L’energia che viene dal mare è ancora un enorme potenziale. La sfida di Eni è quella di sfruttare questa capacità ampliando così il campo delle rinnovabili.
di Paola Arpino
Una energia prorompente quella del mare, che ha sempre generato timore e fascino.
Le onde, forza motrice degli oceani: da soli, ricoprono di circa il 70% la superficie terrestre. Un bacino di energia distribuito su tutto il globo, la più grande fonte di energia rinnovabile al mondo che, se sfruttata con tecnologie appropriate, riuscirebbe a soddisfare gran parte del fabbisogno elettrico della popolazione dell’intero pianeta. Una sfida, questa, che Eni ha accolto a braccia aperte, facendo leva sulla ricerca e innovazione tecnologica e portando avanti diverse iniziative intraprese insieme ad altri attori protagonisti nel settore dell’energia marina.
Lo scorso gennaio, Eni ha rinnovato la propria collaborazione con il Politecnico di Torino, siglando un nuovo protocollo d’intesa per la realizzazione accademica e di ricerca e sviluppo di nuove tecnologie, per sfruttare l’energia del mare, su cui l’istituto vanta un’esperienza decennale.
Nel nuovo Protocollo tra Eni e il Politecnico di Torino c’è una novità: la creazione di “MarEnergy”, un Centro di Ricerca costituito da risorse interne del Politecnico che verranno integrate da figure professionali all’interno di Eni. A supporto del Centro, Eni e PoliTO hanno istituito una cattedra specifica sul tema ”Energia dal Mare”, la prima in Italia in ambito accademico che, oltre ad assicurare la formazione tecnica e scientifica dei futuri professionisti dell’energia marina, permetterà un’ulteriore accelerazione del trasferimento industriale delle tecnologie.
Il raggiungimento di questi obiettivi sarà facilitato dall’utilizzo di HPC5: il supercomputer di Eni. Grazie infatti allo straordinario numero di modelli matematici avanzati che la macchina è in grado di elaborare contemporaneamente, Eni e il Politecnico di Torino potranno portare avanti molto più velocemente le ricerche sull’applicazione industriale di energia rinnovabile dal moto ondoso. L’HPC5, nel caso specifico, consentirà l’ottenimento di informazioni complesse sul comportamento delle onde marine e sulle condizioni meteo-marine, consentendo di disegnare modelli diversi in funzione delle specifiche condizioni locali rilevate.
In linea con il nuovo piano di sviluppo tecnologico e coerentemente con il processo di decarbonizzazione intrapreso da Eni, lo sfruttamento dell’energia marina si colloca tra le principali priorità del gruppo che, oltre al moto ondoso, coinvolgerà anche altre fonti come l’eolico offshore, correnti oceaniche, maree, il gradiente salino e termico.
Tra i progetti nati dall’alleanza tra Eni e il Politecnico di Torino, c’è ISWEC (Inertial Sea Wave Energy Converter), il primo impianto sperimentale al mondo di generazione elettrica ibrida da moto ondoso e fotovoltaico in piattaforma, messo in funzione già da marzo 2019 nell’offshore di Ravenna. Nel corso dell’anno, è prevista un’ulteriore implementazione di questa tecnologia.
La nuova versione di ISWEC sarà un full-scale da 23 m di larghezza per 19 m di lunghezza, design ottimizzato attraverso la macchina virtuale “ISWEC Open Sea” elaborata su HPC5 selezionata sulla base di oltre 23.000 differenti “design”, in grado di produrre energia elettrica sia dalle onde tramite la tecnologia giroscopica che da solare tramite il fotovoltaico installato sulla coperta. Il sistema sarà collegato elettricamente alla piattaforma Prezioso al largo di Gela, per alimentarla con energia rinnovabile.
Il progetto è in linea con lo sviluppo sostenibile in corso del territorio. L’obiettivo nei prossimi anni è l’impiego di questa tecnologia su altri siti italiani, soprattutto in prossimità delle isole minori, dove è prevista la realizzazione di impianti di taglia industriale che forniranno energia rinnovabile.
Oltre a ISWEC, il Politecnico di Torino ha in cantiere con Eni altri progetti che riguardano la realizzazione di un reattore per la bio-fissazione algale di CO2, uno studio sulla fattibilità e disegno concettuale di un modulo superconducting magnetic energy storage (SMES) basato su boruro di magnesio (MgB2), lo sviluppo di un nuovo prototipo di Caliper Smart Pig CaSP per l’ispezione di pipelines e quello di un “riser” flessibile per la produzione in materiale composito da usare in acque profonde.
Quello dell’energia marina è un settore definito a livello europeo “emergente” in quanto contribuirebbe all’ampliamento dei campi pertinenti all’energia rinnovabile e alla diminuzione delle emissioni di gas, obiettivo primario dall’ingente cambiamento climatico e “target” di numerose aziende che, in ambito industriale, incrementano la produzione di CO2.
Lo sfruttamento della cosiddetta “blue energy”, costituirebbe anche una grande opportunità per la creazione di nuove professionalità e per una crescita economica globale.
Per facilitare l’espansione di questo mercato, l’Ocean Energy Forum, ha disegnato una roadmap strategica pubblicata dalla Commissione Europea il 12 ottobre 2016, che identifica i punti salienti di un percorso che le aziende leader europee nel settore dell’energia oceanica possono perseguire, sviluppando tecnologie in grado di soddisfare una quantità significativa della domanda di energia dell’Europa nei prossimi 35 anni.
Dopo numerosi e intensivi test avviati presso il laboratorio oceanico di Boulougne-sur-Mer, dell’Ifremer, l’Istituto nazionale francese per lo sfruttamento delle risorse marine, è nata Windcity, primo prototipo di turbina intelligente. L’obiettivo era quello di perfezionare questo tipo di turbina, capace di produrre energia elettrica, attraverso il moto naturale delle onde, ma soprattutto senza la necessità dell’intervento umano. Il prototipo, che nasce dalla collaborazione tra Seed Money, il progetto europeo Marinet 2, il Consiglio Nazionale delle Ricerche e l’Università di Pisa, promette una vera e propria rivoluzione “circolare” visto che la sua finalità è quella del recupero delle acque di scarico industriali, di canali e costiere.
“La ricerca e lo sviluppo necessari per sfruttare queste risorse stanno ora prendendo piede all’interno di una comunità di ricerca blu europea che sta fornendo spunti e tecnologie per andare avanti attraverso un intero spettro di sfide” è la dichiarazione di Andreea Strachinescu, Capo Unità, Direzione Generale Affari Marittimi e Pesca, Commissione Europea, dove in un articolo a sua firma, espone sul tema il proprio pensiero.
All’interno dell’articolo, Strachinescu rivolge un appello all’ “innovazione aziendale, nei settori dell’energia offshore, dell’acquacoltura, delle biotecnologie, dei servizi dati, delle attività sui fondali marini facendo riferimento alle conoscenze acquisite nella ricerca”. E continua dicendo “Dobbiamo unire il tutto. Le sfide sono simili e le lezioni apprese in un settore possono essere applicate in altri. La robotica subacquea, i materiali leggeri e i rivestimenti anti-biofouling stanno riducendo i costi e aumentando l’affidabilità degli impianti offshore sia per le energie rinnovabili che per il trasporto marittimo”.
La scommessa è sulle aziende che forniranno servizi nel processo di transizione energetica e che, attraverso l’innovazione necessaria, realizzeranno la promessa dell’oceano.
(lo)