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Per ridurre drasticamente le emissioni di gas serra, la maggior parte di noi dovrà probabilmente diventare vegana.

di James Temple

Un’indagine pubblicata lo scorso mese dal World Resources Institute (WRI) ha evidenziato che non c’è una grande differenza, in termini di riduzione delle emissioni di gas serra, tra il taglio di circa metà della carne rossa – in particolare bovini, capre e pecore – nella dieta media americana e l’opzione vegetariana.

Una dieta vegetariana standard non sostituisce tutta la carne con le verdure. Al contrario, fa molto affidamento su prodotti lattiero-caseari, uova e altri prodotti di origine animale che richiedono consumo del suolo e producono molte emissioni, afferma Tim Searchinger, un membro anziano del WRI e autore del rapporto (la scelta vegana produrrebbe effetti molto più marcati, ma il rapporto non includeva tale analisi).

Si tratta di una buona notizia per chi vuole cambiare la dieta per salvaguardare l’ambiente, ma abbia difficoltà a tagliare del tutto bistecche e hamburger.

In effetti, si può ridurre significativamente il contributo delle diete alimentari al riscaldamento globale – circa il 15 per delle emissioni per uso domestico degli Stati Uniti – senza mangiare meno carne. Sostituire il 43 per cento della carne rossa con carne di maiale e pollo ridurrebbe le emissioni di circa il 18 per cento.

Le Nazioni Unite hanno presentato un documento molto chiaro sull’importanza di queste scelte. Un rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) su cambiamenti climatici e sfruttamento della terra mette in luce che il mondo ha bisogno di rivedere il modo in cui produce cibo e gestisce la terra per frenare il riscaldamento globale e alimentare una popolazione in crescita su un pianeta sempre più instabile.

Il rapporto rileva che l’agricoltura, la silvicoltura e altri cambiamenti nel consumo del suolo rappresentano il 23 per cento delle emissioni mondiali di gas serra. Le modifiche nelle diete possono invertire la direzione. 

La riduzione di consumo a livello mondiale di “alimenti ad alta intensità di emissioni come la carne di manzo” potrebbe ridurre da 0,7 a 8 miliardi di tonnellate di gas serra all’anno. 

Il grafico mostra il calo nell’uso dei terreni agricoli e delle emissioni di gas serra con una riduzione dell’assunzione di carne. WRI

L’ipotesi più favorevole, vale a dire l’opzione vegana, parla di una riduzione di quasi un quinto di tutte le emissioni legate ai combustibili fossili. Secondo il rapporto, un cambiamento di dieta radicale potrebbe anche liberare milioni di chilometri quadrati.

Ma il semplice taglio della maggior parte della carne rossa può fare una grande differenza, perché proviene dai ruminanti, compresi bovini, ovini e caprini, che producono una quota importante di gas serra. 

Il documento del WRI spiega che i ruminanti sono “di gran lunga l’alimento più dispendioso in termini di risorse”, in quanto generano 20 volte più emissioni di gas serra per grammo di proteine rispetto ai legumi, tra cui ceci, lenticchie e fagioli, e 4-6 volte più dei latticini.

Nella dieta media degli Stati Uniti a partire dal 2010, la carne bovina ha contribuito al 3 per cento delle calorie, ma ha rappresentato il 43 per cento del consumo di suolo e quasi la metà delle emissioni prodotte dalla produzione alimentare. In termini scientifici, si tratta di un bilancio disastroso.

Uno dei motivi è la grande quantità di terra necessaria per alimentare questi animali, sia che pascolino liberamente o si trovino in luoghi appositamente predisposti.

Tagliare, bruciare, ripulire o drenare foreste, torbiere e altre terre a questo scopo rilascia grandi quantità di carbonio intrappolato negli alberi, nelle piante e nel suolo.

Ma l’altro grande fattore è che i mammiferi con stomaci a camere multiple emettono nei rutti e nel letame enormi quantità di metano, uno dei gas serra più potenti, che intrappola circa 84 volte più calore del biossido di carbonio durante i suoi primi due decenni nell’atmosfera.

Ma tagliare i consumi di carne rossa non è semplice.

Le emissioni di gas serra legate alla produzione dei diversi alimenti. WRI

Mangiare carne è strettamente legato alle tradizioni culturali, alle aspettative sociali e alle percezioni di valore e ricchezza. Man mano che le nazioni diventano più ricche, il loro consumo di carne aumenta. 

Quindi, come cambiare? Gli autori di WRI forniscono alcuni suggerimenti, tra cui operazioni di marketing, sponsorizzazioni di personaggi famosi, disposizioni sugli imballaggi e sulle regole per l’esposizione dei prodotti per introdurre cambiamenti culturali sul consumo di carne. 

I governi possono anche agire su più leve: tasse, sussidi e indicazioni di scelte di acquisto per scuole, enti statali e forze armate.

Searchinger sostiene anche l’importanza di aiutare le aziende a migliorare il gusto, la consistenza, i costi delle alternative alla carne, come i sostituti vegetali di Impossible Burgers o Beyond Meats.

Cambiare i comportamenti delle persone è un’operazione difficile, ma ci sono dei precedenti. Gli americani hanno già ridotto il loro consumo pro capite di manzo negli ultimi decenni a causa di problemi di salute, cambiamento delle norme e aumento delle alternative.

“Una delle ragioni del cambiamento è che il pollo è diventato molto economico e facilmente disponibile”, dice Dan Blaustein-Rejto, un esperto di alimentazione e agricoltura del Breakthrough Institute.

Egli ritiene che stia iniziando un fenomeno simile con le carni a base vegetale. The Impossible Burger è già disponibile in tutti i Burger King in America e la Food and Drug Administration degli Stati Uniti ha appena approvato un ingrediente cruciale che consentirà al prodotto di raggiungere presto gli scaffali dei negozi.

Il problema non è eliminare tutta la carne di origine animale. Blaustein-Rejto ha scoperto che se metà dei consumi di carne bovina venduta nei ristoranti americani e nelle catene di fast food si trasformassero in alternative a base vegetale, si ridurrebbero le emissioni agricole statunitensi di ben 58 milioni di tonnellate, l’equivalente della scomparsa di 12 milioni di automobili dalle strade.

Vi sono anche altri sviluppi tecnologici promettenti. La multinazionale olandese DSM ha sviluppato un inibitore del metano noto come 3-nitroossipropanolo o 3NOP, che riduce del 30 per cento le emissioni nelle vacche Holstein in lattazione. 

Altri ricercatori stanno esaminando la possibilità di nutrire il bestiame con una piccola quantità di un tipo di alga che ha dimostrato di ridurre la produzione di metano di quasi il 60 per cento (si veda, Seawed could make cows burp less methane and cut their carbon hoofprint).

Il rapporto IPPC rileva che esistono sistemi più generali per ridurre le emissioni di bestiame, come gestire i pascoli e il letame in modo più efficace, passare a mangimi di qualità superiore e selezionare o sviluppare razze animali che, per esempio, ingrassano più rapidamente o producono meno metano.

“Non si azzereranno le emissioni legate alla carne, ma ci sono tutte le carte in regole per fare un enorme progresso”, conclude Searchinger.

Foto: AP/ERIC GAY