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Dopo aver perso miliardi di dollari nel tentativo di aggiudicarsi una fetta del mercato cinese, il pioniere delle app per i trasporti privati investe importanti risorse nello sviluppo tecnologico.

di Nanette Byrnes

A quanto pare, Uber ha preso una saggia decisione. La società ha posto fine al suo costosissimo esperimento di marketing in Cina vendendo Uber China alla rivale locale Didi Chuxing. In cambio della sua resa, Uber può finalmente smettere di sprecare miliardi in incentivi verso i suoi conducenti e passeggeri in Cina, conservare una discreta fetta delle azioni delle due società combinate, e il suo CEO, Travis Kalanick, dovrebbe addirittura entrare a far parte del consiglio d’amministrazione.

È mai possibile che la Cina sia un mercato talmente arduo da penetrare per una società esterna al punto tale da costringere persino Google a desistere? O forse l’esperienza di Uber in Cina mette in mostra una più grave debolezza nella tecnologia e nel business model della società?

Anthony Tan, CEO di Grab, una rivale di Uber nel sudest asiatico, si è affrettato a dichiarare che questa mossa confermava la seconda ipotesi. In una email ai dipendenti, ottenuta da TechCrunch, Tan sostiene che l’accordo stretto in Cina è la dimostrazione che “quando il campione locale mantiene le proprie convinzioni e le proprie forze, può prevalere sul rivale”. Uber, scrive Tan, “ha perso una volta, e noi lo batteremo una seconda volta”.

In Cina, Uber ha faticato a conquistare la fedeltà dei clienti o dei conducenti. Dopo anni di sconti ai passeggeri e incentivi ai conducenti, entrambi i gruppi si sono abituati a riconoscere nel prezzo il solo ed unico fattore importante. La possibilità di lasciare un feedback sulla qualità del conducente o del passeggero, e sviluppare una classifica di entrambe le categorie, si sono rivelati aspetti meno influenti rispetto a una corsa più economica.

La questione è problematica, visto che clienti e utenti possono facilmente iscriversi a molteplici servizi e passare dall’uno all’altro. Il professore della Harvard Business School, Matthew Rhodes-Kropf, prevede che presto assisteremo alla nascita di una Expedia per le app dei trasporti attraverso la quale il prezzo diventerà un fattore comparativo.

“Il business di base riguarda i beni di prima necessità”, dice Rhodes-Kropf.

L’idea del vantaggio di chi parte per primo, ragion per cui Uber si è impegnata a espandere rapidamente la propria copertura per diventare un numero uno su scala mondiale e cogliere i benefici dovuti alle proporzioni, ha guidato gli investimenti della società sin dall’inizio. Con la comparsa di rivali di successo quali Didi Chuxing, Grab e l’indiana Ola, però, l’industria è diventata sempre più frammentata e locale.

Persino negli Stati Uniti non si è ancora assistito alla massiccia adozione dei servizi di trasporto privato su richiesta. Appena il 15 percento degli americani utilizza app simili, e questi utenti sono concentrati prevalentemente nelle aree urbane.

Libera dai costi del mercato cinese, Uber potrebbe riuscire a concentrarsi sulla costruzione di un maggiore vantaggio tecnologico. La società è interessata alla guida autonoma ed ha recentemente annunciato che avrebbe investito $500 milioni in un progetto per la mappatura del globo.

Il tentativo di ottenere un vantaggio tecnologico potrebbe rivelarsi una scelta più intelligente rispetto a quella di offrire sconti ai clienti cinesi. Prima di sapere il risultato, però, dovremo aspettare qualche anno.

(MO)