Lo scienziato a caccia della fonte della giovinezza

Manipolare l’epigenoma, che attiva e disattiva i nostri geni, potrebbe rappresentare l’elisir della vita.

di Erika Hayasaki

Lo scienziato spagnolo Juan Carlos Izpisúa Belmonte lavora al Gene Expression Laboratory presso il Salk Institute for Biological Studies di San Diego, dove sembra aver scoperto l’accesso alla fonte della giovinezza. Izpisúa Belmonte può ringiovanire gli animali moribondi e anziani. Può riavvolgere il tempo. Il trattamento ringiovanente usato sui topi, però, è così potente che muoiono dopo tre o quattro giorni per malfunzionamento cellulare o tumori lampo. Si potrebbe definire una dose eccessiva di giovinezza.

I topi sono stati trattati con uno strumento chiamato “riprogrammazione”. È un sistema che permette di ripristinare i cosiddetti marcatori epigenetici del corpo: interruttori chimici nella cellula che determinano quali dei suoi geni sono attivi e quali no. Resettare questi marcatori può cancellare l’identità di una cellula e riportarla a uno stato embrionale primitivo. La tecnica viene spesso utilizzata dai laboratori per produrre cellule staminali, ma Izpisúa Belmonte rappresenta un’avanguardia scientifica che desidera svilupparne un controllo così preciso da poter applicare la riprogrammazione ad animali interi ed, eventualmente, agli esseri umani.

Izpisúa Belmonte è convinto che la riprogrammazione epigenetica possa dimostrasi un elisir capace di prolungare significativamente la durata della vita umana. Il limite alla durata della vita, secondo Belmonte, non è altro che un accumulo di aberrazioni molecolari a livello cellulare, una guerra contro l’entropia. Anche la clonazione si avvantaggia della riprogrammazione: un vitello clonato da un toro adulto contiene lo stesso DNA del genitore. La prole nasce senza le “aberrazioni” accumulate a cui Izpisúa Belmonte fa riferimento.

Izpisúa Belmonte propone di invertire le aberrazioni legate all’invecchiamento senza creare un nuovo individuo. I marcatori epigenetici rappresentano alcune di queste aberrazioni: gruppi chimici chiamati istoni e segni di metilazione, che avvolgono il DNA di una cellula e funzionano come interruttori on/off per i geni. L’accumulo di questi cambiamenti induce una perdita di efficienza nelle cellule con l’andare del tempo e alcuni scienziati, tra cui Belmonte, pensano che potrebbero essere una delle cause di invecchiamento. Invertire questi cambiamenti epigenetici attraverso la riprogrammazione dovrebbe consentire un ritorno alla giovinezza.

Izpisúa Belmonte mette bene in chiaro che le modifiche epigenetiche non “portano alla vita eterna“, ma potrebbero ritardare la nostra data di scadenza. A suo avviso, potremmo prolungare la durata della vita umana di almeno altri 30-50 anni.

Il trattamento somministrato ai topi da Belmonte nasce da una scoperta valsa il Nobel allo scienziato giapponese specializzato in cellule staminali, Shinya Yamanaka. Nel 2006, Yamanaka dimostrò che l’aggiunta di quattro proteine alle cellule adulte umane può riprogrammarle al punto da riportarle all’apparenza e funzionalità delle cellule di un embrione appena formato. Queste proteine, chiamate fattori Yamanaka, agiscono ripulendo le cellule dai marcatori epigenetici.

Il processo si applica con successo anche a cellule degli individui più anziani. Le cellule riprogrammate artificialmente prendono il nome di cellule staminali pluripotenti indotte o IPSC. Come le cellule staminali negli embrioni, possono trasformarsi in qualsiasi tipo di cellula del corpo, pelle, ossa, muscoli, ecc, una volta ricevuti i corretti segnali chimici.

La scoperta di Yamanaka ha portato principalmente a tecniche per la produzione di tessuti di ricambio da utilizzare in nuovi tipi di trattamenti di trapianto. Ricercatori del Centro Nazionale di ricerca sul Cancro spagnolo hanno studiato topi i cui genomi contenevano copie extra dei fattori Yamanaka. Attivandoli, hanno dimostrato che la riprogrammazione cellulare potrebbe effettivamente avvenire all’interno di un corpo di animale adulto, non solo in una capsula di laboratorio.

