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Il dado genetico è tratto. Non si torna più indietro.

di Antonio Regalado

Nel 2018 è stato venduto un numero di test genetici da banco pari a quanti ne sono stati venduti complessivamente negli anni precedenti. Le vendite record sono state promosse dall’interesse dei clienti per le proprie origini e per la propria salute, supportato da intense campagne pubblicitarie. Di questo passo, i database genetici delle sole quattro maggiori società sul mercato potrebbero arrivare a raccogliere il genoma di più di 100 milioni di persone entro 24 mesi.

I due giganti sul mercato sono la Ancestry di Lehi, nello Utah, e la 23andMe di Mountain View, in California, due società private che detengono i diritti sulla più ricca raccolta di DNA umano esistente al mondo.
Al costo di $59, i clienti possono accedere ad informazioni e segreti di famiglia, piuttosto che notizie sulla propria salute, ma le implicazioni sul fronte della privacy non sono irrilevanti. Con la crescita dei database, in poco tempo è divenuto possibile ricostruire le relazioni esistenti tra quasi ogni americano, compresi coloro che non si sono sottoposti ad alcun test. L’informativa sulla privacy della Ancestry avvisa i propri clienti che una volta svelati i misteri di famiglia, le informazioni non possono poi essere di nuovo nascoste.

I test vengono condotti su campioni di saliva inviati alla società di cui si è scelto di acquistare il prodotto. Il DNA viene analizzato grazie ad un chip che decodifica 600,000 polimorfismi a singolo nucleotide. Il test determina se il DNA in corso di analisi sia composto di versioni comuni di una serie di geni o di versioni più rare. Le informazioni ottenute determinano le origini dei propri antenati, eventuali legami di parentela con altri individui presenti nel database, la presenza o meno di determinati tratti genetici. Altre informazioni possono riflettere caratteristiche fisiche, inclinazioni nel carattere, nei talenti o nei gusti.

Il numero di persone testate è stato stimato in base a dichiarazioni pubbliche fatte dalle 4 principali società di genetica, ricerche da noi condotte e dati aggiornati dalla International Society of Genetic Genealogy e dal blog di Leah Larkin.
Poiché le società non rilasciano informazioni in maniera regolare, abbiamo lavorato con le dichiarazioni annuali più vicine al primo di gennaio di ciascun anno a partire dal 2012. Bisogna anche prendere in considerazione il fatto che il numero di acquisti dei kit non corrisponde necessariamente al numero di persone che si sottopone al test e non manca chi acquista più kit di società differenti.

La Ancestry e la 23andMe sono operazioni commerciali finanziarie molto ben sviluppate. Stanno eliminando la concorrenza in virtù del volume delle proprie operazioni. Come avviene per ogni social network, più individui si uniscono a database, più il database è efficace nell’individuare famigliari, formulare stime genealogiche e nel ruolo di base per la ricerca farmaceutica.

Cominciare ora è difficile. La MyHeritage, una delle ultime arrivate, sta riuscendo a crescere perchè opera in Europa ed ha tradotto il proprio sito in 42 lingue differenti. Anche competitor ben finanziati come la Illumina stanno faticando a mantenere il passo. Ciò significa che un numero esiguo di società private punta alla popolazione del resto del mondo. Il milione di individui sinora testati non è che una goccia della popolazione mondiale complessiva.

Delle quattro capofila, la 23andMe è l’unica ad offrire valutazioni sullo stato di salute. La società ha ottenuto il permesso della US Food and Drug Administration per condurre test sul collegamento tra geni e cancro al seno, nonché cancro alla prostata. Il New York Times ha recentemente pubblicato un editoriale in cui invita il pubblico alla cautela, paragonando questi rapporti genetici emessi senza consulto medico a trucchi da baraccone.
Il problema nasce dal fatto che la 23andMe studia un numero limitato di mutazioni su centinaia connesse allo sviluppo del cancro al seno. I test non possono quindi essere considerati completi.

Muin J. Khoury, dei Centers for Disease Control and Prevention, ha definito i test sul cancro della 23andMe “un approccio frammentario e confuso alla genetica da banco.” La 23andMe è però determinata a riappropriarsi di prodotti che ha dovuto ritirare dal mercato nel 2013 proprio in seguito a dubbi sollevati sulla loro accuratezza. In un editoriale della CEO Anne Wojcicki, la società rivela la precisa intenzione di rendere l’accesso alle informazioni genetiche sempre più accessibile, economico ed emancipato dalle professioni mediche.

Le possibili implicazioni dell’esistenza di database genetici hanno raggiunto l’opinione pubblica solo l’anno scorso, quando investigatori genetici hanno identificato non solo il Golden State Killer, ma anche altri stupratori e assassini rimasti senza identificazione per decenni.
Il database utilizzato dalle forze dell’ordine si chiama GEDMatch, una piattaforma su cui gli utenti di diverse società di genetica da banco caricano il proprio genoma. Gli investigatori hanno messo a confronto il DNA raccolto, per esempio, su di una scena del crimine, con i genomi caricati sulla piattaforma, arrivando così ad identificare il circolo famigliare di appartenenza dei sospetti.

L’estate scorsa, le quattro maggiori società di genetica promisero di non ammettere le forze dell’ordine ai propri database senza un mandato, ma in poche settimane la piccola Family Tree DNA, cambiò idea e aprì le porte all’FBI.
I clienti della società non vennero avvisati di questo cambio di rotta. Come accade per ogni comunicazione condotta su social media o per i dati di localizzazione, gli utenti sono alla mercè dei termini di servizio dei prodotti acquistati.
“La prima regola su qualunque dato: nell’istante in cui lo consegni, ne perdi il controllo, né hai idea di quando e come verranno modificati i termini di servizio sulla gestione del tuo campione di DNA ‘ricreazionale’,” scrive su Twitter Elizabeth Joh, professoressa di legge alla University of California, Davis.

Immagine: 23andMe