Finalmente un accordo per liberarci dai rifiuti di plastica

In una recente riunione dell’assemblea delle Nazioni Unite per l’ambiente, ministri e rappresentanti di 173 paesi hanno istituito un comitato intergovernativo con il mandato di mettere a punto, entro il 2024, un accordo internazionale che metta fine all’inquinamento dovuto alle sostanze plastiche 

di MIT Technology Review Italia

Si prevede che il flusso di plastica che galleggia negli oceani raddoppierà entro il 2040. Per prevenire questo tsunami di rifiuti difficili da decomporre, alla riunione dell’UNEA,  il massimo organo decisionale internazionale in tema di questioni ambientali, gli esperti hanno proposto un trattato globale che potrebbe obbligare tutte le nazioni a ridurre la quantità di plastica che producono ed emettono nell’ambiente.

A Nairobi nei giorni scorsi si sono dibattuti numerosi problemi. Quello che ha avuto la maggior attenzione dei mass media e su cui ha maggiormente lavorato l’Unea 5riguarda l’inquinamento ambientale provocato dalla plastica: ogni anno, infatti, nel mondo si producono 400 milioni di tonnellate di nuova plastica.

L’accordo multilaterale che si è arrivati a definire è altrettanto significativo di quello sulla lotta ai cambiamenti climatici di Parigi del 2015. L’incertezza nasce però, secondo Steve Fletcher, professore di politica ed economia oceanica dell’Università di Portsmouth e consulente del Programma ambientale delle Nazioni Unite sulla plastica, dalla mancanza di chiarezza sugli elementi giuridicamente vincolanti, nel senso che non è stato stabilito quando e come i paesi dovranno eliminare completamente l’inquinamento da plastica.

Come nell’accordo di Parigi, gli aspetti finanziari sono stati un importante punto di contesa. La risoluzione menziona un meccanismo per indirizzare denaro verso i paesi dei paesi più poveri in modo che possano permettersi di attuare l’accordo. Ciò potrebbe migliorare la raccolta dei rifiuti, costruire impianti di riciclaggio o eliminare la combustione all’aperto della plastica. 

Come riportato da “The Conversation”, il trattato mira in primo luogo a impedire che la plastica diventi inquinamento stabilendo regole per eliminare l’uso di plastica non necessaria, che potrebbe includere misure per ridurre gli imballaggi di plastica eccessivi, tra le altre cose, e sostituirli con alternative più sostenibili

Si tratta di un obiettivo più ambizioso di quanto alcuni osservatori avessero previsto all’inizio della recente riunione dell’UNEA, poiché alcuni temevano che la portata del trattato si limitasse a migliorare la gestione dei rifiuti di plastica, per esempio attraverso un sistema più avanzato di raccolta e cernita.

I paesi hanno diversi sistemi di gestione dei rifiuti, quindi è probabile che l’accordo richieda a ciascuno di produrre il proprio piano d’azione nazionale per mostrare come intende raggiungere gli obiettivi dell’accordo, sebbene lo status giuridico di questi piani non emerga in modo netto dalla risoluzione. Sono anche previste campagne pubbliche per ridurre l’inquinamento da plastica, sostegno alla ricerca scientifica e opportunità per condividere le conoscenze tra i paesi. 

Uno dei problemi è come si arriverà ad attuare questo trattato. Già in passato altri accordi ambientali multilaterali non sono riusciti a raggiungere i loro obiettivi a causa della scarsa capacità di renderli applicabili. È probabile che l’accordo sulla plasticavenga considerato all’interno del sistema legale delle Nazioni Unite e chi lo viola sia soggetto a sanzioni legali e finanziarie, anche se l’azione disciplinare sarà usata con parsimonia.

Il rispetto del trattato richiederà un cambiamento fondamentale nel modo in cui la plastica viene prodotta, utilizzata e smaltita. L’obiettivo finale sarà il passaggio da un sistema lineare, in cui la plastica viene prodotta, utilizzata e poi gettata, a un sistema circolare in cui la plastica diventa una risorsa preziosa che ha senso conservare.

Ciò metterà alla prova gli interessi acquisiti dei produttori di plastica, in particolare quelli dell’industria petrolifera e del gas in quanto la maggior parte della plastica deriva da combustibili fossili, e richiederà importanti innovazioni nella scienza dei materiali, nella progettazione dei prodotti, nella chimica verde, nella gestione dei rifiuti e del riciclaggio, nell’etichettatura dei prodotti e, non ultimo, un cambiamento nel comportamento pubblico. Ogni paese deve affrontare circostanze e sfide uniche, ma l’accordo globale dovrebbe fornire un quadro in grado di supportare questa transizione.

Negli ultimi 30 anni, le disposizioni del protocollo di Montreal del 1989 sono riuscite a ridurre il buco nello strato di ozono. Il successo del protocollo, in genere, viene attribuito agli obiettivi nazionali di riduzione progressiva della produzione e dell’uso di sostanze dannose per l’ozono nei frigoriferi e negli aerosol. Questo approccio strutturato potrebbe essere un modello utile per ridurre la produzione di plastica nel tempo.

Un modello alternativo è l’accordo di Parigi del 2015, che richiede ai paesi di specificare i propri contributi determinati a livello nazionale alla riduzione delle emissioni totali di gas serra, in linea con l’obiettivo di limitare l’aumento della temperatura media globale a non più di 2°C (e idealmente, 1,5 °C) al di sopra dei livelli preindustriali. Questo approccio ha avuto un successo limitato, come ha dimostrato la COP26. Pochi paesi hanno adottato azioni in linea con l’obiettivo globale.

Probabilmente, se non si prevederanno azioni prescrittive, simili a quelle previste dal protocollo di Montreal, sarà difficile a livello globale affrontare la crisi della plastica e raggiungere gli obiettivi previsti.

(rp)

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