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Quest’anno le missioni nello spazio alla ricerca di materiale da riportare sulla Terra saranno particolarmente frequenti. Primo obiettivo: Marte.

di Neel V. Patel

Osservare le rocce spaziali da lontano va benissimo, ma a volte è necessario vederle da vicino.Le più grandi domande nella scienza spaziale – come si è formato il sistema solare, come è arrivata la vita sulla Terra e se c’è mai stata vita su altri mondi vicini – possono davvero essere risolte solo con lo studio diretto dei materiali di quei mondi. E questo significa prendere un campione per studiarlo nei laboratori a Terra perché, dice Tanja Bosak, esperta di geobiologia del MIT, “i campioni ci aiutano a testare e convalidare i nostri modelli di funzionamento dell’universo”.

Il 2020 si è rivelato un anno importante per le missioni di ritorno con campioni spaziali. La missione OSIRIS-REx della NASA è atterrata con successo sull’asteroide Bennu e ha raccolto una quantità, anche eccessiva, di materiale da riportare sulla Terra. Inizierà il viaggio di ritorno a maggio. A dicembre, la missione giapponese Hayabusa2 ha riportato campioni dell’asteroide Ryugu. Sempre nello stesso mese, la Cina ha acquisito il primo lotto di rocce lunari in oltre 45 anni. 

Le missioni più ardite che prevedono il riporto di campioni sul nostro pianeta devono ancora arrivare. Tra poche settimane il Perseverance Rover, lanciato lo scorso anno, atterrerà su Marte per esplorare il paesaggio alla ricerca di prove di vita antica (o presente) e perforerà il terreno prelevando campioni da portare indietro. Si prevede che la Cina riporterà sulla Terra altre rocce lunari nel 2023 con Chang’e 6. La Russia farà lo stesso con Luna 28 nel 2027. Sia la Russia che la Cina dovrebbero tentare missioni simili su Marte prima della fine del decennio. 

La missione giapponese Martian Moons Exploration (MMX), lanciata nel 2024, visiterà la luna marziana Phobos con l’intenzione di raccogliere materiale dalla superficie e riportarlo sulla Terra nel 2029. La Cina sta pensando di fare la stessa cosa sul pianeta nano Cerere. E il possibile rilevamento di fosfina nell’atmosfera di Venere (che è ancora da confermare) ha indotto scienziati e ingegneri a prendere in considerazione una potenziale missione sul pianeta giallo.

Cosa rende possibile questa età dell’oro per le missioni di ritorno dei campioni spaziali? I lanci sono più economici, per esempio, così come l’hardware utilizzato per costruire sonde e lander. Strumenti come gli spettrometri, che possono identificare la presenza di diversi elementi e composti, sono più piccoli e più resistenti e consumano molta meno energia. La  tecnologia autonoma  utilizzata per muoversi in ambienti sconosciuti è migliorata enormemente: OSIRIS-REx in particolare ha beneficiato del fatto che il sistema di tracciamento delle caratteristiche naturali (NFT) a bordo forniva una mappatura in tempo reale della superficie  per mantenere la sonda al sicuro dai pericolosi massi di Bennu. NFT è pronto per aiutare le future missioni robotiche a svolgersi senza intoppi e in sicurezza, per il ritorno dei campioni o altro. 

Gli ingegneri stanno anche presentando nuove idee su come raccogliere e archiviare effettivamente questi campioni. Il kit di perforazione di Perseverance per raccogliere nuclei di roccia intatti dal terreno è già in via di superamento. OSIRIS-REx ha inventato un sistema di raccolta “touch and go” simile a un pogo stick che ha utilizzato l’aria compressa sulla superficie di Bennu per sollevare e raccogliere il materiale sollevato in un contenitore. Haybausa2 ha letteralmente sparato proiettili a Ryugu. MMX utilizzerà semplici sistemi pneumatici per raccogliere materiale sabbioso da Phobos. 

Per una missione su Venere, gli scienziati hanno preso in considerazione un veicolo spaziale in grado di immergersi nell’atmosfera e imbottigliare del gasLe tecnologie criogeniche  consentiranno una migliore conservazione di materiali volatili extraterrestri o di elementi congelati che possono essere vaporizzati. Fondamentalmente, ogni mondo ha un ambiente unico e una serie di circostanze che determinano l’approccio migliore per la raccolta dei campioni e le nostre tecnologie sono ragionevolmente in grado di mettere a punto metodi di campionamento che una volta sembravano fuori portata. 

Queste sono indagini che si possono eseguire solo con le apparecchiature di laboratorio qui sulla Terra. Supponiamo di aver trovato prove della presenza di DNA su Marte. Perseverance non ha modo di sequenziarlo, e per ora non è possibile che una sonda marziana possa essere equipaggiata con l’attrezzatura necessaria per farlo. Se volessimo studiare campioni di roccia per comprendere la storia del campo magnetico di Marte, un rover non ha la capacità di eseguire questo tipo di test. 

Dalla teoria alla pratica

“Si tratta di fare un calcolo di costi e ricavi”, afferma Richard Binzel, astronomo del MIT e co-investigatore di OSIRIS-REx. Alcune destinazioni come la Luna e Marte sono sempre state in prima linea nelle menti degli scienziati planetari, soprattutto perché volevamo capire la storia della presenza dell’acqua su entrambi i corpi spaziali. Ma in altri casi, è difficile giustificare una missione impegnativa con la raccolta di campioni. 

Secondo Binzel, i risultati che si possono ottenere dallo studio dei campioni sono relativi alle domande sulle origini del sistema solare e sulle componenti chimiche che hanno portato alla vita sulla Terra. “Quanto tempo indietro possiamo andare e ricostruire fin dall’inizio cosa è successo sul nostro pianeta?” si chiede Binzel. “Stiamo parlando di sostanze volatili che significano ghiaccio d’acqua, o azoto, anidride carbonica, ammoniaca, idrogeno, metano, anidride solforosa: gli ingredienti per la vita. Se non siamo in grado di raccogliere sostanze volatili, nessuna missione di ritorno di campioni sarà giustificabile”.

Una volta selezionato il target, gli ingegneri subentrano per capire come raccogliere al meglio il campione e riportarlo indietro. A quel punto, gli scienziati devono sperare che il materiale di ritorno sia adatto per lo studio. I guadagni possono essere enormi. Tra il 1969 e il 1972, gli astronauti dell’Apollo riportarono 380 kg di rocce lunari. Oltre 50 anni dopo, gli scienziati le stanno ancora studiando e pubblicando articoli con nuove ipotesi. “Stiamo rianalizzando, rimisurando e utilizzando tecniche di nuova concezione per esaminare i campioni e porre nuove domande”, afferma Bosak.

Il fatto che questi campioni possano essere tramandati di generazione in generazione, permettendo ai futuri scienziati di utilizzare nuove tecnologie per restringere le loro indagini e perseguire domande a cui nessuno aveva ancora pensato, significa che si tratta di un obiettivo che vale la pena perseguire. Quando Perseverance discenderà su Marte e visiterà il cratere Jezero questo mese, raccoglierà materiale che gli scienziati sulla Terra studieranno per decenni, forse centinaia di anni.

(rp)