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I problemi non sono legati alla comprensione di una nuova tecnologia, ma alla difficoltà di farne un uso creativo.

di Jason Pontin 

Durante la battaglia di Cambrai, il 20 novembre del 1917, una nuova tecnologia venne sperimentata con successo per la prima volta. Seguendo il piano di un giovane ufficiale dello stato maggiore inglese, J.F.C. Fuller, centinaia di carri armati si fecero strada tra le trincee tedesche, cogliendole di sorpresa. I vantaggi conseguiti nell’operazione dall’esercito britannico andarono subito persi, ma nei mesi successivi Fuller pianificò la strategia per la battaglia di Amiens. Questa volta i carri armati britannici travolsero le linee nemiche e furono sostenuti dall’iniziativa della fanteria alleata che prese possesso immediato del territorio appena occupato. La battaglia di Amiens permise di superare lo stallo della guerra di trincea e portò alla fine della Prima Guerra mondiale.

Dopo il 1918, al comando di una brigata motorizzata sperimentale, nei libri e negli articoli di giornale (spesso in collaborazione con lo storico militare inglese Sir Basil Liddell Hart), Fuller chiese ripetutamente ai responsabili dell’esercito inglese di prepararsi a un diverso tipo di guerra. Fuller riteneva che i carri armati si dovessero utilizzare in formazioni concentrate per sfruttare al meglio le loro formidabili capacità di penetrare le linee nemiche. Ma lo stato maggiore dell’esercito inglese era dell’idea che i carri armati dovessero appoggiare la fanteria, malgrado i successi di Cambrai e Amiens, dove avevano aperto la strada alle truppe di terra.

Anche se trascurate sul suolo natìo, le proposte di Fuller e Liddell Hart vennero recepite da un ufficiale creativo, Heinz Wilhelm Guderian, che tradusse i testi in tedesco e si impegnò a fondo per far adottare le loro idee dalla Wehrmacht.

Nella sua autobiografia, Panzer Leader, Guderian scrisse: “Nel 1929 mi convinsi che i carri armati da soli o insieme alla fanteria non avrebbero mai esercitato un’influenza decisiva… Erano necessarie divisioni corazzate dotate delle armi d’appoggio indispensabili per consentire ai carri armati di dispiegare appieno la loro potenza”. Coerentemente con le sue opinioni, a partire dal maggio del 1940 Guderian guidò i reparti corazzati tedeschi nella blitzkrieg (la guerra lampo) nella foresta delle Ardenne, una campagna che si concluse con la capitolazione della Francia e l’evacuazione dell’esercito inglese a Dunkerque.

Guderian aveva 51 anni nel 1940, ma manteneva una freschezza intellettuale che non si riscontra facilmente nelle persone con il passare degli anni, in particolare la capacità di non lasciarsi confondere dalle nuove tecnologie. Guderian non era soltanto un sostenitore della nuova tecnologia dei carri armati, ma riuscì a realizzare con successo ciò che Fuller aveva chiesto ai suoi superiori di fare: utilizzare queste potenti armi in modo creativo.

In A Technology Surges, David Talbot fornisce un esempio attuale di questa situazione in un articolo relativo a una nuova rete di informazioni militari chiamata TIGR (o Tactical Groung Reporting System). Progettata dall’agenzia statunitense DARPA (Defense Advanced Research Projects Agency), TIGR è “un’applicazione organizzata per mappe che gli ufficiali più giovani possono consultare prima di fare un pattugliamento e aggiornare al loro rientro”. Questa tecnologia è parte integrante di una strategia più vasta che i militari definiscono “guerra retecentrica”, in cui l’informazione viene rapidamente fatta circolare tra i soldati. TIGR è popolare tra gli ufficiali più giovani perché consente loro di scambiarsi informazioni con procedure che ricordano quelle della produzione a opera di un gruppo di pari (peer production) tipica dei siti Web, piuttosto che affidarsi a informazioni predefinite dalle alte sfere. Comunque, come scrive (Network Warfare) John Arquilla, docente di strategie di difesa alla Naval Postgraduate School e autorevole sostenitore della rete organizzativa tra le forze armate, “queste tecnologie sono fantastiche, ma in genere non sono state accompagnate da cambiamenti nella organizzazione e nella dottrina militari…è giunto il momento di affiancare strutture e comportamenti originali ai nuovi strumenti tecnologici”.

Per chiunque abbia trascorso gran parte della vita a comprendere usi e vantaggi di una tecnologia ormai superata, può essere un’operazione ai limiti del possibile porsi in modo creativo di fronte a una nuova tecnologia. La nostra difficoltà è legata al fatto che abbiamo valide ragioni emotive per negare la sua capacità di modificare alla radice le nostre abitudini consolidate.

In un altro articolo Jason Epstein offre un esempio differente di questa desolante verità (What’s Wrong with the Kindle). Epstein potrebbe essere definito il più grande editore vivente: a Random House, dove è stato direttore editoriale per oltre 40 anni, ha inventato l’attuale paperback e ha fondato, insieme ad altri, la “New York Review of Books” e la Library of America. A suo parere, non ci sarà spazio di mercato per lettori elettronici come Kindle, il terminale portatile di Amazon in grado di leggere e-book, giornali e riviste, senza supporto di un PC. Epstein è consapevole che la trasmissione digitale dei libri è una realtà affermata, ma crede che “la forma più razionale di trasmissione digitale non sia un lettore elettronico simile al libro, bensì un paperback di buona qualità stampato, rilegato e rifinito a basso costo su richiesta, creato da un file digitale in un punto vendita da una macchina come un bancomat”. Sotto questo aspetto, Epstein ricorda i generali inglesi che avevano compreso che i carri armati erano una nuova e importante tecnologia, ma non pensavano che potesse cambiare le sorti della guerra.

Come si può rimanere giovani? Come si può non essere disorientati dalla lista delle 10 Tecnologie emergenti del 2008? Ovviamente, non dobbiamo sospendere l’uso delle nostre capacità critiche: non tutti gli scenari ipotizzati da queste tecnologie sono ugualmente plausibili e qualcosa del passato lascia sempre il segno nel futuro. Forse dovremmo provare a mostrare meno attaccamento al passato, come fanno gli adolescenti, e a esercitare la nostra creatività non per denigrare le nuove tecnologie, ma per apprezzare i cambiamenti che potrebbero introdurre nelle nostre vite.