Un mare di risorse per l’ambiente

La Blue Economy, un innovativo modello di sviluppo economico basato su durabilità, rinnovabilità e riutilizzo, punta a rivoluzionare le attività produttive e a ridurre l’impatto delle emissioni inquinanti.

di MIT Technology Review Insights in collaborazione con Infosys, Morgan Stanley e Ocean Supercluster

I nomi di molte delle nuove aziende e tecnologie create per combattere gli effetti del cambiamento climatico negli ecosistemi marini possono evocare emozionanti atti di audacia in alto mare. WaveKiller utilizza sistemi ad aria compressa per creare “muri” di bolle spesse fino a 15 metri, per proteggere dall’erosione e contenere rifiuti e fuoriuscite di petrolio. Inceptor è una chiatta a energia solare schierata dall’organizzazione non governativa olandese Ocean Cleanup lungo i fiumi nel sud-est asiatico per raccogliere tonnellate di rifiuti prima che arrivino in mare. Saildrone e WasteShark costruiscono e distribuiscono flotte di droni autonomi per solcare gli oceani, raccogliendo dati meteorologici e marini nel primo caso e spazzatura nel secondo. 

Questo schieramento di tecnologie (spesso denominate in modo minaccioso) offre un quadro dei tentativi sempre più articolati per combattere il degrado marino, sempre più necessari in quanto il cambiamento climatico minaccia seriamente la salute degli oceani. I livelli di emissione di carbonio stanno riscaldando le temperature dell’aria e dell’acqua, che a loro volta stanno sciogliendo le calotte polari così rapidamente che la NASA stima che i livelli globali del mare saliranno di mezzo centimetro all’anno fino al 2100.

Affrontare le sfide del riscaldamento e dell’innalzamento dei mari è essenziale per la sostenibilità globale su più fronti, due dei quali particolarmente preoccupanti. Il primo è costituito dagli habitat costieri: man mano che le coste del mondo si ritirano e si degradano, le case e i mezzi di sussistenza di una persona su tre che vive lungo le sue coste subiranno cambiamenti irrevocabili in questa generazione. 

Il secondo è l’approvvigionamento alimentare globale. Trascurando la battuta d’arresto economica causata dalla pandemia globale di covid-19, la crescita esponenziale del commercio globale e del consumo di proteine ha spinto il trasporto oceanico e la pesca commerciale a livelli sempre più insostenibili.

Secondo l’ Ocean Conservancy, la crescente domanda dei consumatori e i fallimenti sistemici nel riciclaggio e nella gestione dei rifiuti solidi aggiungono 8 milioni di tonnellate di plastica ai 150 milioni di tonnellate nei nostri oceani. I rifiuti di plastica oceanici rappresentano sia una sfida di sostenibilità sotto gli occhi di tutti, che colpisce una varietà di industrie dall’acquacoltura al turismo, sia una minaccia di lungo periodo per l’ecologia globale, poiché le maree oceaniche scompongono i rifiuti di plastica in microplastiche che si infiltrano nelle catene alimentari. 

La tecnologia sta elaborando una vasta gamma di risposte, dai suddetti muri di bolle e flotte di droni divoratori di rifiuti, alla creazione di nuovi polimeri che si dissolvono nell’acqua di mare, alla gestione di informazioni sulle attività commerciali marittime attraverso sensori e analisi abilitate all’intelligenza artificiale. 

Ma è necessario molto di più (più tecnologia, più investimenti nell’innovazione, più regolamentazione e supervisione del governo) per mitigare efficacemente l’aumento della plastica oceanica e la miriade di altre minacce agli oceani del mondo. In questo contesto, MIT Technology Review Insights, la divisione di contenuti personalizzati di MIT Technology Review, sta intraprendendo un’iniziativa di ricerca globale per valutare come vengono implementate nuove tecnologie e soluzioni di “blue economy” per ripulire i nostri oceani, ridurre il carbonio e aumentare la sostenibilità nelle industrie marittime. 

Questo progetto culminerà con la pubblicazione del Blue Technology Barometer, che quantificherà quali, tra le economie costiere del mondo, ospitano tecnologie e soluzioni pertinenti e utilizzate efficacemente per affrontare sfide che vanno dalla riduzione delle emissioni di carbonio nel trasporto di container e nella logistica portuale alla lotta alle attività illegali, non dichiarate e non regolamentate.

Il “Barometro” valuterà queste iniziative in oltre 50 paesi e territori costieri a livello globale e li classificherà utilizzando un modello econometrico ancorato a una vasta serie di dati e previsioni provenienti da dozzine di fonti. Questo modello e la metodologia di ricerca si baseranno sul lavoro svolto da MIT Technology Review Insights per creare il Green Future Index, vale a dire la classifica globale fondamentale dei progressi e del potenziale della decarbonizzazione, e costituiranno un importante complemento al portafoglio in espansione di progetti di ricerca olistica che esaminano il ruolo che la tecnologia gioca nel promuovere lo sviluppo sostenibile.

Il Barometro prenderà in considerazione anche i tentativi nazionali e transnazionali di implementare tecnologie, normative e soluzioni commerciali che affrontano il cambiamento climatico e cercano di ridurre i danni causati agli ambienti marini e alla criosfera. Attraverso la valutazione di questa “intersezionalità” del pensiero e dell’azione innovativi, il Barometro mira a evidenziare quali economie costiere stanno lavorando in modo più efficace per garantire un domani blu.

(rp)

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