Il ministro della salute del Regno Unito rivela accidentalmente i difetti nei punteggi di rischio poligenico

Da una intenzione benevola è scaturita una grossolana figuraccia che mette in gioco la credibilità e l’utilità di una nuova tipologia di esame basato sul DNA.

di Antonio Regalado

Il Regno Unito è pioniere nell’utilizzo di grandi database per la formulazione del punteggio di rischio poligenico, una sorta di stima della probabilità di sviluppare una particolare malattia.

Nel tentativo di promuovere l’iniziativa, il ministro della salute del Regno Unito ha ottenuto l’esito opposto: invece di giustificare i test, ha inavvertitamente mostrato le ragioni per cui potrebbero essere una perdita di tempo e denaro.

Il test: Nel suo discorso alla Royal Academy, Matt Hancock, il segretario di stato per la salute e l’assistenza sanitaria, ha descritto l’esito di una nuova tipologia di analisi genetica effettuata dalla Genomics PLC, una spinout della Oxford University, attraverso la quale sarebbe possibile calcolare una stima del rischio di contrarre 16 malattie comuni.

In un video promozionale diffuso in rete, Hancock ha confidato di correre un rischio superiore alla media di contrarre il cancro alla prostata. “Il mio rischio entro l’età di 75 anni è quasi del 15%”, dice con tono preoccupato. Il ministro avrebbe così fissato un appuntamento con un medico specialista per effettuare ulteriori test del sangue.

“La verità è che la genomica potrebbe avermi salvato la vita”, aggiunge nel video.

Eppure no: Tutti gli uomini corrono un rischio piuttosto elevato di contrarre il cancro alla prostata, e la percentuale di rischio di Hancock era appena il 50% superiore alla media. Secondo lo stesso National Health Service di cui è supervisore, non vi è particolare motivo di effettuare visite mediche addizionali quando, come lo stesso Hancock, si hanno appena 40 anni.

“Come conseguenza di questo suo fraintendimento, il ministro Hancock si è ansiato senza motivo ed ha trascorso parecchio tempo a effettuare test medici”, spiega a Independent il professor David Curtis del Genetics Institute dello University College London, accusandolo di “un sorprendente livello di ignoranza”.

Come funziona: Le malattie comuni non dipendono da un singolo gene, ma da molti. Recentemente, gli scienziati hanno imparato ad associare a piccoli effetti genetici un punteggio complessivo. Per alcune persone con un rischio estremamente elevato, questi punteggi potrebbero segnalare potenziali problemi da tenere sotto controllo.

La maggior parte delle persone rientra nella media, per cui questi punteggi non hanno alcuna importanza per loro. Siccome è tanto semplice ottenere una valutazione partendo da un semplice esame del DNA, le società sono interessate a fornirlo anche in assenza di prove che ne dimostrino l’utilità clinica.

Questo mese 23andMe ha cominciato a comunicare ai suoi clienti il loro rischio di sviluppare il diabete di tipo 2. Laddove i sostenitori ritengono che i consumatori siano in grado di comprendere le probabilità di rischio ed abbiano diritto di accedere ai dati contenuti nel loro DNA, l’odissea di Hancock, il ministro della salute del Regno Unito, ci dimostra il caso contrario.

(MO)

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