L’immunità di gregge può fermare il coronavirus?

Appena un numero sufficiente di persone sarà stato infettato dal Covid-19, l’infezione rallenterà, ma nell’attesa, il costo sarà devastante.

di Antonio Regalado

Ci sono tre modi per fermare l’infezione da Covid-19. Il primo comporta restrizioni eccezionali alla libera circolazione e al diritto di radunarsi, nonché una campagna aggressiva di test per interrompere completamente la diffusione del virus, un cosa probabilmente impossibile ora che il virus è diffuso in oltre 100 paesi. Il secondo metodo è sviluppare un vaccino per proteggere tutti, ma ci vorrà almeno un anno e mezzo.

Il terzo metodo è potenzialmente efficace ma orribile da considerare: aspettare semplicemente che abbastanza persone si siano prese il virus. La progressiva diffusione del virus porterà eventualmente all’infezione di così tante persone che (se sopravvivranno) la maggior parte della popolazione ne sarà immunizzata, il virus non troverà più ospiti da aggredire e l’epidemia si dissolverà da sola. Questo fenomeno prende il nome di immunità da gregge.

La diffusione a largo raggio e inarrestabile del coronavirus è esattamente lo scenario che gli esperti si aspettano nel peggiore dei casi. Secondo le informazioni raccolte sul virus, gli esperti credono che possa arrivare a infettare circa il 60% della popolazione mondiale, anche entro l’anno.

Il concetto di immunità di gregge ha fatto colpo sulle prime pagine di tutto il mondo quando il primo ministro britannico, Boris Johnson, ha inizialmente dichiarato che la strategia ufficiale del paese sarebbe stata assumere un atteggiamento stoico e permettere alla malattia di fare il proprio corso.

Il consigliere scientifico del governo britannico, Patrick Vallance, ha dichiarato che il paese doveva “sviluppare una sorta di immunità da gregge, di modo da rallentare la trasmissione della malattia grazie ad un gran numero di persone ad essa immuni”. Il primo ministro dei Paesi Bassi, Mark Rutte, ha assunto una posizione simile, dichiarando: “Possiamo rallentare la diffusione del virus e allo stesso tempo sviluppare un’immunità di gruppo in maniera controllata”.

In un semplice modello di epidemia, ogni caso ne infetta altri due, creando un aumento esponenziale della malattia. Una volta che metà della popolazione è immune, un focolaio non aumenta più di dimensioni

Secondo i modelli più recenti, però, puntare all’immunità di gregge sin dal principio potrebbe rivelarsi una strategia disastrosa. Il virus, infatti, tende a ridurre in condizioni gravi un numero così alto di persone che nessun sistema sanitario è in grado di gestire il boom di pazienti da ricoverare in ospedale o in terapia intensiva.

Il Regno Unito ha segnalato già segnalato l’intenzione di fare di più per contenere il virus, compreso promuovere il distanziamento sociale. Rallentare la progressione del virus significherebbe salvare sia i sistemi sanitari che numerose vite umane, ma alla fine il risultato potrebbe essere lo stesso: con il passare del tempo, potrebbe essere necessaria l’immunità di gregge per porre definitivamente fine alla pandemia.

Cos’è esattamente l’immunità di gregge?
Si parla di immunità di gregge quando una porzione sufficiente della popolazione diviene immune ad un elemento patogeno da impedirne naturalmente la diffusione, in quanto non ci sono abbastanza persone da trasmetterlo. Il gregge diviene quindi immune, a dispetto della presenza di individui non ancora immuni al suo interno.

Per quanto orribile possa essere la prospettiva di miliardi di persone infettate da un coronavirus dal tasso di mortalità stimato attorno all’1% (un dato, in realtà ancora incerto, in quanto il tasso di mortalità tra i casi in ospedale è più alto) , abbiamo potuto osservare l’efficacia dell’emergere dell’immunità di gregge in altri, recenti focolai.

Il coronavirus è nuovo, nessuno di noi vi è immune e la sua diffusione non ha freni. Perchè l’immunità di gregge possa prender piede, il sistema immunitario delle persone guarite, carico di anticorpi in grado di sconfiggere l’infezione, deve rivelarsi capace di proteggerle da ricadute.

Le persone guarite dal Covid-19 sono circa 80.000 ed è probabile che siano ora immuni ad esso, per quanto non si conosca il grado di immunità sviluppato. “Sarei sorpreso, anche se non completamente, se i pazienti guariti non si rivelassero immuni”, afferma Myron Levine, esperto di malattie infettive dell’Università del Maryland. Alcuni virus stagionali, come quello l’influenza, evolvono così costantemente da non permettere lo sviluppo di una completa immunità.

A che punto si sviluppa l’immunità?
Il momento in cui si consegue l’immunità di gregge è matematicamente correlato alla capacità di diffusione del germe, espressa dal suo numero di riproduzione di base, o R0. L’R0 del coronavirus si aggira tra 2 e 2,5: in assenza di misure per contenere il contagio, ogni persona infetta lo trasmette a circa altre due.

Immaginiamo quindi la moltiplicazione di casi di coronavirus in una popolazione indifesa: da 1, a 2, 4, 8, 16 e così via. Se metà di queste persone fossero immuni, metà delle infezioni non si verificherebbero mai, dimezzando così la velocità di diffusione del virus. Tutt’a un tratto, l’infezione si propaga di una persona alla volta: 1, 1, 1, 1. L’epidemia è soppressa quando il tasso di infezione è inferiore a 1.

Più il virus è contagioso, più persone immuni servono per ottenere l’immunità di gregge. Nel caso di un virus dal R0 di 3, ad esempio, deve essere immune almeno il 66% della popolazione prima di poterne usufruire. Che si tratti del 50% o del 60% o dell’80%, queste cifre implicano l’infezione di miliardi di persone e milioni di morti in tutto il mondo. Un rallentamento della pandemia apre la possibilità che si riescano a sviluppare nuovi trattamenti o vaccini.

Secondo i più recenti modelli epidemiologici sviluppati nel Regno Unito, è necessaria un’azione aggressiva di “soppressione” del virus, che parta dall’isolamento dei soggetti infetti, dalla riduzione dei contatti sociali almeno del 75% e dalla chiusura delle scuole. Si tratta di misure dall’alto costo economico che potrebbero durare mesi.

“Sopprimere la trasmissione significa non sviluppare l’immunità di gregge”, spiega Azra Ghani, la principale epidemiologa dell’Imperial College di Londra. Il prezzo del successo è “ridurre a tal puntò l’infezione da dover mantenere attive le misure di contenimento per un periodo più lungo.”

(lo)

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