Energia e colore: molecole fluorescenti per un fotovoltaico trasparente

Sfruttando il fenomeno della riflessione totale interna, un impianto utilizzato come laboratorio a cielo aperto per testare la tecnologia dei concentratori solari luminescenti ospita 192 prototipi di LSC.

Nel Novembre del 2012, eni ha inaugurato la prima pensilina fotovoltaica costruita utilizzando pannelli trasparenti colorati sviluppati dalla propria divisione di ricerca. L’impianto, utilizzato come laboratorio a cielo aperto per testare la nuova tecnologia, ospita 192 prototipi di concentratori solari luminescenti (LSC) destinati alla ricarica di biciclette elettriche.

I concentratori solari luminescenti sono lastre trasparenti, in vetro o plastica, al cui interno vengono disperse sostanze fotoattive. Si tratta in generale di molecole organiche fluorescenti, composti organo-metallici, nanocristalli semiconduttori (quantum dots). Parte della radiazione solare incidente sulla lastra viene assorbita dai composti al suo interno e riemessa a energia diversa, operando un “cambiamento di colore”.

Sfruttando il fenomeno della riflessione totale interna, lo stesso principio su cui si basano le fibre ottiche, la radiazione emessa è in gran parte intrappolata all’interno della lastra e guidata verso i suoi bordi, dove viene concentrata su piccole celle fotovoltaiche convenzionali per essere trasformata in energia elettrica. Concepiti per la prima volta circa quaranta anni fa, ad oggi gli LSC non sono ancora un prodotto commerciale. I principali ostacoli alla loro diffusione sino ad ora sono stati la limitata efficienza e la scarsa stabilità in condizioni atmosferiche.

Michael Debije, ingegnere chimico presso l’Università Tecnica di Eindhoven nei Paesi Bassi, si occupa da circa sei anni di ricerca in questo settore. Il suo gruppo ha sviluppato concentratori solari luminescenti a base di coloranti organici, in una combinazione tra prodotti commerciali e brevettati. I pannelli, accoppiati a celle al silicio monocristallino, saranno a breve testati in un mini-impianto pilota adibito a barriera acustica autostradale. Il progetto, finanziato sia da enti pubblici sia da privati, prevede l’installazione di un singolo pannello di dimensioni 4×6 metri, di colore rosso, e con un’efficienza prevista di poco oltre il 4%.

Nel numero del 19 Marzo di Nature, Debije analizza in dettaglio gli attuali limiti di questa tecnologia. In particolare, sottolinea come “le perdite di autoassorbimento, insignificanti in campioni di piccole dimensioni, rappresentino la principale limitazione all’efficienza in dispositivi su scala commerciale”. In Italia, la ricerca LSC di Eni, avvalendosi del contributo di diversi gruppi universitari e aziende, ha ora raggiunto la maturazione necessaria per lo scale-up industriale. Il progetto, condotto dal Centro Ricerche eni per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente di Novara, ha consentito, a sette anni dal debutto, di realizzare concentratori solari ad alta efficienza in una vasta gamma di colori.

Disponibili dal giallo, al rosso, o al grigio fumo quando utilizzati in combinazione, i composti fotoattivi impiegati sono protetti da circa trenta brevetti. Si tratta di molecole organiche caratterizzate da un basso coefficiente di autoassorbimento e da una grande stabilità rispetto ai processi fotoossidativi responsabili della loro degradazione. Qualità che auspicabilmente consentiranno di valorizzare commercialmente la tecnologia. Realizzati in materiale polimerico ad elevata resistenza meccanica e qualità ottica, questi dispositivi possono essere assemblati come pannelli con intelaiatura in vetro-resina oppure inseriti in vetrocamera. Il progetto di sviluppo, prevede la partecipazione del Politecnico di Milano per l’ingegnerizzazione del dispositivo con l’obiettivo di una sua successiva industrializzazione.

Rispetto ai fotovoltaici tradizionali, gli LSC, pur essendo energeticamente meno efficienti a parità di superficie, sono trasparenti e assorbono efficacemente sia la radiazione diretta sia quella diffusa. Queste caratteristiche li rendono particolarmente adatti ad essere inclusi in pareti verticali o vetrate in opere di riqualificazione degli edifici. Tutto ciò si inserisce nel quadro, tutt’altro che incoraggiante, dei nostri attuali consumi: nei Paesi dell’Unione, gli edifici incidono per il 40% sul consumo energetico complessivo e per il 70% relativamente al solo consumo di elettricità. La direttiva 2010/31/EU del Parlamento Europeo e del Consiglio dell’Unione Europea promuove il miglioramento delle prestazioni energetiche edilizie, stabilendo che entro il 2020 tutti gli edifici di nuova costruzione siano ad “energia quasi zero”.

In questo contesto, gli LSC hanno un potenziale di larga diffusione nel “building-integrated photovoltaics“, promuovendo applicazioni quali involucri edilizi, finestrature, lucernari, barriere, pensiline, serre agricole. E il colore? “Anziché essere considerato un limite, va piuttosto visto come una variabile complementare”, sostiene Giovanni Scudo, architetto e docente al Politecnico di Milano, collaboratore di Eni al progetto.

“Il colore, spesso utilizzato in architettura come puro elemento estetico, acquista negli LSC una nuova capacità espressiva associata alla sua funzione energetica”, commenta Scudo. Rappresenta, insomma, la possibilità di individuare un linguaggio energetico, un’estetica del sostenibile e di diventare elemento parlante del nostro ambiente costruito.

(MO)

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