Passi in avanti della ricerca: all’origine dell’Alzheimer

Un nuovo studio va all’origine del mistero della malattia neurodegenerativa. La chiave di tutto è nel comportamento, a volte anomalo, della “proteina Tau”

Il morbo di Alzheimer, la forma più comune di demenza, è ancora senza terapie efficaci, soprattutto a causa del mistero che avvolge i processi all’origine del disturbo neurodegenerativo progressivo in grado di compromettere le funzionalità cerebrali.

Un nuovo studio della Flinders University svela quali processi siano coinvolti nella trasformazione patologica di uno dei fattori chiave dello sviluppo del morbo: le proteine Tau. La scoperta di come queste proteine da normali possano diventare un problema potrebbe indicare una nuova via terapeutica.

“Assieme ad un piccolo peptide chiamato Beta-Amiloide, la proteina Tau è uno dei fattori chiave nello sviluppo del morbo di Alzheimer. La Tau è responsabile degli effetti tossici subiti dalle cellule cerebrali che si traducono in una funzione compromessa della memoria“, spiega l’autore senior dello studio, il dott. Arne Ittner, Senior Research Fellow in Neuroscience presso il Flinders Health and Medical Research Institute.

Pubblicato dalla rivista Science Advances, lo studio analizza il processo di accumulo delle proteine Tau all’interno delle cellule cerebrali in fase di sviluppo del morbo di Alzheimer. Di deposito in deposito, proprio questo processo di accumulo modificherebbe sostanzialmente la natura della proteina. Ed i ricercatori della Flinders sono convinti di sapere come accade.

Lo studio è stato condotto su di un’ampia gamma di alterazioni (circa 20 per le proteine Tau conl’aggiunta di 12 enzimi), concentrandosi soprattutto sull’analisi delle alterazioni più frequenti rilevate nei pazienti affetti da Alzheimer. I ricercatori desideravano scoprire quale influenza possa avere la posizione specifica dell’alterazione nella sulla successiva concatenazione di cambiamenti, particolarmente in relazione con le chinasi, enzimi responsabili del mutamento nelle Tau.

“Di solito, le chinasi prendono di mira punti specifici, chiamati siti di fosforilazione, nella Tau e in altre proteine, e introducono cambiamenti solo in questi punti”, afferma l’autrice principale dello studio, la dott.ssa Kristie Stefanoska, ricercatrice presso la Flinders University.

“Tuttavia, sospettavamo che alcuni di questi enzimi siano in grado di colpire diversi punti della Tau e lo avrebbero fatto in modo ancora più efficiente se la questa fosse già stata modificata in precedenza”.

Una volta scoperto che una serie di cambiamenti rende più facile l’avvicendarsi delle successive alterazioni, i ricercatori sono riusciti ad identificare anche i “siti principali”, punti specifici all’interno della Tau, da cui questa catena di eventi origina.

Modificando questi siti principali, siamo stati in grado di guidare l’avvicendamento di alterazioni all’interno della Tau, determinando così condizioni simili a quelle osservate nel cervello dei malati di Alzheimer”, dichiara il dottor Ittner.

I ricercatori hanno quindi analizzato la possibilità di ridurre le proprietà tossiche della Tau nell’Alzheimer, nel tentativo di migliorare la funzione della memoria. Il prossimo passo sarà studiare lo sviluppo di possibili terapie.

I ricercatori sono convinti che la scoperta di questo meccanismo possa portare beneficio nel caso di numerosi disturbi neurologici in cui sia coinvolta la proteina Tau, tra cui il morbo di Parkinson, la lesione cerebrale cronica indotta da commozione cerebrale e l’ictus.

Immagine: Gerd Altmann, Pixabay

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