Motori a stampa

In questa intervista Peter Beck parla di Rocket Lab, la piccola azienda da lui fondata che ha promosso la stampa in 3D di componenti per motori a razzo, e del futuro del settore dei lanci spaziali.

di Erin Winick

La stampa 3D continua a farsi spazio nel settore dei missili. Nel 2014, per esempio, SpaceX, ha lanciato nello spazio la sua prima valvola stampata in 3D.Oggi, Blue Origin sta incorporando strumenti stampati in 3D nel suo potente motore BE-4.

Ma Rocket Lab, con sedi in Nuova Zelanda e negli Stati Uniti, è all’avanguardia nel settore della stampa in 3D. Fondata dall’ingegnere Peter Beck nel 2006, Rocket Lab è leader nel lancio di piccoli satelliti commerciali, grazie al suo razzo Electron. Sei di questi razzi hanno completato con successo la loro missione; ognuno di loro era dotato di nove motori Rutherford, creati utilizzando in gran parte la stampa 3D in metallo.

I tradizionali metodi di produzione sottrattiva ritagliano un prodotto finito da un blocco di materiale. La stampa 3D, nota anche come produzione additiva, crea una forma strato dopo strato. Ciò rende possibile creare oggetti leggeri con complesse strutture interne che non possono essere realizzati in altro modo.

Beck, CEO e CTO di Rocket Lab, si è incontrato con la redazione americana di Technology Review  per parlare della scelta della sua azienda di investire con convinzione nella stampa 3D e delle prospettive di questa tecnologia nella missilistica.

Come ha visto evolvere la stampa 3D nel campo della missilistica da quando ha scelto di utilizzarla nei motori dei suoi razzi?

Siamo stati tra i primi ad adottare la stampa 3D in metallo. Ricordo che quando, quattro anni fa, abbiamo annunciato per la prima volta il motore Rutherford al National Space Symposium, i commenti erano prevalentemente di scherno. Oggi, se non hai almeno una parte del tuo motore stampato in 3D, sei considerato non al passo coi tempi.

Abbiamo lanciato oltre 50 motori Rutherford nello spazio, vale a dire più motori stampati in 3D di chiunque altro nella storia. Può accadere di farlo una volta, ma ripeterlo 50 volte con successo significa una piena padronanza del sistema.

Utilizzate macchine standard o di volta in volta le personalizzate?

In una prima fase abbiamo acquistato stampanti 3D e le abbiamo modificate per venire incontro alle nostre esigenze. Abbiamo stampato geometrie che, se si va nella maggior parte dei laboratori di stampa 3D, ci si sente dire che non sono stampabili. Per molti componenti ci spingiamo oltre i limiti di ciò che viene generalmente considerato accettabile.

Lo scelta della produzione additiva vi ha portato ad apportare modifiche fondamentali al design del razzo?

Assolutamente sì. Voglio dire, il motore a razzo Rutherford è, almeno a nostra conoscenza, il motore che brucia una miscela di ossigeno liquido e cherosene dalle prestazioni più elevate in America, leggermente superiori a Merlin 1D, di Space X. Ciò è in parte dovuto alla stampa 3D. Stampiamo in 3D tutti i nostri iniettori e la geometria 3D all’interno dell’iniettore che consente una miscelazione superiore e risultati che non è possibile raggiungere con altri processi di produzione. È davvero difficile produrre un piccolo motore ad alta efficienza.

Pensa che la stampa 3D offra vantaggi specifici per il settore aerospaziale?

Ne sono convinto. È lo stesso con qualsiasi industria. Quando ci sono componenti altamente complessi, è possibile unirli per creare un sottosistema più efficiente, più economico o più performante.

Quello che non funziona è quando la stampa 3D viene utilizzata per i singoli componenti. Il segreto con questa tecnologia è non limitarsi alla produzione della singola staffa, ma scegliere componenti complessi che possono essere uniti, e ce ne sono in abbondanza in un veicolo spaziale.

È stata una sfida impegnativa far salire a bordo i clienti con un motore stampato in 3D?

Non direi. Uno dei test più ardui è stato quando abbiamo effettuato una missione per la NASA. L’agenzia governativa ha analizzato in modo estremamente dettagliato tutti i sistemi del veicolo di lancio e, naturalmente, ha rivolto particolare attenzione al motore Rutherford e a tutta la tecnologia in 3D. Ma abbiamo superato l’esame.

Pensa che ci sia un vantaggio per chi effettuerà la prima mossa nel lancio di piccoli satelliti con stampa 3D?

Non può essere diversamente. C’è un numero enorme di piccoli veicoli di lancio in fase di sviluppo e tutti mirano a occupare lo stesso mercato. Nei prossimi 12-18 mesi, prevedo una fase di consolidamento davvero brutale di questo settore che la momento vive sicuramente in una bolla. 

Quale pensa sia il futuro di Rocket Lab?

Siamo in una posizione di vantaggio, visto che siamo gli unici a volare in questo momento. Intorno a noi, proliferano aziende che devono ancora far volare i loro missili e gli utenti stanno cominciando a rendersi conto che queste aziende sono ancora lontane dal raggiungere i loro obiettivi. 

Foto: Brady Kenniston

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