Skip to main content

Il Federal Bureau of Investigation ha violato la sicurezza di un iPhone senza il consenso o l’aiuto di Apple.

di Matteo Ovi

La disputa fra FBI ed Apple sull’accesso ai dati contenuti nell’iPhone di Syed Rizwan Farook, l’attentatore di San Bernardino, sembrerebbe giunta al termine. Il Dipartimento della Giustizia degli Stati Uniti ha infatti ritirato la causa ad Apple perché “la sua assistenza non è più necessaria”.

Negli ultimi giorni si era parlato dell’aiuto che l’FBI stava ricevendo da un ignoto collaboratore; che si sia trattato di una società israeliana, di un ex tecnico Apple o di chiunque altro, non ha però molta importanza. Non lo apprenderemo, come non apprenderemo l’espediente adoperato per accedere all’iPhone in questione.

La sola cosa importante è l’effetto di questa manovra. Bypassando Apple, l’FBI ha forse posticipato l’esito di una grande battaglia in corso fra governo e Silicon Valley sul tema della privacy e della sicurezza informatica. In diverse altre occasioni, infatti, società tecnologiche hanno negato l’accesso ai dati riservati dei loro clienti, anche quando questi erano criminali o imputati.

Per ottenere il mandato che avrebbe costretto Apple a collaborare, l’FBI si era appellata all’All Writs Act, uno strumento che concede alle corti federali degli Stati Uniti l’autorizzazione a procedere con qualunque mandato necessario o appropriato concesso dalla legge. Si tratta, in sostanza, di un’autorizzazione a procedere a qualunque costo in assenza di metodi alternativi.

La scelta del Federal Bureau of Investigation di ottenere il risultato desiderato a prescindere da quello che, in corte, sarebbe potuto diventare un precedente sulla privacy, non lascia spazio a interpretazioni su cosa sia disposto a fare, e riaccende i timori legati alla violazione della privacy e alla sicurezza informatica in generale. Già ai tempi dello scandalo NSA, diversi esperti avevano lanciato segnali d’allarme sui rischi annessi alle intrusioni nei sistemi criptati e alla pretesa di backdoor per le agenzie governative.

E qui torniamo alla sola cosa importante dietro la manovra della Federal Bureau of Investigation. Bypassando Apple, l’FBI ha reso nota la presenza di una falla nel sistema di sicurezza degli iPhone. Una falla che potrebbe servire anche a individui o gruppi con intenzioni meno nobili rispetto alla lotta al terrorismo.

Di certo, la disputa sulla privacy non avrà pace fino a che non verranno definite le circostanze entro le quali è lecito e legale accedere a informazioni private. Ma dove si dovrebbe delineare il confine fra giusto e sbagliato, o legale e illegale?