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Nuove molecole per celle solari a coloranti raggiungono una efficienza superiore al 7%

di Luca longo

La disponibilità e la distribuzione di energia è certamente il problema più grave che sta ora affrontando il genere umano. Con il progressivo esaurimento delle fonti di energia fossile, se non saranno risolti i gravi problemi che ora limitano l’uso dell’energia nucleare, l’unica fonte di energia rinnovabile e ampiamente disponibile rimarrà quella solare.

Numerose industrie e università si stanno sfidando nella ricerca di tecnologie per lo sfruttamento dell’energia solare alternative alle celle al silicio. L’ottenimento di questo materiale con livelli di purezza compatibili per il suo impiego nelle celle solari rappresenta, infatti, quasi un terzo del costo totale della cella. Questo fa sì che, al netto di incentivi statali, la generazione di energia elettrica con moduli al silicio rimanga meno economicamente vantaggiosa per gli utenti finali rispetto all’uso di fonti fossili o al collegamento ad infrastrutture di distribuzione centralizzata.

Fra le possibili alternative al silicio, una delle più promettenti è rappresentata dalle celle solari ibride a coloranti – meglio note come dye-sensitized solar cells o DSSC – inventate nel 1991 da Michael Grätzel e Brian O’Regan. Queste presentano un meccanismo di funzionamento differente rispetto alle celle solari a base di Silicio: sono costituite da due vetrini conduttori, che fungono da elettrodi, separati da uno strato di biossido di Titanio (TiO2), da uno speciale colorante e da una soluzione elettrolitica.

Il colorante rappresenta la parte attiva della cella: quando viene illuminato è in grado di assorbire fotoni provocando l’eccitazione di altrettanti elettroni che migrano sul biossido di Titanio. Contemporaneamente, le cariche positive generate dall’allontanamento degli elettroni, carichi negativamente, vengono trasportate dalla soluzione elettrolitica verso il controelettrodo. In questo modo vengono restituiti al colorante gli elettroni persi nelle fasi precedenti e il ciclo si può quindi ripetere indefinitamente provocando la trasformazione di energia solare in energia elettrica.

La ricerca in questo settore si concentra ora soprattutto nell’individuazione di coloranti economici e ad alta efficienza. Negli oltre 20 anni di storia di questa tecnologia si è partiti da molecole estratte dal succo di more e lamponi, in particolar modo antocianine, a complesse molecole organiche sintetiche.

Ricercatori del dipartimento Energia Solare del Centro Ricerche per le Energie Rinnovabili e l’Ambiente dell’Eni presso Novara, in collaborazione con il Centre national de la recherche scientifique di Angers, hanno recentemente individuato una nuova classe di oligotiofeni π-coniugati lineari che si è dimostrata particolarmente efficiente come colorante privo di metalli per celle DSSC.

Sul Journal of Materials Chemistry è stato recentemente pubblicato il loro lavoro su quattro oligotiofeni lineari contenenti 4,5 e 7 anelli tiofenici sostituiti da un numero variabile di catene alifatiche e caratterizzate dall’inserimento ad una estremità di un terminale acido ciano acrilico impiegato come aggraffante sul substrato di biossido di Titanio.

Inoltre, tecniche analitiche di spettroscopia di assorbimento UV-Visibile e di voltammetria ciclica hanno permesso di comprendere il meccanismo del loro funzionamento e di correlare la loro struttura molecolare con le proprietà dei materiali risultanti.

I quattro composti sono stati messi alla prova in prototipi di celle solari dimostrando una efficienza di assorbimento e conversione di energia che raggiunge il 7.30%. Un valore non dissimile da quella raggiunta dalle molto più costose celle a base di Silicio amorfo attualmente in commercio.

Numerosi sono ancora i problemi che dovranno essere affrontati per individuare tecnologie di sfruttamento dell’energia solare realmente competitive con quelle fossili. Eni è fra le industrie che credono in questo percorso scientifico e tecnologico e che stanno massicciamente investendo su queste ricerche.

(MO)