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Per arginare il problema dello scioglimento dei ghiacciai, una soluzione innovativa è in fase di studio nel deserto del Ladakh.

di Fonte Eni

La desertificazione è un fenomeno che riguarda tutte le zone aride, semi-aride e sub-umide secche del nostro pianeta ed è causato da diversi fattori: deforestazione, cambiamento climatico, carenza idrica, eccessivo sfruttamento del suolo, urbanizzazione, inquinamento ma anche dallo scioglimento dei ghiacciai. Per arginare quest’ultimo problema nel deserto del Ladakh si sta studiando una soluzione innovativa…

Quando si pensa alla desertificazione, si crede che sia un problema che riguardi principalmente gli stati africani. Nulla di più falso: sono ben 168 i paesi nel mondo colpiti da questo pericolo. Nell’UE ad essere interessati sono sia gli stati appartenenti alla regione mediterranea che quelli dell’Europa Centrale, come Ungheria, Lettonia e Bulgaria. Il rischio per queste zone è enorme: la desertificazione porta con sé problemi non solo ambientali ma anche economici (a causa dell’impossibilità di coltivare le terre o di allevarvi il bestiame) e sociali (solo per citarne alcuni: carestie, flussi migratori, mancanza di lavoro).

La diffusione della desertificazione nel mondo e le aree a rischio

Per combattere il problema, si stanno studiando in tutto il mondo delle soluzioni, come le turbine eoliche capaci di catturare l’umidità presente nell’aria delle zone desertiche e di condensarla in acqua, raccolta poi in cisterne e utilizzata al bisogno.

Ai piedi dell’Himalaya, nell’Asia centrale, si trova una delle zone desertiche più grande al mondo per estensione, in cui le altissime vette montuose che la delimitano impediscono alla pioggia di arrivarvi, rendendo praticamente pari a zero il numero di precipitazioni ogni anno. È il deserto del Ladakh. Il riscaldamento globale sta causando il ritiro dei ghiacciai presenti sulle cime delle montagne, con danni enormi per la popolazione locale, il cui principale mezzo di sostentamento è l’agricoltura. Una soluzione a questa emergenza è stata studiata da Sonam Wangchuck, un ingegnere meccanico di nazionalità indiana. La sua idea prevede di realizzare piramidi di ghiaccio artificiali durante il periodo primaverile, per garantire una riserva idrica per l’estate. L’elevata altitudine (4.000 m) in cui i ghiacciai si trovano, ne permette uno scioglimento lento.

Il problema principale è dovuto dalla distanza: le piramidi sorgono a più di 100 metri di dislivello da dove vive la popolazione e la lontananza è destinata ad aumentare in futuro, quando i ghiacciai si ritireranno ulteriormente e si sarà costretti a costruirli ancora più in alto.

Il monumento buddista il cui nome “stupa” dà il nome alle piramidi di ghiaccio

Ma come si formano i ghiacciai artificiali, chiamati ice stupa? Con un approccio definito biomimetico, ovvero attraverso lo studio consapevole di un fenomeno naturale usato per migliorare una tecnologia umana. Costruirli è infatti piuttosto semplice: con l’arrivo della primavera, i ghiacciai presenti sull’Himalaya iniziano a sciogliersi. Indirizzando tramite dei tubi l’acqua sciolta tutta nello stesso punto, è possibile accumularla, evitando che vada persa. L’isolamento termico dei tubi impedisce all’acqua di congelarsi e di solidificarsi solamente una volta uscita, andando a creare un ice stupa.

La forma conica è fondamentale per la riuscita del progetto perché permette di ridurne la superficie esposta al sole, massimizzando così l’accumulo e allungandone la durata. Anche ricoprire il terreno su cui sorgerà la piramide di argilla è fondamentale per evitare che l’acqua, una volta sciolta, venga assorbita dal suolo, andando così persa.

Come viene costruito un ice stupa

Il progetto è iniziato nel 2013, con la realizzazione dei primi ghiacciai artificiali. Questo inverno ne è stato costruito uno di quasi 24 metri di altezza, il più grande fino ad ora, al punto che è entrato a far parte anche del Guinness dei primati. Si stima che grazie a questa piramide le riserve idriche permetteranno agli agricoltori di avere acqua fino a metà luglio. Per il prossimo inverno, è già in programma la costruzione di ben 20 piramidi di ghiaccio, alte 30 metri, che dovrebbero garantire un’indipendenza idrica fino all’arrivo della successiva stagione fredda. L’obiettivo futuro è di arrivare a produrne tra gli 80 e i 90: grazie a questi sarà possibile per la popolazione locale, la cui vita ruota attorno all’agricoltura, continuare a vivere in questi posti. In media si calcola che un ice stupa alto tra i 20 e i 30 metri sia in grado di provvedere all’immagazzinamento di 16 mila litri cubi di acqua, utilizzata per irrigare circa 10 ettari di terreno circostante, grazie sempre ad un sistema di tubi pensati come un vero e proprio sistema di irrigazione.

È da numerosi anni che si sta provando a immagazzinare l’acqua proveniente dai ghiacciai, per fare in modo che non venga persa, ad esempio costruendo delle cisterne di raccolta o delle piccole dighe, ma per motivi di tempo e di costi i progetti non hanno mai visto uno sviluppo significativo. Il vantaggio delle piramidi di ghiaccio è che non richiedono la costruzione di alcun tipo di struttura ma dei semplici tubi con cui reindirizzare l’acqua e dell’argilla per isolarle dal terreno. È quindi possibile realizzarne molte, nel poco tempo a disposizione che divide il rigido inverno dall’estate.