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Nell’ambivalenza delle concezioni antiche e moderne della cometa si coglie l’importanza non solo scientifica e tecnologica, ma anche culturale di una impresa come quella di Rosetta.

di Gian Piero Jacobelli

L’icona che contraddistingue tutti gli interventi dedicati alla spedizione spaziale di Rosetta che nel prossimo novembre raggiungerà la cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko, vuole segnalare, accanto ai tanti motivi d’interesse scientifico e tecnologico, un ulteriore motivo d’interesse artistico e culturale, che conferma l’importanza di una impresa lunga e difficile, con cui l’Europa torna a assumere un ruolo di rilievo nella esplorazione dello spazio.

Questo ulteriore interesse appare evidente quando si riconosce nella icona stessa un particolare della bellissima Natività che Giotto affrescò nella Cappella degli Scrovegni a Padova, come scena centrale del ciclo cristologico che prende le mosse dalla vita di Gioacchino e Anna, i genitori di Maria, per proseguire con episodi mariani e concludersi con la vita e la morte di Gesù. Fino ad allora (l’affresco di Giotto risale ai primissimi anni del Trecento) la stella di Betlemme, nelle scene della Natività, era sempre stata rappresentata in una forma specificamente stellare, secondo il testo di riferimento, nel Vangelo di Matteo, l’unico dei quattro evangelisti che ricorda esplicitamente il segno astrale.

A quale fenomeno astronomico facesse riferimento questo testo evangelico è difficile dire. Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi di una supernova, cioè di una esplosione stellare particolarmente luminosa, anche se non si può escludere almeno dal punto di vista astronomico l’ipotesi di una cometa: anzi, per maggiore precisione, proprio di quella cometa che milletrecento anni dopo avrebbe indotto Giotto a trasformare in maniera così significativa la iconografia tradizionale. Si tratta della celebre cometa di Halley, che sembra sia stata visibile nell’anno 12 a.C., come si evince dalle testimonianze del tempo, sia in Occidente, sia in Oriente.

Perché Giotto dipinse una cometa?

Anche nel caso di Giotto, la sua così innovativa rappresentazione, oltre a rispondere al realismo estetico definito appunto come giottesco, potrebbe derivare dalla diretta visione della cometa di Halley, che nel suo millenario migrare nel sistema solare, tornò visibile nel 1301. Per altro, non fu l’unica cometa a venire registrata in quell’anno, tra Natale ed Epifania: scrive lo storico Giovanni Villani, in Nuova Cronica, che «nel detto anno, nel mese di settembre, apparve in cielo una stella commata con grandi raggi di fummo dietro, apparendo la sera di verso il ponente, e durò infino al gennaio».

L’accenno di Villani ci consente di cogliere l’ambivalenza insita nelle concezioni antiche e moderne della cometa. Se, da un lato, Giotto, opera con la cometa una sorta di storicizzazione del racconto sacro (ma alcuni sottolineano piuttosto le implicazioni apocalittiche della scelta di rappresentare una cometa invece di una stella per annunciare la nascita di Cristo), dall’altro lato Villani ripropone quell’evento astronomico in una chiave astrologica, che sembra caratterizzare la cometa in quanto evento inconsueto e catastrofico: «De la quale i savi astrolagi dissono grandi significazioni di futuri pericoli e danni a la provincia d’Italia, e a la città di Firenze». Villani si riferisce alla discesa di Carlo di Valois a Firenze nell’anno in cui Dante si recava a Roma da Papa Bonifacio VIII, per non fare più ritorno a Firenze e anche Dante, nella Divina Commedia, accenna al fenomeno, che nel Convivio spiega secondo il sapere del tempo.

A parte le troppo facili previsioni a posteriori, a riproporsi di tempo in tempo è l’idea che la cometa, oltre a parlarci di sé, di cosa sia fatta, di dove provenga, ci parli anche di qualcosa d’altro, che ieri si presupponeva stare in avanti, nel futuro, mentre oggi si cerca indietro, nel passato.

Perché le comete non fanno più paura?

Perché questo cruciale passaggio avesse luogo ci sono voluti quattro secoli di tormentose riflessioni, filosofiche e scientifiche, una profonda rivoluzione culturale e un temperamento caustico come quello di Pierre Bayle, autorevole storico e filosofo francese che, alla fine del Seicento, per sottolineare quanto e come il pensiero del mondo e dell’uomo fosse cambiato, nel suo Dictionnaire Historique et critique, si mise a dare i voti ai filosofi antichi e moderni (moderni per lui, ovviamente), stigmatizzando soprattutto quelli che pretendevano di avere trovato la montaliana “formula che il mondo possa aprirti”.

Negli stessi anni (1682) Bayle scrisse anche i due volumi dei Pensées Diverses sur la Comète, che dall’apparizione dell’ennesima cometa traevano spunto per criticare ogni tipo di pregiudizio, in particolare quello che «le comete, che ci inviano luce, possono benissimo inviarci qualche altra cosa». Elencando le frequenti apparizioni delle comete dal Duecento al suo tempo, ironizzava, con accenti da mediologo, che se le comete fossero segni, si tratterebbe di segni troppo frequenti, che «perdono la loro efficacia, perché ci si fa l’abitudine».

Può darsi che anche alle immagini che ci perverranno da Rosetta finiremo per fare l’abitudine. Ma resta il fatto che Rosetta ha davvero tante cose da dirci: sul passato del cosmo, che potrebbe avere lasciato tracce ancora percepibili nel corpo della cometa; sul passato della vita, che alcuni pensano possa essere venuta da fuori, come molte altre cose che contano davvero.

Proprio queste aspettative filologiche e filosofiche, animate cioè dall’amore per il pensiero e per il sapere, hanno ispirato i padri di Rosetta, che, nel battezzarla, si sono rifatti alla preziosa Stele di Rosetta, la nera lastra conservata al British Museum, che, grazie alle iscrizioni in lingue diverse, consentì a Jean-François Champollion di decifrare i geroglifici egiziani.

In quale lingua ci racconterà la nuova Rosetta i misteri della cometa 67P/Churyumov-Gerasimenko? Non dovrebbero esserci dubbi: in quella “lingua matematica” in cui, secondo Galilei, è scritto il libro della natura e che è servita a disegnare le intricate e interminabili orbite di Rosetta tra il Sole e i suoi pianeti. Perciò è lecito sperare che questa volta la cometa, invece di preoccupare chi non sapeva cosa fosse e quali sventure potesse comportare, venga a confortare il nostro desiderio di saperne di più, proprio perché anche noi non possiamo e non vogliamo sottrarci al fascino del cielo stellato.