Pupo ammazza-fumi

Come un temporale, lava l’atmosfera e asporta le polveri inquinanti

Potrebbe essere l’invenzione del secolo, in grado di abbattere drasticamente l’inquinamento atmosferico provocato dai fumi di scarico dei veicoli a combustione interna, da impianti di riscaldamento, inceneritori, centrali elettriche e, in genere, da qualsiasi attività che produca gas nocivi. Oltre a dare un piccolo ma significativo contributo all’economia del paese che lo produrrà (il suo impatto occupazionale è stimato in 20 mila nuovi posti di lavoro). Diciamo «potrebbe» perché le premesse dal punto di vista scientifico-ingegneristico ci sono tutte ma poi, come la storia insegna, il successo commerciale di un’invenzione dipende da tanti altri fattori, spesso imponderabili, che con la tecnologia hanno poco a che fare.

Il principio di funzionamento di Pupo – così è stato battezzato il rivoluzionario apparecchio ammazza-fumi – è altamente efficiente, come avviene per tutti i dispositivi che imitano un fenomeno naturale: in questo caso il temporale che lava l’atmosfera e ne asporta quei pericolosi nemici per i nostri polmoni che sono i fumi e le polveri inquinanti. In particolare i gas di scarico in uscita dalla marmitta, a 92-97 °C, vengono convogliati in un cilindro dove subiscono un raffreddamento, mentre delle alette appositamente orientate imprimono loro un movimento elicoidale. In tal modo compiono un percorso equivalente di nove metri, pur restando all’interno di un dispositivo dalle dimensioni contenute.

Nel loro tragitto i gas vengono investiti da getti ad alta pressione, prodotti da numerosi ugelli, di uno speciale liquido di lavaggio, costituito da una miscela di acqua e sostanze catalizzanti che favoriscono la separazione delle componenti nocive. Mentre i gas proseguono verso un secondo analogo trattamento, il liquido di lavaggio transita prima in un radiatore, dove si raffredda fino a 50-55 °C, e poi in un filtro a carboni attivi dove si purifica prima di tornare in circolo. La diminuzione della temperatura del liquido al di sotto di quella di evaporazione delle sostanze volatili da trattenere è essenziale per il funzionamento del filtro a carboni. All’uscita del cilindro i gas hanno perso quasi per intero i loro veleni, che restano intrappolati nei carboni e possono quindi venire riutilizzati. Il sistema, ancora allo stato di prototipo, è stato ottimizzato disponendo al suo interno una serie di microcamere TV.

In test eseguiti sui 60 chilometri del Grande Raccordo Anulare di Roma, Pupo ha trattenuto in media 34 milligrammi di benzene, 146 di toluene, 96 di xilene e 509 di solventi organici aromatici, oltre a polveri di vari metalli pesanti quali ferro, piombo, rame e zinco. Come è noto, l’assorbimento anche di un solo milligrammo di benzene ha effetti cancerogeni.

Il sistema non ha bisogno di raggiungere una temperatura di esercizio, ma entra immediatamente in funzione all’avvio del motore. Il consumo elettrico è molto limitato: 50 watt in condizioni normali, che diventano 100 quando è inserito l’antigelo automatico (solo temporaneamente). Ciò comporta un calo di potenza del motore che varia dell’1,2 per cento all’1,6 per cento su percorso urbano, e non supera il 2,6 per cento in autostrada (meno di un climatizzatore).

Pochi e semplici gli interventi periodici da eseguire sul depuratore: la sostituzione del liquido di lavaggio (preparato con una bustina di sali) ogni 8.000 km e il cambio dei filtri a carbone, che dagli attuali 10 mila km dovrebbero raggiungere presto un’autonomia di 30 mila km. Un piccolo rabbocco del liquido di lavaggio con acqua di rubinetto va poi effettuato quando una spia ne indica la necessità (ogni 1.000 km circa), normalmente durante un rifornimento di carburante.

Il sistema è realizzato con materiali completamente riciclabili e, una volta ingegnerizzato, potrà essere contenuto in un volume analogo a una valigetta 48 ore e sistemato sotto il pianale posteriore dell’autovettura.

L’inventore di Pupo è l’ingegnere Domenico Napoleone, un tecnico della RAI in pensione che ha dedicato diversi anni di studi e notevoli investimenti personali alla sua «creatura»; la sua speranza è che il depuratore possa essere prodotto nel nostro paese e non ci venga scippato come in passato è avvenuto per altre invenzioni. Infine il costo: secondo il ricercatore «non va oltre quello che il Servizio Sanitario sostiene per un giorno di degenza di un malato oncologico».

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