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Nellwyn Thomas, la responsabile della tecnologia per i Democratici, parla dei cambiamenti che stanno caratterizzando le elezioni americane e dei possibili sviluppi futuri.

di Tate Ryan-Mosley

Nellwyn Thomas si è fatta le ossa come esperta di tecnologie nella campagna elettorale di Hillary Clinton nel 2016. Al di fuori della politica, si è occupata di business intelligence e data science per Etsy e Facebook prima di diventare chief technology officer del Comitato nazionale democratico nel maggio del 2019. 

I Democratici sono stati il primo partito a portare i big data in politica, ma sono stati oggetto di serie critiche per uno stack tecnologico carente che potrebbe aver contribuito alla perdita della Clinton nel 2016. Thomas sarà al centro della scena politica nelle prossime settimane e nelle successive elezioni. 

I tentativi di tornare alla parità con i repubblicani sembrano dare i loro frutti. Qualche giorno fa, i documenti della Commissione elettorale federale hanno mostrato che la campagna di Biden ha una disponibilità di contanti superiore a quella di Trump, il che può essere attribuito in parte al miglioramento della tecnologia. 

Grazie a questi progressi e a un nuovo sistema per la condivisione delle informazioni sugli elettori, chiamato Democratic Data Exchange, i Democratici sono in grado di rintracciare chi ha già votato e smettere di contattare quelle persone, risparmiando alla campagna di Biden molti soldi, in questo passaggio critico. 

La scorsa settimana ho parlato con Thomas della sua strategia, del suo team, dei suoi piani per il futuro e di cosa farà il 4 novembre.

Cosa significa essere il CTO del Comitato Nazionale Democratico?

E’ un lavoro fenomenale. Mi piace pensare che quanto stiamo facendo aiuterà il paese a risollevarsi, i sindaci a vincere le gare nelle piccole città e i cittadini a vivere meglio. 

Qual è la sua giornata tipo?

In questo momento, ci stiamo occupando della sicurezza e dei test di carico. Abbiamo tre sistemi principali ai quali va tutta la nostra attenzione. Uno sta elaborando i dati sul voto anticipato e sul voto non in presenza che arrivano da tutti gli stati per assicurarsi che i comitati elettorali ottengano informazioni accurate su chi ha già votato, in modo da poter escludere quelle persone dai loro universi di contatto e rielaborare la strategia. 

Il secondo è iwillvote.com, che è il principale polo informativo per gli elettori nell’ecosistema democratico. L’abbiamo voluto e lo manteniamo. Il nostro obiettivo è raggiungere un milione di contatti con flywillvote.com su Twitter, come potrebbe già essere accaduta lo scorso fine settimana. 

Infine abbiamo LBJ, un software di protezione degli elettori che viene utilizzato molto durante le elezioni. Il sistema serve a tenere traccia degli episodi di limitazione del diritto di voto degli elettori e di azioni contro di loro. 

Quante persone lavorano nel suo team e come siete organizzati?

Siamo in 65, divisi in quattro gruppi principali. Un team di sviluppo prodotto, composto da product manager, ingegneri, data scientist e data analyst che lavorano sulla nostra strumentazione e infrastruttura. Un team per la sicurezza che si concentra sui nostri sistemi e sulle indicazioni da fornire agli altri. Un team per la disinformazione che si concentra sul monitoraggio, l’individuazione e la lotta alle notizie false. Infine abbiamo un team di community davvero fenomenale, che è fondamentalmente il servizio clienti per tutti i nostri utenti. In generale, non siamo noi a definire la strategia di contatto degli elettori, ma il nostro compito è fornire strumenti e risorse, quindi è un momento molto impegnativo per noi.

Come affrontate il problema dei dati e in che modo influisce sul vostro progetto a lungo termine?

Nel 2008 e poi nel 2012, si è assistito a un’enorme innovazione nell’uso dei dati e della tecnologia. Ma quello che è successo tra il 2012 e il 2016 è stata l’atrofia di gran parte di quel lavoro perché il Comitato Nazionale Democratico non è stato coinvolto e non c’era continuità in termini di controllo o sistemi operativi. E così, nel 2016, ci siamo ritrovati a utilizzare un data warehouse che era praticamente allo stremo. Ciò era indicativo, credo, della scarsità di investimenti generali in dati e tecnologia. 

