Condividere i dati sui social per ridurre i suicidi tra gli adolescenti

L’ultimo rapporto del Royal College of Psychiatrists sostiene che le aziende dei social media dovrebbero essere costrette a rendere pubblici i dati sui loro utenti e su come usano i loro prodotti per favorire interventi volti a ridurre i tassi di suicidio e autolesionismo tra i giovani.

di Charlotte Jee

L’organizzazione degli psichiatri, la più rappresentativa del Regno Unito, ha invitato il governo a costringere Twitter, Facebook e Instagram a consegnare agli accademici i dati sul tipo di materiale che gli utenti stanno visualizzando e sul tempo che trascorrono sulle piattaforme.

Come sostiene il rapporto, anche se la maggior parte dei bambini e dei giovani è in grado di fare uso della tecnologia senza contraccolpi negativi, alcuni potrebbero cadere in logiche compulsive e accusare potenziali danni. Il Royal College ha affermato che tutti i dati condivisi sarebbero resi anonimi (anche se questa garanzia sembra più difficile da assicurare).

Il governo del Regno Unito sta istituendo un sistema di sicurezza online e gli psichiatri affermano che questo organismo dovrebbe avere il potere di costringere le aziende a consegnare i dati. Hanno anche suggerito che questa ricerca potrebbe essere pagata estendendo alle transazioni internazionali un’eventuale “tassa sui servizi digitali” del 2 per cento alle società tecnologiche nel Regno Unito.

Ma si tratta di una buona iniziativa? Indubbiamente, sarebbe utile se i ricercatori fossero in grado di farsi un’idea più precisa di quale collegamento ci possa essere tra lo scorrimento di post dannosi sui social media e l’autolesionismo o persino il suicidio tra i giovani. In ogni caso, è improbabile che le aziende tecnologiche accettino di condividere questi dati. Non sono incentivate a farlo e potrebbero esporsi anche a rischi perchè i singoli utenti potrebbero potenzialmente essere riconosciuti o le persone potrebbero scegliere di intraprendere azioni legali a seguito dei risultati.

Quasi due anni fa, una coppia di investitori di Apple ha scritto una lettera aperta all’azienda chiedendole di fare di più per proteggere i bambini dagli effetti apparentemente dannosi della tecnologia digitale. Da allora non è cambiato molto. Vale inoltre la pena di ricordare che ci sono ancora poche prove di un legame causale tra disturbi mentali e tempo passato davanti allo schermo dai bambini. E’ possibile che i bambini più depressi e ansiosi scelgano di trascorrere più tempo sui loro smartphone, piuttosto che sui telefoni, aumentando la loro ansia e senso di depressione.

(rp)

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