Mentre prosegue il confronto interno tra fautori e oppositori dell’intesa raggiunta a Losanna, il mondo si chiede come muteranno gli equilibri politici ed economici internazionali, soprattutto in Medio Oriente, all’indomani della fine delle sanzioni contro Teheran.
di Giuseppe Acconcia (Fonte ABO/OIL)
A Teheran non si ferma lo scontro tra radicali, conservatori e tecnocrati sugli esiti dei colloqui per la soluzione del contenzioso nucleare. Gli iraniani si sono divisi sull’intesa preliminare raggiunta a Losanna tra i negoziatori di Teheran e i Paesi del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite con la Germania (P5+1), in vista dell’accordo finale da siglare entro il prossimo 30 giugno. I sostenitori del presidente Hassan Rouhani, che hanno accolto come un eroe il ministro degli Esteri Javad Zarif di ritorno dalla Svizzera, hanno salutato la bozza di accordo con inusuali festeggiamenti.
Non sono mancate però le contestazioni dei radicali pro-Ahmadinejad, che ritengono invece troppo ampie le concessioni fatte dai negoziatori iraniani. La principale novità dell’intesa preliminare è che, nei prossimi dieci anni e in varie fasi, saranno cancellate le misure internazionali contro Teheran. Da parte sua, l’ex «Stato canaglia» si è impegnato a ridurre drasticamente le centrifughe in suo possesso e a trasformare le sue centrali nucleari, eccetto quella di Natanz, in centri di ricerca. Eppure la guida suprema, il conservatore Ali Khamenei, ha espresso scetticismo sulla possibile cancellazione contestuale di tutte le sanzioni. E così la tempistica sulla fine delle misure contro l’Iran è uno dei punti più controversi dell’intesa annunciata a Losanna.
Chomsky: «L’Iran non crede che le sanzioni verranno cancellate»
Il Congresso degli Stati Uniti, a maggioranza repubblicana, avrà l’ultima parola sulla fine delle sanzioni contro Teheran. «Per questo l’Iran sospetta che nonostante l’accordo, i Repubblicani potrebbero rifiutarsi di cancellare le sanzioni», ci spiega Noam Chomsky, docente del Massachusettes Institute of Technology. Secondo il filosofo statunitense, l’Iran non avrebbe alcun interesse a sviluppare tecnologia nucleare a scopi militari. «L’Iran è un grande Paese, e come la Cina, aspetta di avere un’influenza nella regione. Ma l’Arabia Saudita non vuole un antagonista, un deterrente. Anche se l’Iran avesse l’atomica, quale sarebbe la preoccupazione per gli Stati Uniti? Si tratterebbe solamente di un deterrente. Nessuno pensa che mai e poi mai l’Iran possa fare uso dell’arma nucleare, perché il Paese sarebbe vaporizzato all’istante», prosegue Chomsky.
In attesa che l’intesa si concretizzi, il presidente russo Vladimir Putin ha annunciato l’approvazione della consegna di missili S-300 alle autorità iraniane. Il segretario del Consiglio per la Sicurezza nazionale, Ali Shamkhani, ha salutato positivamente la decisione parlando della futura estensione degli accordi bilaterali con Mosca. La fornitura era stata fermata dall’ex presidente Dmitry Medvedev, in seguito a pressioni statunitensi e israeliane. Il ministro della Difesa iraniano, Hossein Dehghan, ha parlato anche dell’avvio di un piano di difesa multinazionale con Cina, Russia e India per bilanciare «l’espansione dell’influenza della Nato in Oriente».
L’intesa sul nucleare e la soluzione dei conflitti regionali
La fine del contenzioso nucleare con l’Iran potrebbe aprire la strada alla soluzione delle principali crisi regionali dall’Afghanistan alla Siria fino all’Iraq. «L’amministrazione Obama considera il riavvicinamento con Teheran come una possibile soluzione su vari fronti», ci spiega lo storico dell’Università di Birkbeck, Sami Zubaida. «Se l’intesa sul nucleare andasse in porto, gli Stati Uniti inizierebbero a fare accordi sistematici con Teheran», considera Zubaida. «L’Iran è stato isolato per troppo tempo. Ma soprattutto dopo la guerra in Iraq ha stabilito un’influenza nella regione che prima era limitata all’alleanza con il regime siriano e al ponte con Hezbollah in Libano», aggiunge. L’intesa sul nucleare potrebbe avere effetti positivi anche sul conflitto in corso in Yemen, sebbene i legami tra Iran e Houthi non siano consolidati. «Gli Houthi sono sostenuti dall’Iran ma rispetto ad Iraq e Siria non esiste un collegamento organico», aggiunge Zubaida.
In attesa che si arrivi ad un’intesa definitiva sul nucleare iraniano, i tecnocrati incassano un successo insperato in politica estera che potrebbe aprire la strada a più estese riforme, come auspicato dalla società civile iraniana. Ma gli ultra-conservatori potrebbero ostacolare ogni spinta verso il cambiamento puntando sul prolungamento dello status quo.
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(sa)