Ci sono molte cose che accadono dietro le quinte apparentemente banali, ma davvero importanti, come mantenere aggiornamenti regolari dei file degli elettori, pulire i dati e lavorare sulla qualità dei dati. Tom Perez, il presidente del Comitato, ha fatto dell’investimento costante nell’infrastruttura di dati e tecnologia uno dei quattro principi chiave della piattaforma e ci lavoriamo dal 2017. 

Abbiamo aggiornato il data warehouse e l’abbiamo trasferito su Google Cloud Platform. Abbiamo effettuato enormi investimenti nella qualità dei dati dietro le quinte e acquisito 65 milioni di numeri di cellulari nel 2020 (e altri 40 o 50 milioni nel 2018 e 2019.

Pensa che ci sia una differenza etica tra il modo in cui Democratici e Repubblicani gestiscono i loro stack tecnologici?

Sono dell’idea che abbiamo visto molte pratiche non etiche da parte dei repubblicani su come stanno sfruttando le informazioni e come bombardano gli elettori con informazioni false o imprecise. Questo non è direttamente connesso al modo in cui architettano il loro stack di dati di per sé, quindi non saprei dirle. Da quello che posso vedere, che è il modo in cui effettivamente distribuiscono le risorse che stanno raccogliendo – i loro messaggi, il loro targeting per gli elettori, il loro uso dei social media – trovo profondamente preoccupante che continuino a minare le norme e le pratiche democratiche nel modo in cui parlano agli elettori (Gli attivisti repubblicani sono stati accusati di utilizzare i dati per limitare il voto di neri e ispanici, e per diffondere disinformazione).

Dal nostro punto di vista, crediamo fermamente che tutti i dati in nostro possesso debbano essere utilizzati per concedere diritti alle persone, per fornire a più persone informazioni su come votare, dove votare, quando votare, per chi votare, per dare il potere di scegliere in base alla propria conoscenza del candidato e alle proprie preferenze. Sembra, invece, che da parte repubblicana, si cerchi di privare le persone del diritto di voto, e questo mi sembra altamente immorale e antidemocratico. 

Una grande sfida per la gestione delle campagne elettorali è ripartire da zero ogni due o quattro anni. Come sta pianificando il futuro del suo team?

Una delle sfide più grandi è uscire dalla ciclicità elettorale. I punti fermi per non rimanere prigionieri del meccanismo sono due: evitare di ricostruire la macchina elettorale ogni due anni e non ripercorrere la stessa strada. Il mio obiettivo è continuare a guidare il team tecnico del Comitato e poter guardare avanti fino alle scadenze del 2022 e del 2024. 

Ora possiamo contare su una base molto solida. Penso che Exchange (il Democratic Data Exchange, il centro di smistamento del partito per le informazioni che possono essere utilizzate nelle campagne elettorali] sia assolutamente parte di questa visione. Come possiamo avere un’infrastruttura che non sia effimera, che tragga vantaggio dall’esperienza e dalla conoscenza istituzionale? Vanno mantenute le persone che conoscono i sistemi e gli ecosistemi. Nessun’altra azienda tecnologica finanzierebbe e cambierebbe il proprio team ogni due anni. Non sarebbe un modo per gestire un’efficace piattaforma infrastrutturale a lungo termine. 

L’obiettivo è avere una piattaforma stabile con l’introduzione progressiva di innovazioni sperimentali. Così si possono favorire cambiamenti importanti, ovvero come ridefinire il linguaggio che si utilizza con gli elettori, e si modificano i sistemi di persuasione. 

Cosa farete il 4 novembre? 

Io andrò in ospedale per far nascere il mio bambino.  Il mio obiettivo per la squadra, invece, è che riposi. Probabilmente dovremo lavorare molto per i riconteggi per qualsiasi elezione, e poi per l’off boarding e i trasferimenti di asset. Dovremo raccogliere tutti i dati validi per la documentazione che ci servirà a pianificare per il 2022 e il 2024. Abbiamo programmato sessioni future per decidere ciò che vogliamo costruire tra due, quattro, 10 anni a partire da oggi. 

Foto: Ms Tech / Photo