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L’universo giovanile è sempre più complesso e sfuggente. Certo, si può dire che da sempre gli adulti giocano a costruire una drammatizzazione delle differenze con le nuove generazioni: ed è così che la scarsa comprensione dei giovani finisce per far apparire le loro azioni come espressioni quasi meccaniche, prive di senso solo perché espresse in una lingua che resta straniera. Ma bisogna ammettere che i ragazzi certo assomigliano sempre meno a «come eravamo».

Lo stacco che oggi registriamo, già in termini di linguaggi e di comprensione reciproca, è allarmante. Soprattutto se continuiamo a far finta di rimuoverlo.

Questa la ragione per cui la ricerca-intervento Nonsolomedia. Luoghi e percorsi del tempo libero, promossa con sensibilità dall’Assessorato alle Politiche della Scuola della Provincia di Roma e realizzata dal Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università di Roma «La Sapienza» – prende le mosse dallo studio del tempo libero: uno spazio in cui è più facile sia esaminare la nuova soggettività dei giovani, sia ridurre quell’astratta distanza dagli adulti che talvolta caratterizza l’indagine diretta sui valori. L’indagine ha raggiunto 18 scuole medie superiori di Roma e provincia (Bracciano, Civitavecchia, Palestrina, Subiaco, Tivoli, Velletri) per un totale di 934 studenti, 249 genitori e 121 insegnanti coinvolti nella rilevazione.

L’esperienza insegna anzitutto che l’analisi degli orientamenti culturali, comunicativi e valoriali dei giovani richiede un notevole sforzo interpretativo, ma anche dosi di cauta e ironica «sospensione del giudizio». Una tradizione di studio e di ricerca di cui ci sentiamo convinti sostenitori prova che i giovani rappresentano i promotori elettivi dell’innovazione culturale; tuttavia, non mancano aspetti che fanno apparire più controverso il protagonismo giovanile nella determinazione di tendenze e di fenomeni emergenti.

I giovani sono i principali drivers del cambiamento nelle società contemporanee: attori sociali in grado di giocare un ruolo decisivo nell’esplorazione dei consumi culturali e del tempo libero dentro e fuori i media. è in buona parte nell’universo giovanile che prendono forma e si sedimentano, infatti, le nuove tendenze destinate nel tempo a estendersi alla famiglia, alle generazioni adulte, all’intera società: una potente dinamica di innovazione «dal basso», alimentata in modo massiccio sia dalla vetrina dei media, sia dall’interazione diretta con i coetanei e il gruppo dei pari. Il rinnovato «paesaggio culturale» vede così nei giovani i protagonisti di un processo accelerato di ridefinizione degli stili di vita, di diversificazione e allargamento degli interessi, di crescente apertura della società italiana alle tecnologie e alla ricchezza culturale del territorio.Oggi i giovani assomigliano sempre meno a «come eravamo».

Ma è un errore sopravvalutare la componente edonistica del loro tempo libero.

Ma i giovani di oggi appaiono, per molti versi, indecifrabili: sembrano il prodotto di una «mutazione» di cui non è chiaro il segno. Ed è evidente che la stessa autarchia dei codici espressivi generazionali rischia di demarcare una profonda frattura culturale rispetto agli adulti. Sotto la superficie apparentemente effimera e patinata degli stili di vita e di consumo, si nasconde in realtà un intero giacimento esistenziale di valori e controvalori, seppur osservabili solo indirettamente e in maniera indiziaria. Un’inesauribile molteplicità di segnali di identità e di riconoscimento, spesso vissuti e professati per così dire «contromano» (un po’ come in motorino…) rispetto al mondo degli adulti.

