreranno nel business dei Big Data

di MIT Technology Review Italia

Come emerge da un’analisi dei brevetti di Facebook condotta dal “Financial Times”, il metaverso di Meta vuole raccogliere una serie di espressioni umane involontarie, come i movimenti delle pupille e le contrazioni dei muscoli facciali degli utenti. Questo obiettivo, su cui Zuckerber ha promesso di investire 10 miliardi di dollari all’anno nel prossimo decennio, sembra comune anche a rivali come Apple e Micorsoft.

Secondo il quotidiano economico finanziario britannico, che ha esaminato centinaia di domande all’Ufficio brevetti e marchi degli Stati Uniti, Meta ha brevettato molteplici tecnologie che utilizzano i dati biometrici degli utenti per migliorare la visione dell’utente nell’universo virtuale e garantire che gli avatar digitali siano animati in modo realistico.

Ma i brevetti mostrano anche che il gigante tecnologico intenda fare cassa con il suo metaverso, grazie a forme di pubblicità iper-mirata e a contenuti sponsorizzati, come testimoniato efficacemente dal giro d’affari pubblicitario di 85 miliardi di dollari l’anno.

Un ottimo esempio di questa filosofia è rappresentato dalla proposta di un “negozio virtuale”, in cui gli utenti possono acquistare beni digitali o articoli che corrispondono a beni del mondo reale sponsorizzati dai marchi.

I brevetti offrono l’indicazione più chiara di come l’azienda miri a trasformare il suo mondo immersivo in una realtà. Alcuni di loro riguardano la tecnologia di tracciamento di occhi e volti, contenuta in minuscole telecamere e sensori interni a un visore, che migliora l’esperienza di realtà aumentata.

Un brevetto Meta, concesso all’inizio di gennaio del 2022, stabilisce un sistema per tracciare le espressioni facciali di un utente attraverso un visore che poi “adatterà i contenuti multimediali” in base a tali risposte. Compare anche un “sistema di sensori magnetici indossabili” da posizionare attorno al busto per il “tracciamento delle posizioni corporee”.

Un altro brevetto propone un “motore di personalizzazione degli avatar” in grado di creare personaggi tridimensionali basati sulle foto di un utente, utilizzando strumenti tra cui un cosiddetto replicatore di pelle.

SecondoNoelle Martin, dell’University of Western Australia, “l’obiettivo è creare repliche 3D di persone, luoghi e cose, così iperrealistiche e sensibili al tatto da essere indistinguibili da ciò che è reale, e quindi intermediare qualsiasi gamma di servizi. Per molti versi, un programma globale di clonazione umana”.

Da quando Facebook è diventata Meta a fine ottobre in un rebranding aziendale, il prezzo delle azioni dell’azienda è aumentato di circa il 5 per cento, ma in realtà i critici ritengono che l’operazione sia soprattutto una manovra per deviare l’attenzione dalle rivelazione dell’informatrice Frances Haugen, che lo scorso anno ha pubblicamente accusato l’azienda di non intervenire sulle campagne d’odio in nome dei profitti.

Alcuni brevetti sembrano una risposta al progressivo affievolimento dell’interesse degli utenti più giovani nei confronti dei principali prodotti di social networking come Facebook e indicano come Meta potrebbe offrire annunci pubblicitari nel suo mondo immersivo ancora più personalizzati di quanto sia possibile all’interno dei suoi prodotti web-based esistenti.

Diversi studi hanno già mostrato che la direzione dello sguardo e l’attività della pupilla possono contenere implicitamente informazioni sugli interessi e sullo stato emotivo di un utente. Nel metaverso, si potrebbe ricreare un simile scenario da incubo, con una pubblicità mirata in base alle nostre reazioni biologiche involontarie agli stimoli.

A oggi, nessun vincolo legale impedisce che possa accadere. Meta ha dichiarato: “Anche se non commentiamo la copertura specifica dei nostri brevetti o le ragioni per cui li abbiamo depositati, è importante notare che i nostri brevetti non rispecchiano necessariamente la tecnologia utilizzata nei nostri prodotti e servizi”. Ma la domanda di fondo rimane ancora valida: chi controllerà l’uso che verrà fatto dei nostri dati?

(rp)

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