Un nuovo studio sull’intensificazione delle tempeste invernali nell’emisfero australe impone una revisione delle previsioni attuali dei modelli sulla variabilità del clima. E non in meglio
MIT Technology Review Italia
Finora, i modelli climatici hanno dato largo spazio al ruolo giocato dalle tempeste invernali nel riscaldamento dei poli. I risultati di queste accurate analisi vengono analizzati dai principali istituti di ricerca in tutto il mondo, incluso il Weizmann Institute of Science, e quindi incorporati nel rapporto di valutazione del Gruppo intergovernativo di esperti sui cambiamenti climatici (IPCC) delle Nazioni Unite.
Un nuovo studio, pubblicato su “Nature Climate Change”, condotto da un team di scienziati sotto la guida di Rei Chemke dell’Earth and Planetary Sciences Department Dipartimento del Weizmann ha rivelato un fenomeno per molti aspetti preoccupante: l’intensificazione delle tempeste invernali soprattutto nell’emisfero australe negli ultimi decenni ha già raggiunto i livelli previsti per l’anno 2080.
“Una tempesta invernale”, spiega Chemke, “è un fenomeno meteorologico che dura solo pochi giorni. Preso singolarmente, il peso climatico di ogni tempesta è vicino allo zero. Tuttavia, l’effetto a lungo termine diventa evidente quando si valutano i dati cumulativi raccolti su lunghi periodi di tempo in quanto nel loro insieme queste tempeste influenzano il trasferimento di calore, l’umidità e la quantità di moto all’interno dell’atmosfera, con conseguenze sulle varie zone climatiche terrestri”.
“Un esempio di questi stretta interrelazione è il loro ruolo nella regolazione della temperatura ai poli della Terra”, continua Chemke. “Le tempeste invernali sono responsabili del passaggio di calore dalle regioni tropicali ai poli. Senza il loro contributo, le temperature medie dei poli sarebbero di circa 30 °C in meno”.
Nel suo laboratorio al Weizmann Institute, Chemke ricerca i meccanismi fisici alla base del cambiamento climatico su larga scala. In particolare, si è chiesto se questi cambiamenti nei modelli climatici siano causati da fattori esterni, per esempio l’attività umana, o si possano considerare il risultato delle fluttuazioni interne del sistema climatico globale. L’analisi dei modelli climatici ha dimostrato che negli ultimi 20 anni le cause interne non riescono a spiegare la velocità del cambiamento.
Inoltre, i ricercatori hanno scoperto il processo fisico dietro questa progressiva intensificazione delle tempeste. Un’analisi del tasso di crescita ha mostrato che i cambiamenti nelle correnti a getto atmosferici negli ultimi decenni hanno causato queste escalation e la carenza degli attuali modelli climatici nel riflettere questi cambiamenti in modo accurato.
Lo studio di Chemke e colleghi ha due implicazioni immediate e considerevoli. In primo luogo, mostra che non solo le proiezioni climatiche per i prossimi decenni dovrebbero essere più severe delle precedenti valutazioni, ma indica anche che l’attività umana potrebbe avere un impatto maggiore sull’emisfero australe di quanto stimato in precedenza. Ciò significa che in primo luogo è necessario un intervento rapido e deciso per fermare i danni climatici in questa regione. In secondo luogo, si impone una correzione della distorsione nei modelli climatici.
Gli scienziati del clima hanno il compito di definire con maggiore precisione l’entità del danno che si prevede provocherà il cambiamento climatico e richiamare i responsabili politici ad assumersi la responsabilità del futuro del pianeta. Il sistema dei modelli climatici non è in discussione. Finora ha svolto un ruolo essenziale nel contribuire ad anticipare una lunga serie di fenomeni importanti. “Il nostro vuole essere un contributo a proseguire in questa direzione. I modelli hanno fatto un ottimo lavoro nel prevedere quasi tutti i parametri”, afferma Chemke. “I cambiamenti di temperatura, precipitazioni, ghiaccio marino e temporali estivi , per esempio, sono tutti simulati accuratamente”.
Image by 0fjd125gk87 from Pixabay
(rp)