La stessa camera dei ragazzi diventa, per certi aspetti, la metafora di un epocale salto generazionale: le tecnologie segnano i confini di una sorta di zona «extra-territoriale» della casa, di difficile accesso per i genitori. Analogamente, il moltiplicarsi di percorsi comunicativi «alternativi» e sempre più personalizzati (blog, newsgroup, radio libere eccetera) prospetta il rischio di una sorta di «provincializzazione» culturale, legata al trincerarsi di giovani e adulti nei rispettivi ghetti espressivi, oltre che l’oggettiva difficoltà di individuare trend generalizzabili e universali in merito ai comportamenti giovanili.

Soprattutto il legame con la famiglia e la scuola rappresenta oggi, di fatto, solo un pallido riflesso dei rapporti sociali del passato. Sembra che i «giochi» di immagine correnti tendano a enfatizzare gli aspetti di antagonismo e di «controcultura» tra le generazioni, in una costruzione delle identità – e, dunque, dei modelli di interazione – che sopravvaluta troppo le reciproche differenze e gli aspetti di discontinuità, a scapito degli orientamenti comuni.

Ed è proprio la crescente distanziazione nelle aspettative di vita e nei valori «praticati» a chiamare in causa la necessità di una nuova e più efficiente conoscenza reciproca tra i giovani e gli adulti, soprattutto nel loro ruolo di genitori e insegnanti. Da qui, l’opportunità di comprendere i consumi e gli stili culturali dei giovani anche dal punto di vista della loro ambivalenza, ben oltre le apparenze e gli aspetti più visibili di superficie (i titoli da «prima pagina»); di accettarne le contraddizioni, la discontinuità e i segnali deboli rispetto ai protocolli di analisi più consolidati. Non solo per cogliere il volto dei nuovi giovani – quei tasselli di realtà così sfuggenti dietro la rutilante rappresentazione che le nuove generazioni offrono di sé – ma anche per contribuire all’elaborazione di politiche più avanzate e, di fatto, a un dibattito culturale che sappia promuovere con maggiore incisività la qualità dello scambio intergenerazionale, il gusto del quotidiano «gioco delle parti».

è quasi un paradosso: nel tempo libero emergono i valori. Per un ragazzo su due, l’amicizia (50 per cento) viene prima del divertimento (41 per cento). A emergere è il vero e proprio trasporto relazionale rispetto al gruppo dei pari: tempo libero è anzitutto quello da condividere e trascorrere con i coetanei, tanto che l’amicizia sembra il fulcro stesso del sistema di rappresentazioni che i giovani condividono di sé e che rivendicano nei confronti del mondo degli adulti. Si tratta tuttavia di una priorità che i genitori, ma soprattutto gli insegnanti, stentano a riconoscere, perché più propensi a sopravvalutare la componente di edonismo e di divertimento fine a se stesso; una finalità, quest’ultima, risultata peraltro ancora più debole tra le ragazze rispetto ai loro coetanei.

Nuove tecnologie e interessi culturali, specialmente tra le ragazze, hanno un ruolo di primo piano rispetto al divertimento fine a se stesso.

L’altro tema su cui le ricerche da noi condotte sono ormai chiare da anni è ancor più decisivo: il tempo dello svago dei giovani non è più «sequestrato» dalla solitudine della televisione e dei videogame, ma è un tempo restituito alla socialità e al gusto di stare insieme. La televisione continua infatti a «occupare» il tempo di tutti i ragazzi, ma perde di centralità e di peso. Diventa casomai il fulcro di un nuovo approccio, il pretesto per usi più interattivi e soprattutto di gruppo, primi fra tutti videocassette e DVD. Persino il cinema incalza da vicino la TV, comparendo ai primissimi posti della hit parade dei consumi: nell’arco degli ultimi sei mesi, la frequentazione più o meno assidua di spettacoli cinematografici ha complessivamente riguardato più di 9 ragazzi e ragazze su 10 (91 per cento).

