L’ingegneria genetica e la creazione di marijuana biotech

Come il settore biotech è passato dal “mai” al calcolo dei profitti nel campo della cannabis

di Antonio Regalado

John Melo, CEO della Amyris, società specializzata nella biologia di sintesi, ha viaggiato fino ad Amsterdam per studiare il proprio ingresso nel mondo della cannabis. La società ha già dimostrato di poter produrre carburanti dal lievito di birra, un farmaco contro la malaria e dolcificanti senza calorie ed ora intende produrre cannabinoidi, il principio attivo della marijuana, evitando i costi della coltivazione delle piante che richiedono acqua, spazio ed elettricità.

La società ha bisogno di nuove fonti di guadagno dopo il fallimento dei suoi biocarburanti, non sufficientemente competitivi sul mercato. La visita ad Amsterdam gli ha permesso di studiare come si presenta una società inondata di cannabinoidi. Melo non è l’unico a porsi il problema. Non pochi dirigenti del mondo biotech si stanno domandando: che cosa accadrà quando queste sostanze diverranno comuni?

Ad oggi, nel Nord America, 33 stati USA hanno legalizzato l’utilizzo medicinale della marijuana, e 10 di essi ne ammettono anche l’utilizzo ricreativo. Il Canada ha legalizzato la vendita della marijuana a livello nazionale nell’ottobre 2018 e si aspetta che i suoi cittadini, quest’anno, ne consumino 926.000 kg.
La legalizzazione ha scatenato una corsa agli investimenti. A Denver sono state erette così tante serre da produrre un rilevante aumento nella richiesta di energia elettrica. Gli specialisti in ingegneria genetica hanno cominciato a notare un interesse nella possibilità di sostituire acri ed acri di coltivazioni con prodotti di laboratorio sin dal 2017, spiega Kara Bradford, dirigente della Viridian Staffing, una società di headhunting specializzata in personale agronomo per l’industria della cannabis.

Sono una dozzina le società specializzate in biologi di sintesi apertamente interessate a produrre cannabinoidi in microrganismi come batteri e alghe, tra cui Amyris, Ginkgo Bioworks, Hyasynth, Farmako, e Intrexon. La stessa University of California ha descritto su Nature come ha testato la produzione di cannabinoidi nel lievito.

Una fornitura economica di cannabinoidi potrebbe aprire nuove porte per l’industria medica e del benessere, ma anche per il mondo dell’intrattenimento. Dopo anni di educazione contro l’utilizzo di marijuana, il primo impulso è porsi domande, spiega Jason Kelly, CEO della Gingko Bioworks di Boston, però “La richiesta di fornitura è chiara e la biologia di sintesi si presenta come la risposta perfetta, il business è inevitabile.”
L’industria del biotech si propone, in ultimo, di aiutare le persone e la cananbis, come l’alcol, non è sempre d’aiuto. Per quanto ne vengano promossi i benefici antidolorifici, la cannabis può anche dare diepndenza, e il suo utilizzo è stato correlato a psicosi.

Non è ancora certo che i reattori del biotech siano in grado di produrre cannabinoidi ad un costo inferiore della coltivazione diretta delle piante. Veloci a crescere, le piantine non contengono solo THC, la sostanza psicoattiva, e CBD, dotata di numerose proprietà mediche, ma anche un centinaio di altre molecole cannabinoidi meno concentrate e dalle proprietà poco studiate in regime di illegalità.
Jeff Ubersax, biochimico della Demetrix, è convinto che la società possa produrre grandi quantitativi di queste molecole rare e studiarne gli effetti. A livello federale, però, la cannabis, è ancora considerata una sostanza Schedule 1, ovvero illegale quanto l’eroina. La ricerca in questo contesto è sottoposta a criteri rigorosi. Karl Handelsman, fondatore della società per investimenti Codon Capital, è tra coloro che hanno deciso di deciso di non investire in imprese la cui legalità potrebbe ancora essere messa in dubbio.
Nel frattempo, a livello sociale, l’idea della legalizzazione della marijuana sembra aver preso piede. Il pubblico del Massachusetts ha votato a favore già nel 2016.

Lo scorso marzo, la Amyris ha ricevuto investimenti per $300 milioni sul progetto volto a produrre cannabinoidi su larga scala. La Ginkgo, una spin-out del MIT, si sta concentrando sulla possibilità di produrre gli ingredienti psicoattivi della marijuana per il mercato globale, in associazione con la Cronos di Toronto.  Laddove la Ginkgo enfatizza la possibilità di sviluppare nuovi farmaci, la Cronos progetta di mescolare i cannabinoidi a molecole chiamate terpeni, per offrire nuove possibilità di intossicazione.

Alcuni personaggi del mondo sanitario prevedono da tempo le possibili applicazioni della tecnologia sulla marijuana legalizzata.  Per quanto la marijuana non rappresenti un pericolo paragonabile a quello degli oppiacei, non mancano le preoccupazioni sulle conseguenze negative associate alla produzione su nuova scala o a nuovi metodi di assunzione come le sigarette elettroniche, già responsabili di un ritorno di assunzione di nicotina tra i più giovani.
il rischio si è fatto apparente ad alcuni dipendenti della Ginkgo lo scorso dicembre, quando la Cronos ha venduto quasi metà delle proprie quote alla Altria, società produttrice di sigarette, per $1.8 miliardi. I produttori di tabacco sono noti per la pratica di vendere prodotti nocivi e mentire in proposito.

Ciononostante, uno dei grossi motivi a favore della legalizzazione della marijuana è l’eliminazione del mercato nero, impossibile senza un’offerta legalizzata del prodotto.

Immagine: Saiman Chow

(lo)

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