Un futuro dell’auto, la mobilità condivisa

Avere troppi veicoli per il trasporto di passeggeri aumenta la congestione urbana. La soluzione? Piattaforme di condivisione delle corse per i consumatori in una determinata città

di MIT Technology Review Italia

Due espressioni stanno cambiando il mercato dell’auto: ride hailing e car sharing. La prima è un esempio di economia on demand applicata al trasporto a pagamento, la seconda riguarda l’uso condiviso dell’auto. Nel primo caso si tratta di un servizio vettura più autista. Si  parla di taxi, più che dei noti Uber o Lyft. Il costo è dovuto alla “personalizzazione” del servizio: si paga perché serve proprio in quel momento per andare da un punto ad un altro.

Queste strategie innovative descrivono l’epocale trasformazione del passaggio da un modello di business basato sulla proprietà della vettura intesa come strumento personale di mobilità a un altro fondato sull’uso di auto vetture condivise, accessibili via smartphone in modalità free floating, oppure su chiamata come se fossero taxi.

Il nuovo studio, The cost of non-cordination in urban on demand mobility, è stato pubblicato su “Nature Scientific Reports” e fornisce un modello per stimare quanti veicoli e aziende potrebbero formare un mercato di dimensioni ottimali in una determinata area metropolitana.

In teoria, la concorrenza tra le società di trasporto pubblico dovrebbe essere una buona cosa, in quanto offre più opzioni ai consumatori. In pratica, avere troppi veicoli per il trasporto di passeggeri aumenta la congestione urbana. Come si possono bilanciare questi fattori?

Come riportato da “MIT News”, per condurre lo studio, il team di ricerca ha raccolto dati sui taxi anonimi in cinque città: Curitiba (in Brasile), New York (solo per Manhattan), San Francisco, Singapore e Vienna. Il numero di viaggi registrati variava da 300.000 a Vienna a 150 milioni a New York.

Usando questi dati come indicatore di tutta la domanda di ride-hailing, i ricercatori hanno quindi modellato il flusso di traffico necessario per far salire tutti i passeggeri con un’efficienza ottimale, nonché scenari in cui più aziende hanno gareggiato indipendentemente l’una dall’altra. Questo approccio ha consentito al team di isolare gli effetti dell’aggiunta di nuove aziende di ride-hailing a un determinato mercato.

Alla fine, gli studiosi hanno scoperto che l’aggiunta al mercato di un’azienda di servizi di trasporto di dimensioni standard ha avuto effetti diversi sul numero di veicoli che sarebbero stati impiegati nel tentativo di soddisfare la domanda. A Manhattan, un nuovo concorrente che entra nel mercato aumenterebbe solo di circa il 3% la quantità di veicoli da corsa. A Singapore, questa cifra è dell’8% e a Curitiba è del 67%. Questo è ciò che i ricercatori chiamano il “costo del non coordinamento” nel settore.

Secondo uno degli autori Carlo Ratti, del Department of Urban Studies and Planning (DUSP) del MIT, “il mancato coordinamento delle aziende di servizi di trasporto sta creando un’enorme quantità di traffico aggiuntivo. Se si consente a tutti di ottimizzare in modo indipendente, si genera una congestione extra

I principali fattori che incidono sul numero di veicoli necessari sono la densità della domanda di passeggeri e la velocità media del traffico. A Manhattan, con un’area limitata, l’aggiunta di una nuova società al mercato non cambierà drasticamente la quantità di veicoli schierati per raccogliere tutti i clienti nel distretto. A Curitiba, dove i passeggeri sono più dispersi sul territorio, una nuova compagnia di servizi di trasporto che opera in proprio porterebbe a una percentuale molto maggiore di nuovi veicoli sulla strada.

Se c’è una domanda sostenuta”, spiega Paolo Santi, del Senseable City Lab e direttore della ricerca presso l’IIT del Consiglio Nazionale delle Ricerche, anche senza un coordinamento, si ha comunque un buon pool di veicoli da cui attingere nelle vicinanze e l’efficienza è ancora abbastanza buona. In una città a bassa domanda, il mancato coordinamento ha prezzi alti. 

L’altro fattore è la velocità del traffico. “In un mercato non coordinato, si potrebbe aver bisogno di un veicolo più lontano”, continua Santi. “Se il traffico scorre rapidamente, potrebbe andare bene, ma se è rallentato, potrebbe essere controproducente servire quel cliente“.

I ricercatori affermano che lo studio conferma l’esigenza di avere una piattaforma principale di condivisione di corse per i consumatori in una determinata città, che tutte le aziende concorrenti potrebbero utilizzare. Ciò potrebbe migliorare l’efficienza, senza limitare la concorrenza sul mercato.

Si tratta solo di una questione di regolamentazione da parte delle città. Questi sono mercati fortemente regolamentati, quindi non si sta discutendo di nulla di nuovo. Le piattaforme digitali esistono già in molte città statunitensi per la micromobilità, come nel caso dei servizi di bike sharing, e il modello che potrebbe funzionare anche per la mobilità su richiesta come Uber e Lyft“. Resta da vedere se le aree metropolitane imboccheranno questa strada.

(rp)

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