Del resto, sono i nuovi media a confermare nei giovani i veri e propri motori dell’innovazione culturale: un rapporto ad altissimo voltaggio con il PC (91 per cento) e Internet (75 per cento), ma soprattutto con il cellulare (96 per cento), indica negli adolescenti i veri esploratori delle nuove frontiere tecnologiche e delle reti di comunicazione. E anche gli insegnanti danno prova di crescente competenza comunicativa e di una più forte apertura verso le tecnologie rispetto agli anni passati: appena il 10 per cento dichiara di non usare il PC, mentre non arriva al 12 per cento la percentuale di docenti che non usano Internet. E, non a caso, nell’ambito del progetto Nonsolomedia saranno proposti alle scuole romane e della provincia una serie di laboratori formativi volti a promuovere un uso sempre più strategico e consapevole delle tecnologie a scuola.

Da’altra parte, se i consumi a elevato contenuto tecnologico sono più diffusi tra i ragazzi che non tra le loro coetanee, il tempo libero outdoor vede spiccare soprattutto gli interessi culturali delle ragazze, più propense a finalizzare il proprio loisir alla coltivazione di personali curiosità. Su tutti i consumi dal vivo «di qualità, le differenze di genere appaiono infatti acute e, di fatto, finiscono per premiare il dinamismo e la selettività delle giovani donne: un’attitudine che appare particolarmente marcata, rispetto ai coetanei, nel caso della frequentazione di luoghi tradizionali della cultura quali musei, mostre, siti archeologici; e la dominante femminile appare rilevante anche in riferimento a spettacoli teatrali e concerti. Rispetto a un tempo libero «al femminile» più impegnato e finalizzato, i ragazzi dimostrano di preferire una serie di intrattenimenti e svaghi certamente più coerenti e in sintonia con la loro visione edonista del tempo libero: manifestazioni sportive, ma anche discoteche, sale-giochi, feste di piazza.

Almeno nel confronto con gli adulti, a emergere tra i giovani è inoltre uno scenario di tendenziale soddisfazione – per la quantità, ma soprattutto per la qualità – del proprio tempo libero. La maggioranza dei giovani intervistati si è dichiarata abbastanza (49 per cento) o molto soddisfatta (13 per cento) della quantità disponibile. E un segnale ancor più positivo viene dal giudizio sulla qualità, dal momento che risultano ancora più numerosi complessivamente i giovani che si dichiarano «molto» (27 per cento) o «abbastanza» soddisfatti (54 per cento). Ma forse non potrebbe che essere così: in nessuna fase della vita individuale si ravvisa infatti una così profonda compenetrazione tra tempo libero e tempo di vita. Non a caso, tra gli adolescenti è presente un segmento quantitativamente rilevante di fruitori forti del tempo libero (24 per cento), per i quali quest’ultimo supera le quattro ore quotidiane.

Diversamente, il vissuto più problematico si concentra proprio laddove è maggiormente sentita la carenza di tempo: in altre parole, tra le ragazze e tra i giovani delle aree metropolitane, più propensi a rivendicare per sé l’esigenza di un tempo «autocentrato» e da finalizzare al relax. I dati segnalano, del resto, la presenza di una nicchia di adolescenti iper-impegnati, per i quali la libertà rispetto alla scuola e alla famiglia si riduce addirittura a meno di un’ora al giorno (5 per cento). La finalità ludica sembra invece rafforzarsi proporzionalmente all’aumentare della disponibilità di tempo libero, e cioè tra i ragazzi e nei comuni della provincia: si tratta tuttavia di una percezione destinata ad arretrare con l’avanzare dell’età e, dunque, delle nuove responsabilità proprie della vita adulta.

Sono dati importanti se scegliamo di capire, invece che giudicare. Se decidiamo di costruire politiche sociali e sensibilità educative saldamente ancorate ai segni del cambiamento. Ebbene, questa e altre ricerche si propongono di offrire un autoscatto di generazione, invece che una fredda fototessera costruita in «laboratorio».

Mario Morcellini è direttore del Dipartimento di Sociologia e Comunicazione dell’Università di Roma «La Sapienza».