Beni culturali, gli antichi reperti sono a rischio. A causa del riscaldamento globale

Oltre a minacciare la biodiversità, i sistemi alimentari e la salute umana, il cambiamento climatico sta facendo un’altra vittima: i reperti delle civiltà antiche

di MIT Technology Review Italia

Nel Regno Unito, le piogge insolitamente abbondanti stanno erodendo strati di torba protettiva al punto da danneggiare i reperti archeologici conservati in questi ecosistemi. Come riportato da “The Conservation”, alcuni dei migliori siti di interesse archeologico sono ospitati da questo tipo di terreno, naturalmente ricco di acidità e povero di ossigeno. Le sue caratteristiche implicano una capacità di conservare molto bene legno, pelle e tessuti, poiché i microrganismi che di solito causano la decomposizione di questi materiali non possono prosperare.

La torba ha permesso di avere accesso a una serie di testimonianze storiche: dalle tracce neolitiche che segnavano gli spostamenti dei nostri antenati tra gli insediamenti nel Somerset, all’Uomo di Lindow, una classica mummia da palude ritrovata dopo quasi 2000 anni nel Cheshire, con capelli e barba ancora visibili. 

Ma nel Regno unito il cambiamento climatico sta comportando estati sempre più calde e inverni più umidi, con precipitazioni locali senza precedenti. Un esempio eclatante di quanto sta accadendo è costituito da Magna, il sito di un antico forte romano nel Northumberland. La costruzione, risalente all’80 d.C, si trova sul punto più alto della Whin Sill Ridge e ricopriva per i soldati romani un importante ruolo strategico.

Per studiarlo, gli archeologi hanno scavato pozzi e inserito dispositivi chiamati piezometri per raccogliere dati sui livelli e sulla temperatura delle acque sotterranee. Stanno anche inviando campioni di torba a un laboratorio per le analisi chimiche e microbiologiche al fine di stabilire come sta cambiando l’ambiente locale e quali effetti ciò potrebbe avere sul degrado archeologico.

Un altro forte romano a poche miglia a est di Magna, Vindolanda, ha fornito alcuni dei reperti più significativi della Britannia romana. Qui, gli archeologi hanno scoperto le prime prove della scrittura a mano di una donna (Claudia Severa che scrive per invitare la sua amica Sulpicia Lepidina alla sua prossima festa di compleanno), i guantoni da boxe più antichi del mondo risalenti al 120 d.C. circa e la più grande collezione romana di scarpe in pelle mai trovata, composta da ben 7.000 articoli.

Le torbiere coprono circa il 3 per cento della superficie terrestre del mondo, ma sono uno dei suoi migliori depositi naturali di carbonio, contenendo il doppio del carbonio di tutte le foreste del mondo. In Inghilterra e Irlanda del Nord, le torbiere costituiscono il 10-12 per cento di tutta la terra, mentre in Scozia la copertura arriva al 20 per cento. Storicamente, questi paesaggi sono stati drenati per l’uso in agricoltura, con la torba essiccata per bruciare come combustibile: rilasciando enormi quantità di carbonio nell’atmosfera.

L’essicazione delle torbiere ha contribuito ancor più a questo processo, trasformandole in fonti di carbonio. In pratica, invece di assorbirlo, lo emettono nell’ambiente. In tutta Europa, negli ultimi 50 anni sono andati persi circa 100.000 km² di torbiera. Gran parte di ciò che rimane è di scarsa qualità. Nel Regno Unito, solo un quinto delle torbiere può essere descritto come “quasi incontaminato”.

Il drenaggio, il taglio e l’agricoltura che hanno danneggiato questi ecosistemi hanno causato eguali danni ai reperti archeologici sepolti al loro interno. L’anno scorso, una sessione della conferenza delle Nazioni Unite sul clima COP26 è stata dedicata a sottolineare l’importanza della protezione delle torbiere. Poiché questo ecosistema è sempre più a rischio di cambiamento, o di scomparsa, a causa di minacce dirette e indirette, è importante che il patrimonio sia valorizzato e difeso prima di andare perso per sempre.

(rp)

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