Nuove strutture molecolari costituiscono il primo passo verso un economico processo di cattura di anidride carbonica su larga scala.
di Richard Martin
Nonostante i progressi fatti da alcuni paesi nel limitare le proprie emissioni di anidride carbonica, è ormai chiara la necessità di trovare una soluzione che permetta di catturare l’anidride carbonica dalle ciminiere – o dall’atmosfera. I sistemi esistenti aumentano a dismisura il costo dell’elettricità che viene prodotta da centrali attrezzate con la tecnologia. Resta poi da risolvere il problema legato al ricollocamento dell’anidride carbonica una volta separata.
Un team di scienziati del Lawrence Berkeley National Laboratory e dell’Università della California, a Berkeley, ha elaborato un metodo che abbina dei catalizzatori a delle strutture molecolari super-porose, conosciute come composti organici covalenti, per convertire l’anidride carbonica in monossido di carbonio, il quale può essere utilizzato per realizzare una serie di materiali fra qui combustibili, plastica e persino prodotti farmaceutici.
“I nuovi materiali”, spiega Chris Chang, un chimico della Chemical Sciences Division del laboratorio Berkeley ed uno dei capi del team di ricerca, “si basano su una struttura porosa altamente stabile che viene decorata con tutti questi catalizzatori”. Anche se questa ricerca è ancora a uno stadio iniziale e ben lontana dal poter essere applicata sulla scala di una centrale elettrica, i suoi risultati costituiscono un importante passo verso lo sviluppo di soluzioni che potrebbero permettere di assorbire ed utilizzare l’anidride carbonica sia dai flussi di scarico che dall’aria.
Sviluppati inizialmente verso la metà del 2000 da Omar Yaghi, oggi professore di chimica presso la UC Berkeley e co-direttore del Kavli Energy Nanosciences Institute, i composti organici covalenti sono degli intricati cristalli altamente porosi con un vasto potenziale per applicazioni nella raccolta di gas, nella fotonica e in diversi processi chimici.
Sono particolarmente interessanti come materiali per la cattura dell’anidride carbonica perché operano in presenza di acqua; Si potrebbero così eliminare i solventi organici tossici che vengono utilizzati da altre forme di cattura dell’anidride carbonica. Come detto dallo stesso Yaghi, “si risolverebbe un problema senza andare a crearne uno nuovo”.
La cattura dell’anidride carbonica è però la prima metà della soluzione; la possibilità di convertirla in materiali utili costituisce la seconda metà. “La sfida è sempre stata quella di convertire l’anidride carbonica in un materiale di partenza per la produzione di sostanze chimiche utili”, spiega Yaghi. “Questo lavoro è un primo passo verso quel risultato”.
Negli ultimi anno le ricerche sulla cattura di anidride carbonica dai flussi di scarico delle centrali elettriche stavano cominciando a vacillare. Gli attuali processi si incentrano attorno alla cattura post-combustione, ricorrendo generalmente a solventi a base di ammina; metodi di cattura pre-combustione, quali la gassificazione del carbone prima della combustione o la ossicombusione, che brucia il carbone in ossigeno puro piuttosto che in aria, sono efficaci, ma estremamente costosi ed inefficienti. Nessuno di questi metodi è inoltre in grado di catturare anidride carbonica dall’atmosfera (vedi “Si può davvero aspirare CO2 dall’atmosfera?”).
Lavori su tecniche nuove, come la ricerca di Yaghi, Chang e il loro team, potrebbero aprire nuovi sentieri verso una efficace cattura dell’anidride carbonica. Un limite a questa ricerca sta nella quantità di energia richiesta dai catalizzatori. Chang dice che uno dei prossimi traguardi sarà riuscire a connettere i dispositivi per la cattura e la conversione dell’anidride carbonica ad un sistema di pannelli solari.
“La cattura selettiva dell’anidride carbonica costituisce una sfida enorme”, dice. “E la necessità di convertirla in un materiale utile rende il tutto ancora più difficile. Cinque anni fa non avremmo potuto dire di saperlo fare. Ora non possiamo ancora dire di essere giunti ad una soluzione, ma ci troviamo in una posizione che ci permette di riconoscere che è possibile”.
(MO)