Skip to main content

Cos’è, da dove viene, come attacca e come si combatte.

di Neel V. Patel e Antonio Regalado

Cos’è?
Un virione di SARS-CoV-2 (una singola particella virale) ha un diametro di circa 80 nanometri. Il patogeno è un membro della famiglia dei coronavirus, che comprende i virus responsabili delle infezioni da SARS e MERS. Ogni virione è una sfera di proteine che protegge una sfera di RNA, il codice genetico del virus. È coperto da sporgenze appuntite, che sono a loro volta avvolte da uno strato di grasso (motivo per cui il sapone riesce a distruggere il virus).

Da dove viene?
Il Covid-19, come SARS, MERS, AIDS ed Ebola, è una malattia zoonotica, passata agli umani da un’altra specie animale. Il salto di specie è probabilmente avvenuto alla fine del 2019 a Wuhan, in Cina. Gli scienziati ritengono che i pipistrelli siano la più probabile specie d’origine del virus; Il parente più stretto del virus SARS-CoV-2 è un virus di pipistrello con cui condivide il 96% del genoma. Potrebbe essere saltato dai pipistrelli ai pangolini, una specie in via di estinzione a volte consumata come prelibatezza culinaria, e dai pangolini agli umani.

Come penetra le cellule umane?
Le punte proteiche del virus agganciano una proteina sulla superficie delle cellule chiamata ACE2. Normalmente, l’ACE2 svolge un ruolo nella regolazione della pressione sanguigna. Quando il coronavirus si lega ad una di queste proteine, provoca cambiamenti chimici che fondono le membrane attorno alla cellula e il virus, consentendo all’RNA del virus di penetrare nella cellula.

All’interno della cellula, il virus ne dirotta il meccanismo di produzione delle proteine per far produrre al suo RNA nuove copie del virus. In poche ore, una singola cellula può essere costretta a produrre decine di migliaia di nuovi virioni, che quindi infettano altre cellule sane.

Parti dell’RNA del virus codificano anche proteine che rimangono nella cellula ospite. Sono note le funzioni di tre di queste proteine. Una impedisce alla cellula ospite di allertare il sistema immunitario. Un’altra incoraggia la cellula ospite a rilasciare i virioni appena creati. La terza aiuta il virus a resistere all’immunità innata della cellula ospite.

Come reagisce il sistema immunitario?
Come nel caso della maggior parte delle infezioni virali, il corpo inizia a combattere il virus aumentando la temperatura del corpo, mentre i globuli bianchi danno la caccia all’infezione: alcuni ingeriscono e distruggono le cellule infette, altri creano anticorpi che impediscono ai virioni di infettare le cellule ospiti e altri ancora producono sostanze chimiche tossiche per le cellule infette.

Non tutti i sistemi immunitari reagiscono allo stesso modo. Come nel caso dell’influenza o del comune raffreddore, guarire dal covid-19 è più semplice se colpisce solo il tratto respiratorio superiore, sopra le corde vocali. Se l’infezione riesce a scendere più in basso, può portare a complicazioni come la bronchite o la polmonite. I pazienti senza un passato di malattie respiratorie presentano spesso solo sintomi lievi, ma non mancano segnalazioni di infezioni gravi in ​​persone giovani e sane, nonché di infezioni lievi in ​​persone teoricamente vulnerabili.

Se il virus riesce ad infettare le vie aeree inferiori (come avviene con la SARS), crea scompiglio nei polmoni, rendendo difficile la respirazione. Qualunque fattore indebolisca il sistema immunitario, come il consumo eccessivo di alcolici o pasti ed ore di sonno irregolari, può portare ad un livello d’infezione più grave.

Come si ammalano i pazienti?
L’infezione è una competizione tra il virus e il sistema immunitario. Il risultato della lotta dipende dal punto di partenza: più mite è la dose iniziale, maggiori sono le possibilità del sistema immunitario di superare l’infezione prima che il virus riesca a moltiplicarsi senza controllo. La relazione tra i sintomi e il numero di virioni nel corpo, tuttavia, è ancora poco chiara.

Quando il danno ai polmoni è sufficientemente grave, questi non saranno più in grado di ossigenare correttamente il resto del corpo, portando alla necessità di mettere il paziente su di un ventilatore. Secondo le stime, è il caso del 3-17% percento di tutti i pazienti affetti da covid-19. Le infezioni secondarie che sfruttano il sistema immunitario indebolito sono un’altra delle principali cause di morte.

A volte è la risposta stessa del corpo a provocare i danni maggiori. La febbre ha lo scopo di cuocere a morte il virus, ma a lungo andare provoca anche il degrado delle proteine ​​del corpo. Inoltre, il sistema immunitario crea piccole proteine ​​chiamate citochine capaci di ostacolare la replicazione del virus. Se prodotte in eccesso, ne nasce quella che viene chiamata tempesta di citochine, da cui può originare un’iper infiammazione letale.

Come agiscono terapie e vaccini?
Esiste circa una mezza dozzina di vaccini base, composti da virus uccisi, virus indeboliti e parti di virus o proteine ​​virali. Lo scopo di ciascuno è esporre il corpo ai componenti del virus perchè le cellule del sangue specializzate possano imparare a riconoscerle e produrre anticorpi da innescare nel caso di una vera infezione.

In passato è stato difficile produrre rapidamente vaccini per nuove malattie zoonotiche. È un processo che ha storicamente richiesto numerosi tentativi ed errori. Un nuovo approccio adottato dalla Moderna Pharmaceuticals, responsabile dell’avvio di uno dei recenti studi clinici a caccia del vaccino, è quello di copiare il materiale genetico di un virus e aggiungerlo a nanoparticelle artificiali. La procedura consente di creare un vaccino basato esclusivamente sulla sequenza genetica piuttosto che sul virus stesso. L’idea non è nuova, ma non è chiaro se tali vaccini RNA siano abbastanza potenti da provocare una risposta adeguata del sistema immunitario. Gli studi clinici avviati daranno la risposta a queste domande, una volta dimostrato che il vaccino proposto non è tossico.

Altri trattamenti antivirali usano varie tattiche per rallentare la diffusione del virus, anche se non è ancora chiaro quanto siano efficaci. La clorochina e l’idrossiclorochina, tipicamente utilizzate per combattere la malaria, inibiscono probabilmente il rilascio dell’RNA virale nelle cellule ospiti. Il Favipiravir, un farmaco giapponese, sembra impedire che i virus replichino il proprio genoma. Una terapia combinata di lopinavir e ritonavir, trattamento comune per l’HIV che ha avuto successo contro la MERS, impedisce alle cellule di creare proteine ​​virali. Alcuni credono che la proteina ACE2 su cui si attacca il coronavirus possa essere presa di mira con farmaci contro l’ipertensione.

Un altro approccio promettente prevede l’utilizzo del siero ottenuto dal sangue di persone guarite dal virus, quindi carico di anticorpi, come farmaco. È possibile che sia in grado di conferire una sorta di immunità temporanea agli operatori sanitari o aiutare a combattere la diffusione del virus nelle persone infette. Questo approccio ha funzionato contro altre malattie virali in passato, ma non è chiaro quanto sia efficace contro SARS-CoV-2.

(lo)