Microalghe: uno strumento in più contro il cambiamento climatico?

Grazie a fotobioreattori LED, Eni coltiva microalghe per fissare la CO₂ e ricavare bio-olio, nutraceutici, farmaceutici e basi alimentari

È in via di sviluppo una tecnologia innovativa per fissare la CO₂ attraverso la coltivazione di microalghe. Nel Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, in collaborazione con il Politecnico di Torino e con una rete di start-up italiane, Eni ha avviato un impianto pilota a fotobioreattori multilayer in cui le alghe sono alimentate da luce artificiale che sfrutta le lunghezze d’onda ottimizzate per la fotosintesi.

La tecnologia

La biomassa vegetale prodotta, raccolta ed essiccata è una farina algale che può essere utilizzata in ambito nutraceutico, mangimistico o cosmetico, mentre la frazione grassa dell’estratto può essere utilizzata per l’estrazione di olio algale che, a sua volta, può essere valorizzata nelle bioraffinerie Eni per la produzione di bio-combustibili avanzati. 

Avviato a novembre 2020, il nuovo impianto pilota di Novara ha raggiunto dei dati di produttività giornaliera di biomassa molto promettenti che, proiettati su impianti di scala industriale, potrebbero consentire di produrre fino a 500 tonnellate di biomassa e di intrappolare circa 1000 tonnellate l’anno di CO₂ per ogni ettaro di superficie

Il contesto

Trovare nuovi modi per riutilizzare l’anidride carbonica in processi industriali è strategico per ridurre le emissioni di gas climalteranti.

Per la loro capacità di “chiudere il cerchio” del carbonio di origine antropica, questi interventi utilizzano l’approccio dell’economia circolare, già parte del modello di business Eni. In questo caso, attraverso il processo naturale di fotosintesi, le molecole di CO2 vengono biofissate da parte di alghe microscopiche, coltivate in modo intensivo all’interno di fotobioreattori.

La tecnologia apre la possibilità da un lato di contribuire a ridurre le emissioni nei settori di business Eni, sfruttandole per la crescita delle coltivazioni algali, dall’altro di occupare aree non valorizzabili a scopi agricoli. Un ulteriore beneficio sta nelle opportunità di sviluppo locale che l’attivazione di progetti imprenditoriali basati su questi impianti potrebbe portare sul territorio.

La sfida tecnica

Le alghe hanno bisogno del sole per crescere, in merito a tale aspetto si comportano come le piante. Sono, però, cellule vitali vere e proprie, infatti si riproducono per mitosi. È possibile pensare di intensificare ed efficientare il fenomeno di crescita, ad esempio usando una o più specifiche frequenze della luce.

Nell’impianto pilota attivo nel Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara Eni ha realizzato fotobioreattori multilayer in cui le alghe sono illuminate da un sistema a LED che garantisce il funzionamento nell’arco delle 24 ore a qualsiasi latitudine. 

Il sistema di fotobioreattori è costituito da quattro pannelli idraulici innovativi in parallelo al cui interno circolano le micro-alghe. Ognuno dei pannelli è equipaggiato da speciali lampade a LED che diffondono luce in maniera uniforme al suo interno, sfruttando le lunghezze d’onda preferite dalle alghe per la fotosintesi. La modulazione della luce per intensità e qualità viene controllata in base alle condizioni di crescita ottimali, per intensificare la crescita.

In precedenza, Eni ha già studiato la biofissazione di CO₂ mediante microalghe con luce solare, sia in open pond (presso la Raffineria Eni di Gela) sia in fotobioreattori (presso sito Enimed, a Ragusa).

In quest’ultimo caso, lo studio si è basato su tecnologia di BioSyntex Srl (BSX); la specifica applicazione prevedeva coltivazione di microalghe alimentate da CO₂ proveniente da attività gestite da EniMed e luce solare concentrata attraverso pannelli costituiti da migliaia di lenti di Fresnel che inseguono il sole concentrando la luce in speciali fibre ottiche.

Integrazione industriale

L’impianto pilota di Novara è composto da quattro fotobioreattori ed è integrato con fonti energetiche rinnovabili. La tecnologia su cui si basa è stata sviluppata da Photo B-Otic, con cui Eni ha firmato un Accordo di Licenza.

Photo B-Otic nasce per supportare lo sviluppo della tecnologia di bio fissazione e parte dall’iniziativa di MEG, Everbloom, Abel Nutraceuticals e della Cooperativa Arcobaleno, che è socia di maggioranza ed ha promosso questa iniziativa imprenditoriale frutto di un decennale lavoro di ricerca nell’ambito della nutraceutica e delle biotecnologie in collaborazione con il DIATI del Politecnico di Torino.

L’eventuale passaggio a un impianto pilota di scala industriale, che potrebbe sorgere nella bioraffineria di Gela, permetterebbe di consolidare ulteriormente le competenze nella biofissazione algale e integrarla pienamente nei processi industriali. Lo sviluppo industriale della tecnologia di biofissazione si integra nello scenario che prevede la decarbonizzazione degli asset Eni.

Il fatto di poter utilizzare la CO₂ associata alle attività della multinazionale energetica e convertirla in prodotti commercializzabili genera il doppio vantaggio di ridurre le emissioni e mettere a disposizione nuovi prodotti sostenibili sul mercato.

L’attività al momento è in una fase sperimentale avanzata, necessaria per ottimizzare ogni passaggio e rendere massima l’efficienza dell’intero processo. Una volta messi a disposizione impianti produttivi industriali basati su questa tecnologia, gli ambiti di applicazione potrebbero essere diversificati, sia per mercati agroindustriali, alimentari e/o nutraceutici, sia per il business dell’energia.

Per il suo particolare design, il sistema a fotobioreattori di questa tecnologia a luce artificiale ha un ridotto carbon footprint ed è caratterizzato da modularità, pertanto può essere facilmente installato in moltissimi siti industriali: ovunque ci sia a disposizione anidride carbonica da catturare.

L’impatto sull’ambiente

I punti di forza di questa tecnologia di decarbonizzazione tramite microalghe sono: il basso consumo energetico, l’elevata efficienza, la semplicità, la modularità e compattezza e, in casi specifici di sfruttamento di LED a lunghezza d’onda ottimizzata, il funzionamento h24/7.

Questi fattori le rendono interessanti per applicazioni nei contesti più vari, compatibili con gli scenari operativi dell’industria energetica.

In generale, si adattano a tutte le aree logisticamente favorevoli, dalle aree industriali dismesse riconvertite ai siti non utilizzabili per l’agricoltura. Una volta sviluppati a livello industriale, questi impianti potrebbero dare un contributo importante alla riduzione delle emissioni di CO₂ delle operazioni upstream e di altri settori industriali, con il vantaggio di ottenere un prodotto finito come la farina algale, commercializzabile per altri processi produttivi o utilizzabile nel settore downstream.

Entrambi questi aspetti fanno sì che queste tecnologie possano essere diffuse in modo capillare e proprio questa caratteristica amplifica il potenziale impatto positivo che potrebbero avere sul contenimento delle emissioni di anidride carbonica.

Questi fattori la rendono interessante per tutte le aree logisticamente favorevoli anche in siti non utilizzabili per l’agricoltura, o aree industriali dismesse e riconvertite.

Photo by Mamun Srizon on Unsplash

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