Microsoft dichiara guerra allo spam

Contro le sue abitudini, la superpotenza americana sta cercando alleati per combattere il fenomeno dei messaggi spazzatura

di Robert Buderi

Ebbene, anche Bill Gates riceve spam, come ogni altra persona. La differenza è che lui può fare qualcosa per impedirlo. Se ci si collega al sito www.microsoft.com/spam si trova un ricco armamentario di informazioni sull’argomento: conferenze stampa, pubblicazioni, manuali sulle tecnologie anti-spam. C’è persino un contributo recente dello stesso Gates, scritto a giugno del 2004. «è tuttora un grande problema», egli spiega.

A prescindere dalla rivelazione inaspettata, il creatore delle applicazioni di posta elettronica più diffuse al mondo – si pensi a Hotmail, Outlook, Outlook Express, Exchange, MSN e Entourage – ha realmente proclamato guerra totale al flagello elettronico della produttività. A guidare l’offensiva è schierato un gruppo di 50 «combattenti» anti-spam, il cui responsabile è uscito dal laboratorio di ricerca di Microsoft nel marzo del 2003. Questo gruppo Safety, Technology and Strategy ha finora permesso di intraprendere azioni legali contro circa 100 spammer e Microsoft sostiene che la tecnologia per filtrare le e-mail sviluppata dal gruppo blocca quotidianamente diversi miliardi di messaggi spazzatura. Al momento Gates e l’azienda stanno dispiegando due nuove tecnologie per i server e i programmi e-mail degli stessi spammer. «Ciò consente di intervenire nella fase di spedizione delle e-mail», afferma George Webb, dirigente aziendale del team anti-spam.

Il gruppo Safety, Technology and Strategy è distaccato a Red West, un campus satellite distante poco più di un km dalla sede centrale di Microsoft, a Redmond, Washington. La lotta allo spam ha preso vigore dopo che un documento scritto dai ricercatori di Microsoft per Gates evidenziava come i nuovi approcci tecnologici potevano bloccare la marea crescente dello spam. Allora diversi gruppi di prodotti Microsoft elaboravano indipendentemente i loro programmi anti-spam e la nuova unità venne creata per unificare gli sforzi e dare vita a un’unica tecnologia da diffondere su larga scala.

Con uno stile che sembra stonare con l’immagine tradizionale di Microsoft, il gruppo ha collaborato con legislatori, esperti legali, fornitori di servizi Internet (AOL, Yahoo ed Earthlink) e aziende per la sicurezza delle e-mail, come Brightmail, per abbozzare la legislazione, definire gli standard e lanciare una campagna informativa per indicare ai consumatori come combattere lo spam. «Abbiamo capito che non potevamo rimanere isolati, anche se ci chiamiamo Microsoft», dice Webb, ed «eravamo coscienti che non si trattava solo di un problema di tecnologia».

Sulla base di questa filosofia di fondo, continua Webb, il gruppo ha collaborato con il dipartimento per le relazioni governative di Microsoft per aiutare i legislatori a formulare il CAN-SPAM del 2003, una legge che limita la trasmissione di e-mail commerciali indesiderate. Non meno importante la cooperazione con il gruppo aziendale per l’integrità dei dati digitali, al cui interno ci sono «veterani» di Interpol ed esperti legali statunitensi, per identificare gli spammer illegali. Grazie al lavoro comune sono state intraprese più di 100 azioni legali incluse alcune cause contro 5 dei 10 più importanti spammer al mondo.

Sul fronte tecnologico il gruppo anti-spam ha prodotto SmartScreen, un filtro proprietario basato sulle probabilità statistiche e sull’apprendimento meccanico che analizza le parole chiave, i dati temporali e altre caratteristiche dell’e-mail per identificare il possibile spam e inviarlo direttamente al cestino. Webb sostiene che il numero di messaggi spazzatura pervenuto a Hotmail è diminuito del 60 per cento dopo l’introduzione di SmartScreen alla fine del 2003. L’identificatore del mittente (Sender ID), una delle due nuove tecnologie che Microsoft è sul punto di distribuire, consente di affrontare due dei più grandi problemi in gran parte non risolti da SmartScreen: la credibilità e la truffa. Un messaggio verosimile sembra provenire all’apparenza da una fonte reale, come un amico, un collega o un’organizzazione conosciuta. La truffa utilizza un messaggio credibile per indurre chi lo riceve a rivelare dettagli finanziari o altre informazioni chiave. L’identificatore del mittente confronta l’indirizzo del server che trasmette il messaggio con una lista di macchine autorizzate a occuparsi dell’e-mail del mittente. I messaggi che non rispondono a questi requisiti vengono segnalati al filtro.

La prova computazionale, la seconda tecnologia, è un’arma anti-spam più generica. L’idea è di dotare i programmi e-mail di un software che obblighi qualsiasi computer che spedisce un messaggio a risolvere un piccolo problema prima che venga accettato di trasmetterlo. Ogni calcolo è diverso – derivato da elementi del messaggio come il timbro data o l’indirizzo del mittente – e richiede alcuni secondi per essere eseguito. Ciò non rappresenta un problema per i server che spediscono volumi normali di e-mail, ma potrebbe realmente rallentare uno spammer che cerca di diffondere milioni di messaggi al giorno.

Queste strategie funzioneranno? Altri protagonisti della lotta contro lo spam si dichiarano fiduciosi nei confronti dei risultati raggiunti da Microsoft e della sua tecnologia, cha verrà incorporata in Hotmail, Outlook ed Exchange, a cominciare dai primi mesi del 2005 con Hotmail. Ma le loro lodi, prevedibili, non sono incondizionate. «Non dimentichiamoci che stiamo parlando di Microsoft, un’azienda che vorrebbe che tutti seguissero i suoi metodi. In realtà, però, il problema dello spam è talmente serio che stanno collaborando senza remore con altri alla ricerca di una soluzione comune», afferma John R. Levine, autore di The Internet for Dummies e presidente del gruppo di ricerca antispam dell’Internet Research Task Force.

Levine dice che la battaglia intestina di Microsoft per contrastare la sua «vocazione» naturale ha rallentato lo scorso anno la lotta allo spam, in quanto le sue iniziali richieste di un brevetto allargato per la tecnologia Sender ID e le onerose pretese avanzate per autorizzare il programma hanno causato l’interruzione dei colloqui per la standardizzazione. Da allora, egli continua, Microsoft ha ridotto le sue richieste di brevetto, «ma non ha ancora determinato le modalità della licenza». E anche se la tecnologia del «problema di calcolo» è brillante, egli dice, la crescente abilità degli spammer nel saper attivare decine di migliaia di PC zombie colpiti dai virus ne limita la potenziale efficacia.

In ogni caso Microsoft è sempre Microsoft e, con la sua capacità di diffondere le sue tecnologie tra milioni di clienti, l’azienda rappresenta una seria minaccia per gli spammer. In alcune situazioni SmartScreen e altre tecnologie disponibili sul mercato sono già in grado di bloccare circa il 95 per cento dei messaggi spazzatura. Se Microsoft collaborerà con clienti e concorrenti per creare miscele efficaci delle sue e delle altre tecnologie emergenti, la temuta minaccia alla produttività da parte dello spam si rivelerà un fantasma del passato.

Allora Gates potrà fare il suo aggiornamento online sullo spam e dire finalmente «era un problema».

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