Peaxy: una piccola start-up per grandi dati

Tra le società di software che stanno affrontando la sfida dei big data, una delle più agguerrite è l’americana Peaxy, Inc., una piccola e giovane start-up fondata due anni fa da Francesco Lacapra.

di Angelo Gallippi

Francesco Lacapra

Lacapra consegue una laurea in ingegneria elettronica summa cum laude a Roma nel 1973, preceduta da un anno di high school negli USA e seguita da tre anni al Centro di Ricerca di Automatica dell’Enel a Milano. Una borsa di studio del Programma Fulbright-Hays gli consente poi di ottenere un Master degree in Computer Science a Berkeley. Quindi alla divisione microcomputer della Olivetti sviluppa una versione del sistema operativo Unix più ricca e avanzata di quelle dell’epoca, che ne farà presto il sistema di punta per i minicomputer. Intanto Gianni Degli Antoni lo recluta come docente al neocostituito Dipartimento di Informatica dell’Università Statale di Milano, da dove attrae i tesisti più dotati a lavorare nel suo gruppo in Olivetti.

Nel 1989 fonda una società di consulenza e nel 1998 si trasferisce in California, dove sviluppa software di base per Meridian Data, Quantum, BlueArc, Z-force e Attune Systems. Finalmente nel 2007 fonda la MaxiScale e nel 2011 la Peaxy, che ha come presidente l’italiano Federico Faggin, inventore del microprocessore.”La globalizzazione dell’economia dell’informazione ha creato una domanda incredibile di memorizzazione di file”, osserva Lacapra, “e le attuali esigenze mondiali di memorizzazione raggiungono 1,8 trilioni di gigabyte in cinquecento quadrilioni di file, un numero che raddoppia ogni due anni”.

Per affrontare le sfide poste da questa moderna versione della legge di Moore, la Peaxy ha messo a punto un avanzato strumento software in grado di memorizzare e gestire grandi quantità di dati non strutturati, chiamato Hyperfiler e basato su server virtuali e reti di computer. I suoi punti di forza sono la possibilità di integrarsi e crescere con infrastrutture già esistenti (scalabilità), e di supportare prodotti e hardware non proprietari, ma di tipo standard e abbastanza economico (indipendenza dall’hardware). Il risultato pratico è che si può aggiungere un nuovo “nodo” a una rete di elaborazione dati in pochi minuti, realizzando un file server altamente scalabile, che incrementa la capacità elaborativa disponibile senza limitazioni apparenti.

Hyperfiler, che sarà disponibile alla fine del 2013, si basa in sostanza sullo stesso approccio seguito da Google per realizzare la sua gigantesca rete di elaborazione delle informazioni.

Perché ha lasciato una carriera già avviata in Italia per andare in California?

Perché mi piace creare e penso di saperlo fare bene. Qui in California ho ancora la possibilità di farlo e di divertirmi mentre lo faccio.

Quali possibilità ha una piccola start-up quale Peaxy di competere con i giganti mondiali del settore?I giganti hanno un’inerente inerzia che li permea nel profondo: io dico sempre che invertire la rotta di una portaerei richiede miglia e lo stesso vale per una grossa azienda. Un prodotto veramente innovativo che cambi i modelli di adozione, i margini di profitto e il tipo di clientela creerebbe un tale terremoto in una grossa azienda da non avvenire. È un po’ come nel settore scientifico, dove le idee veramente rivoluzionarie all’inizio faticano a venire accettate perché antitetiche all’establishment scientifico e allo status quo. Però se sono valide, a un certo punto non possono più venire ignorate e finiscono per cambiare tutto. La start-up può partire da modelli concettuali non convenzionali, muoversi con agilità e non deve mantenere compatibilità con prodotti preesistenti. Può rivoltare come un calzino i paradigmi esistenti e iniziare a esplorare la commercializzazione in nicchie di mercato crescenti e diverse da quelle tradizionali. È una scommessa, ma talora ha successo.

Cosa consiglierebbe a un giovane laureato in materie tecnico-scientifiche che desideri applicare le proprie conoscenze in modo creativo?Se lo scopo è fare soldi, direi che l’obiettivo è sbagliato e non sarei in grado di rispondere. Se l’interesse è per lo sviluppo di idee e professionalità, allora, come dicono qui: “Get the hell out of Dodge!” perché in Italia ciò è straordinariamente difficile, ora più che mai. Gli USA, e in misura minore altri paesi in Europa, offrono ancora grandi opportunità. Vale la pena che un giovane si faccia le ossa sviluppando prodotti e tecnologie in un’azienda con una seria organizzazione e cultura di qualità; dopo può decidere se sviluppare le proprie idee all’estero o rientrare in Italia, ma è vitale che si confronti prima con quello che fa il resto del mondo tecnologico. È importante che chi lavora a prodotti tecnologici, continui a “sporcarsi le mani” usando la tastiera per programmare anche se ha la qualifica di “architetto software”, perché solo l’esperienza diretta fa evolvere le conoscenze e le mantiene attuali.

Secondo lei, il denaro può essere una misura del successo?Non credo nel successo misurato in termini di denaro, ma nelle idee e nel loro potere. Anche le migliori idee non garantiscono il successo economico: in aggiunta a idee brillanti sono necessarie esecuzione tecnica e commerciale perfetta, in condizioni al contorno ideali. Il mondo è complesso e la concorrenza globale è pervasiva. Perfino quando si sviluppa un prodotto eccezionale per il mercato giusto e con esecuzione perfetta, un annuncio da parte di un concorrente importante fatto al momento sbagliato può stroncare qualsiasi cosa sul nascere. La componente aleatoria è dominante e ci sono torme di persone che non hanno mai inventato o innovato alcunché, le quali, trovandosi in un certo ufficio al momento giusto, hanno realizzato patrimoni incredibili.

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