I social media possono combattere l’infodemia legata al coronavirus

Con milioni di persone bloccate a casa, Facebook e Twitter sono le principali fonti di notizie sul COVID-19, ma rappresentano anche i luoghi in cui prospera la disinformazione. Come uscire da questo stallo?

di Joan Donovan

Durante il fine settimana, una serie di voci che circolavano in Massachusetts indicavano che il governatore stava preparando una ordinanza per “rimanere a casa”. I cittadini in preda al panico hanno acquistato tutte le riserve di carta igienica, prodotti per la pulizia, pasta e burro di arachidi nei negozi di alimentari, nelle stazioni di servizio e nei supermercati.

Mentre eventi come la festa di San Patrizio e la maratona di Boston sono stati cancellati e i bar e i luoghi di ritrovo chiusi, il governatore ha risposto a queste voci: “Le notizie devono provenire da fonti istituzionali, non dall’amico dell’amico del loro amico”.

Da dove sono arrivate queste voci? Un blog di un noto teorico della cospirazione stava facendo il giro dei social media, facendo leva sui ricordi degli abitanti dell’attentato alla maratona di Boston.

Nel mezzo di una crisi così seria, i social media sono più importanti che mai. Con le “quarantene” in atto, Facebook, Twitter e altri servizi stanno assumendo una valenza completamente nuova come base per le nostre vite quotidiane: un canale cruciale tra famiglie, amici e colleghi, nonché una forma di “intrattenimento” importante per l’equilibrio personale.

Man mano che aumenta il nostro isolamento fisico, i social media e il web dovranno anche assumersi le responsabilità di informare poiché sempre più persone cercano aggiornamenti tempestivi. Ma l’Organizzazione mondiale della sanità teme che nel combattere la pandemia del COVID-19, si debba allo stesso tempo combattere l‘infodemia, vale a dire “una sovrabbondanza di informazioni, alcune accurate e altre no, che rendono difficile per le persone trovare fonti affidabili nel momento della necessità.

In una conferenza stampa tenuta il fine settimana, il governatore Baker ha ricordato agli ascoltatori che TV e giornali sono i modi più affidabili per ottenere informazioni e ha messo in guardia dal fare affidamento sui social media.

Senza strategie ponderate per prevenire la diffusione di informazioni errate, molte cose potrebbero andare storte. Le piattaforme di social media continuano ad essere vulnerabili alla disinformazione in tempi di confusione e crisi. Quando si è preda dello scoramento, abbondano le opportunità per i manipolatori dei media di speculare sul caos e la paura.

Nuove regole per vecchi strumenti

Ci troviamo davanti a un paradosso. La stessa infrastruttura tecnologica che perpetua l’infodemia è creata da piattaforme che traggono profitto dalla continua diffusione di informazioni. Ma contemporaneamente sono anche gli unici strumenti di comunicazione che possiamo usare per combattere la disinformazione. Il problema è che le piattaforme sono condizionate da influenze politiche.

Non solo i residenti statunitensi sono alla ricerca di informazioni su COVID-19, ma si trovano anche nel mezzo di un ciclo elettorale e si stanno preparando per il censimento nazionale che viene fatto una volta ogni dieci anni. Questa situazione ha portato ad alcune decisioni insolite, come quella della Louisiana di rinviare le primarie democratiche. La confusione sulle primarie, soprattutto dopo l’esito del voto nello Iowa, ha già portato a voci di cospirazioni su Twitter.

L’eventuale notizia di un rinvio intenzionale potrebbe peggiorare la situazione. Inoltre, Facebook ha rimosso gli annunci pubblicitari dopo che democratici e attivisti hanno criticato un annuncio del comitato per la rielezione di Trump che chiedeva di partecipare il prima possibile al Censimento del 2020 per raccogliere, secondo i democratici, dati sulle tendenze politiche dei cittadini.

Nel frattempo, i neri americani continuano a essere presi di mira da campagne di disinformazione con conseguenze potenzialmente letali. Proprio questa settimana, la CNN ha studiato l’influenza russa su un’operazione in cui gli africani si presentano come neri americani su Twitter, Facebook e Instagram nel tentativo di aumentare i follower e catturare l’attenzione su questioni legate alla divisione razziale.

Un altro caso di disinformazione ha riguardato la salute: una serie di voci false sul fatto che i neri erano immuni al COVID-19 circolavano su piattaforme contemporaneamente a celebrità nere che pubblicavano un video sulla cospirazione legata al coronavirus.

Valutare l’impatto della disinformazione è complicato e, una volta politicizzato, può a seconda dei casi essere sopravvalutato o minimizzato. Tuttavia, come hanno appreso le aziende di social media, non intervenire su questi abusi sulle loro piattaforme può comportare serie conseguenze. Inoltre, il distanziamento sociale renderà sicuramente più difficile combattere l’infodemia, specialmente quando i contatti con chi abbiamo accanto verranno meno.

Come si può affrontare l’infodemia?

Le aziende di social media devono ordinare, classificare e dare priorità alle informazioni vere e affidabili ora più che mai. Alcune aziende web come Pinterest, per esempio, hanno già introdotto intestazioni e collegamenti nelle loro home page con informazioni su COVID-19.

Ma la disinformazione non è solo un problema di contenuto, ma anche di trasmissione. In situazioni disperate, i funzionari del governo possono attivare sistemi di allarme di emergenza attraverso telefoni cellulari, TV via cavo e radio per raggiungere il pubblico. Oggi, tuttavia, non esistono protocolli di emergenza di questo tipo per i social media. Mentre l’OMS combatte l’infodemia di coronavirus, come fa il pubblico a capire quali sono le informazioni critiche?

I sistemi di emergenza dovrebbero includere le aziende di piattaforme sociali, in modo che sia possibile la trasmissione delle informazioni essenziali. Esistono diversi modi per raggiungere questo obiettivo, ma riutilizzare l’infrastruttura pubblicitaria online per garantire agli utenti informazioni locali, tempestive e affidabili è solo un modo in cui le aziende di social media possono affrontare questa sfida.

Le piattaforma rappresentano anche una “finestra” unica sulle situazioni locali e potrebbero contribuire a far emergere le esigenze delle comunità e aiutare le fasce più deboli della popolazione.

È importante sottolineare che non esiste un sistema di diffusione della comunicazione perfetto, il che significa che dobbiamo cercare il contributo di tutte le fonti informative per inviare messaggi chiari al pubblico in modo che non ci sia spazio per chi diffonde disinformazione.

La nostra democrazia – e le nostre vite – dipendono da essa.

Joan Donovan è direttore del progetto di ricerca sulla tecnologia e il cambiamento sociale presso lo Shorenstein Center di Harvard Kennedy.

Immagine: Science Photo Library / GETTY

(rp)

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