L’esperimento ha aperto le porte alla possibilità di ringiovanire il corpo intero di una persona, ma non è esente da pericoli. Eliminare troppi marcatori e altre impronte epigenetiche cancella l’identità delle cellule, spiega Pradeep Reddy, ricercatore collaboratore di Belmonte al Salk. La cellula può trasformarsi in una cellula matura e funzionante, o in una cellula che non sviluppa mai la capacità di svolgere il compito designato. Può anche diventare una cellula cancerosa. Nei topi di Belmonte, i risultati si sono dimostrati per lo più fatali.

Nel 2016, la squadra escogitò un modo per riavvolgere parzialmente le cellule nei topi modificandoli geneticamente producessero fattori Yamanaka, ma a differenza di quanto fatto dai ricercatori spagnoli, la produzione ha inizio solo alla somministrazione di un antibiotico, la doxiciclina. I ricercatori hanno testato una somministrazione continua della sostanza ed una per due soli giorni su sette. “Alla somministrazione della doxiciclina, l’espressione dei geni si avvia”, spiega Reddy. “Rimossa la sostanza, l’espressione dei geni si interrompe.” Nel primo dei casi, i topi sono morti rapidamente, nel secondo caso, invece di sviluppare tumori si sono irrobustiti, e cuore, reni e milza hanno preso a funzionare meglio. Sono anche vissuti un 30% più a lungo dei fratelli.

Quando Izpisúa Belmonte pubblicò il proprio rapporto sulla rivista Cell, Michael West, CEO di AgeX, definì il documento un risveglio. La AgeX è impegnata nella ricerca di una simile tecnologia di inversione dell’invecchiamento. Altri, non vi hanno letto che un principio di studio sull’inversione del processo di invecchiamento. Jan Vijg, presidente del dipartimento di genetica presso l’Albert Einstein College of Medicine di New York City, ricorda che l’invecchiamento è dovuto a “centinaia di processi diversi” per i quali è improbabile trovare soluzioni semplici. In teoria, è convinto che la scienza abbia la possibilità di “creare processi così potenti da prevalere sugli altri, ma al momento non è dato sapere quali”, aggiunge. Altri si domandano se i cambiamenti epigenetici di Belmonte non rappresentino che un superficiale effetto cosmetico.

Un’altra domanda fondamentale riguarda il fatto che Belmonte ha ottenuto un effetto di ringiovanimento solo in topi affetti da progeria, una malattia dovuta a una singola mutazione del DNA che provoca l’invecchiamento precoce. Il processo di invecchiamento naturale è molto più complesso. Gli esperimenti su topi normali normali sono già in corso, ma poiché la vita media dei topi è di due anni e mezzo, invece che tre mesi, i risultati si stanno facendo attendere.

La soluzione all’invecchiamento è, quindi, ancora lontana, se mai verrà, ma potrebbero presto venire prodotte versioni studiate per determinate malattie dell’invecchiamento. L’obbiettivo delle tecniche in fase di sviluppo al Salk e in altri laboratori è consentire ai ricercatori di disattivare un gene specifico responsabile di malattia o attivare un altro gene capace di alleviarla. Hsin-Kai Liao e Fumiyuki Hatanaka hanno lavorato quattro anni nel laboratorio di Belmonte all’adattamento del sistema gene editing CRISPR-Cas9, trasformandolo in una manopola di controllo del volume delle attività di un gene.

Alla University of California, Marcelo Wood avrebbe ripristinato le capacità mnemoniche di topi anziani semplicemente rimuovendo un blocco epigenetico. Ricercatori della Duke University hanno sviluppato una tecnica di editing epigenetico (non ancora testata su animali) che permetterebbe di smorzare le attività di un gene implicato nella malattia di Parkinson. Sempre alla Duke, ricercatori avrebbero ridotto i livelli di colesterolo nei topi disattivando un gene che lo regola. Lo stesso laboratorio di Belmonte, oltre a condurre esperimenti sulla distrofia muscolare, ha studiato i sintomi del diabete, delle malattie renali e della perdita della cartilagine ossea, sempre usando metodi simili.

Nei prossimi anni vedremo probabilmente condurre i primi test umani di queste tecniche. Tra le aziende sa tenere d’occhio figurano AgeX e Turn Biotechnologies, una startup fondata da Sebastiano di Stanford. AgeX, spiega West, sta concentrando la propria attenzione sui tessuti cardiaci, mentre la Turn si è interessata a trattamenti per l’artrosi e per la perdita muscolare correlata all’invecchiamento, mentre la GenuCure, società biotech fondata da Ilir Dubova, ex ricercatore del Salk, studia la possibilità di ringiovanire la cartilagine.

Immagine: Izpisúa Belmonte all’opera. Christie Hemm Klok

(lo)

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