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Dighe marine ben nascoste, tetti bianchi e programmi comunitari per monitorare i sintomi di malattie da calore fanno tutti parte della strategia per aiutare la Grande Mela a far fronte al riscaldamento globale.

di Mike Orcutt

Nel 2012, la supertempesta Sandy ha devastato New York City, uccidendo 44 persone e provocando danni per un valore stimato di 19 miliardi di dollari. Ora l’ufficio del sindaco della città sta investendo la stessa cifra per prepararsi al prossimo evento naturale simile a Sandy.

Ma,  secondo Jainey Bavishi, responsabile dell’Office of Recovery and Resilience del sindaco di New York, la crescente intensità degli uragani nel bacino dell’Oceano Atlantico è solo uno dei più vistosi effetti del cambiamento climatico contro il quale la città dovrà combattere nei prossimi anni.

La città deve, infatti, far fronte all’innalzamento del livello del mare, all’aumento delle precipitazioni e ad ondate di calore sempre più lunghe e pericolose, ha detto Bavishi alla conferenza EmTech di “MIT Technology Review” americana. “Prevediamo”, ha spiegato, “che il numero di giorni sopra i 32 gradi triplicherà entro il 2050”.

Ecco perché l’ufficio del sindaco sta investendo 20 miliardi di dollari per apportare le modifiche necessarie all’ambiente cittadino e alla comunità in senso più largo. 

Per far fronte al calore in aumento, che Bavishi chiama “l’assassino silenzioso” perché la distruzione che provoca non attira la stessa attenzione degli uragani, la città sta piantando più alberi in strada e aumentando le superfici riflettenti. Uno degli interventi è focalizzato sulla verniciatura dei tetti bianchi, un colore che non assorbe il calore del sole quanto quelli scuri e può ridurre il costo delle bollette energetiche fino al 30 per cento durante l’estate. 

Bavishi ha detto che la città ha già ridipinto 1 milioni di metri quadrati di tetti in questo modo, con particolare attenzione nei confronti dei quartieri più vulnerabili al calore. 

E poiché le ondate di calore spesso colpiscono le persone nelle loro case, l’ufficio del sindaco ha anche lanciato un programma per identificare le persone più vulnerabili e trovare volontari per assisterle. E’ stato anche allestito un piano di formazione per chi si occupa di assistenza sanitaria a domicilio per “rilevare i primi segni di malattia provocate dal calore”, ha continuato Bavishi.

La sfida dell’innalzamento del livello del mare, che aumenterà il rischio di danni da alluvione durante le grandi tempeste, è decisamente preoccupante. New York City ha 837 chilometri di costa, vale a dire più di Los Angeles, San Francisco, Miami e Boston messe insieme, ha spiegato Bavishi, aggiungendo che la città si aspetta fino a 76 centimetri di aumento del livello del mare entro il 2050. 

Non è neanche semplice costruire dighe costiere, in quanto l’obiettivo è quello di mantenere “vivibili” le comunità vicino al litorale. “Esistono modi per costruire dighe che effettivamente migliorano gli spazi comuni e nascondono la barriera”. Un buon esempio è rappresentato da un tratto rialzato di 2 metri e mezzo, chiamato Bridging Berm, nel parco sul Lower East Side che agirà da diga naturale. 

C’è ancora molto spazio per l’innovazione nel campo dell’adattamento e della resilienza climatica, ha affermato Bavishi. La costruzione di dighe e l’innalzamento degli edifici sono interventi molto costosi. La strada potrebbe passare dall’individuazione di nuovi materiali da costruzione allo sviluppo di sistemi di sensori per rafforzare il monitoraggio ambientale in tempo reale.

L’innovazione è anche necessaria nel finanziamento, ha sostenuto Bavishi, aggiungendo che dei 20 miliardi di investimenti per New York, ben 15 provengono dal governo federale in risposta alla supertempesta Sandy. 

“Queste sono sfide che richiedono azioni preventive e quindi finanziamenti che anticipino gli eventi, come non è nel caso dei soldi del governo federale che arrivano dopo un disastro”, ha concluso Bavishi.

Foto: AP