Questi stivali sono fatti per generare energia

Incorporato nel tacco delle scarpe, un dispositivo microfluidico basato su una invenzione del 19° secolo cattura energia dai passi di un uomo.

di Emerging Technology from the arXiv

James Wimshurst è stato un ingegnere e inventore del 19° secolo che ha sviluppato un affascinante macchinario per generare alte tensioni. L’invenzione, che oggi porta il suo nome, è composta da due dischi contro-ruotanti muniti di inserti metallici.

Nella macchina di Wimshurst, i dischi sono in contatto con due spazzole metalliche connesse a una coppia di sfere metalliche separate fra loro da un piccolo spazio. Attraverso le spazzole metalliche, la carica generata dalla rotazione dei dischi viene convogliata verso le sfere fino a quando non si genera una scintilla fra loro. Il fenomeno che carica le sfere è conosciuto come induzione elettrica.

Nel 19° secolo e nei primi anni del 20° secolo, fisici e ingegneri hanno utilizzato la macchina di Wimshurst e dispositivi simili per alimentare macchine a raggi-x e persino acceleratori di particelle. Queste macchine sono molto rare oggi, e vengono utilizzate solamente per dimostrare i principi dell’elettrostatica.

Le cose potrebbero però cambiare grazie al lavoro di Maria Napoli e dei suoi colleghi della University of California, Santa Barbara; il team ha reinventato la macchina di Wimshurst per il 21° secolo, creando una versione microfluidica capace di raccogliere energia dall’ambiente circostante e trasformarla in corrente utilizzabile.

Nel loro dispositivo, piccole gocce di mercurio immerse in una soluzione scorrono lungo un canale intagliato su una lastra di plastica in PDMS (polidimetilsilossano). Il canale lascia scorrere le gocce di mercurio in senso opposto fra loro, proprio come i dischi della macchina originale di Wimshurst.

Elettrodi incorporati nel canale microfluidico raccolgono la carica elettrica che si genera. Invece che per rilasciare delle scintille, questa carica può essere utilizzata per creare energia. Secondo a Napoli e co, si potrebbero generare intorno a 12 microwatt di energia partendo da un circuito di pochi centimetri, dotato di canali larghi appena 300 micrometri e gocce di mercurio che scorrano ad una velocità di 10 millimetri al secondo.

Il team ha realizzato un dispositivo per mettere alla prova il concetto. La macchina microfluidica di Wimshurst consiste di un canale principale lungo appena cinque centimetri e contenente pochi millimetri cubi di mercurio. La macchina genera una piccola porzione della potenza massima teorica – appena quattro nanowatt.

Per quanto ridotto, il risultato non ha demoralizzato il team. La microfluidica si presta a migliorie che non sono possibili per i dispositivi allo stato solido, come la modifica della larghezza e della separazione fra i canali e il migliore controllo delle dimensioni e della distribuzione di gocce al loro interno.

“I nostri calcoli indicano che semplici modifiche alla geometria del sistema potrebbero incrementare di tre ordini di magnitudo la capacità di un dispositivo a canale singolo di produrre energia”, dicono.

Oltretutto, è possibile utilizzare molteplici canali in serie o in parallelo per generale ancora più energia. Un importante vantaggio dei dispositivi microfluidici rispetto ad altri sistemi per la raccolta di energia è che non devono operare a una frequenza di risonanza.

Una mini macchina di Wimshurst

Napoli e co stanno ricercando la potenziale capacità di un dispositivo simile guidato da una pompa a diaframma posizionata all’interno del tacco di uno stivale. Ammesso che una persona riesca a camminare a un ritmo di un passo al secondo, una pompa del diametro di due centimetri potrebbe generare un flusso sufficiente per alimentare 250 canali microfluidici in parallelo e generare all’incirca 10 milliwatt; l’energia così prodotta basterebbe per alimentare il laser di un lettore DVD o contribuire all’alimentazione di svariati sistemi di comunicazione e dispositivi a basso consumo attualmente in fase di sviluppo.

“Abbiamo buone ragioni per credere che una versione in scala reale del nostro prototipo possa essere portatile, pratica e sufficientemente potente da risolvere una moltitudine di problemi legati alla raccolta di energia”, concludono.

Ovviamente restano ancora da superare alcune sfide. Non è ancora chiaro quanto un dispositivo simile possa durare, considerate le sollecitazioni cui sarebbe sottoposto durante il suo utilizzo. Questa domanda, però, troverà risposta nel corso dello sviluppo. Chissà che un giorno non riusciremo a ricaricare il nostro smartphone facendo una corsetta; Wimshurst resterebbe senz’altro sorpreso.

Per approfondimenti su questa ricerca potete consultare la fonte: “Energy Harvesting with a Liquid-Metal Microfluidic Influence Machine”.

Immagine: Una macchina di Wimshurst

(MO)

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