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Ricercatori australiani hanno mappato la posizione degli impianti per le energie rinnovabili costruiti in aree di rilevanza ambientale al fine di valutarne l’impatto sugli habitat naturali di tutto il mondo. 

di Lisa Ovi

Una squadra di ricerca della University of Queensland, in Australia, ha pubblicato su Global Change Biology una mappa di più di 2200 impianti solari, eolici e idroelettrici costruiti in aree selvagge, aree protette e aree chiave per la biodiversità globale. José Rehbein, autore principale dello studio, ha definito allarmanti i risultati. 

Le strutture per la produzione di energia rinnovabile, con il seguito di nuove strade e abitazioni che accompagna tipicamente un aumento della presenza umana, possono essere incredibilmente dannose per l’ambiente naturale e sono in netto contrasto ad ogni tentativo di preservare la biodiversità

Oltre a identificarne più di 2200 strutture esistenti, i ricercatori ne hanno individuate almeno 900 in prossima costruzione. La maggior parte di questi impianti per l’energia rinnovabile nell’Europa occidentale e nelle nazioni sviluppate sono posizionati in aree dalla ricca biodiversità. 

Un passaggio veloce alle energie rinnovabili è cruciale per la riduzione delle emissioni di anidride carbonica alla base dei catastrofici cambiamenti climatici e delle estinzioni di massa con cui la società umana sta cominciando a fare i conti. Come spiega il dott. James Allan, dell’Università di Amsterdam, è necessario, però, che lo sviluppo dei nuovi impianti prenda in considerazione la necessità di preservare la biodiversità, se ci si vuole assicurare una reale sostenibilità delle nuove fonti di energia. 

I ricercatori esortano governi, industrie e organizzazioni di sviluppo a evitare di costruire strutture per l’energia rinnovabile in aree protette, in particolare in Asia e Africa, dove c’è ancora tempo di evitare gli stessi errori.

Foto: Pxhere