L’India, il solare, e il problema delle scimmie

Mentre il governo si imbarca in un ambizioso programma per le rinnovabili, i ricercatori tentano di trovare soluzioni tecnologiche idonee alle condizioni uniche dell’India.

di Richard Martin

Nello stato centrale del Karnataka, 120 miglia a nord di Bangalore, la rigogliosa giungla della costa occidentale dell’India cede il passo a una macchia più asciutta. Girasoli, cipolle e arachidi crescono in campi aridi. Nei popolosi e sparsi villaggi, edifici in cemento si alternano a fatiscenti capanne di paglia. Le mucche rovistano fra la spazzatura, e carri di legno tirati da buoi riempiono le strade. Fabbriche di mattoni vomitano fumo nero nell’aria. Lo scenario ricorda molto quello di un secolo fa. In un edificio di legno fuori dal paese di Challakere, però, si trova una installazione che potrebbe portare con sé il futuro energetico dell’India.

Il progetto, gestito dall’Indian Institute of Science di Bangalore (conosciuto come IISC), è una schiera sperimentale per l’energia a concentrazione solare. File di canali leggermente concavi, realizzati con un alluminio rivestito, si estendono per oltre due campi di football di lunghezza. Sopra di loro passano tubi dell’acqua allestiti per catturare la luce solare riflessa dai canaletti in alluminio. Quando il progetto entrerà in funzione nel giro di qualche settimana, l’acqua all’interno dei tubi verrà riscaldata fino a 200 °C per alimentare uno scambiatore di calore connesso ad una turbina che produrrà 100 kilowatt di elettrcitià.

Parte del Solar Energy Research Institute for India and the United States (SERIIUS), questo piccolo impianto solare servirà per testare diversi materiali riflettenti e fluidi di scambio termico (fra cui, ad esempio, sali fusi congiunti con acqua) sviluppati da diversi produttori. Dozzine di piccoli sensori wireless raccoglieranno dati e li invieranno tramite Internet ai computer dell’IISC, dove verranno analizzati e catalogati. L’obiettivo, spiega Praveen Ramamurthy, un professore di ingegneria dei materiali dell’IISC, è scoprire le combinazioni di componenti più idonee alle condizioni dell’India, che con il National Solar Mission del Primo Ministro Narendra Modi ambisce a diventare uno dei più grandi mercati per il solare al mondo nel giro di sette anni.

Il subcontinente indiano, come sovente viene fatto notare, è un mondo a sé che racchiude la foresta pluviale di Assam, i deserti di Rajasthan e gli altipiani himalayani di Ladakh. L’identificazione di pannelli solari in grado di resistere a queste condizioni estreme sarà fondamentale per il raggiungimento del traguardo di 100 gigawatt di capacità solare entro il 2022. “Nessuno sta testando l’invecchiamento delle apparecchiature solari in India”, spiega Ramamurthy. “Otteniamo pannelli solari, certificati per i modesti climi di Stati Uniti ed Europa, e ci adattiamo”.

La missione dell’India per il solare è importante non solo per il paese ma per il mondo intero. L’India è il terzo più grande emettitore di gas serra al mondo, dipende pesantemente dal carbone e, con oltre 300 milioni di persone che vivono ancora senza elettricità e diversi altri milioni che possono usufruirne solo in parte, ha urgentemente bisogno di energia. Modi si è impegnato a creare dozzine di “ultra mega parchi solari” da 500 e più megawatt con i quali alimentare la rete, mentre il National Institute for Rural Development si è imbarcato in un programma per portare pannelli solari sui tetti di migliaia di villaggi indiani. Piyush Goyal, il ministro per l’energia, ha detto che le norme energetiche del governo ridurranno le emissioni annuali di anidride carbonica di 550 milioni di tonnellate. La riuscita di questo piano, che mira a industrializzare e distribuire elettricità in tutto il paese, riducendo allo stesso tempo le emissioni di gas serra, contribuirà a determinare se il mondo riuscirà o meno ad evitare catastrofici cambiamenti climatici.

Più avanti, la schiera sperimentale di Challakere includerà anche delle installazioni fotovoltaiche. La ricerca di Ramamurty si concentra sullo sviluppo di polimeri per incapsulare i pannelli solari al fine di proteggerli da temperature elevate e umidità, che tendono a far marcire gli adesivi che tengono uniti i pannelli solari convenzionali. Anche la polvere e il degrado sono problemi da tenere in considerazione. Ci sono, infine, le scimmie.

Come in molti altri posti in India, il campus di Bangalore è ricco di tribù di scimmie che si divertono a masticare cavi elettrici e leccare rugiada sulle superfici dei pannelli solari. Sono stati provati diversi metodi per allontanarle, ma nessuno di questi funziona, neppure un repellente a ultrasuoni che sembra invece attirarle. “Abbiamo provato a nutrirle per spostarle altrove, ma preferiscono rimanere lì”, racconta un Ramamurthy esasperato. “Non so cosa fare”.

Anche se il solare fotovoltaico dovrebbe costituire la principale fonte di energia solare in India, il solare a concentrazione potrebbe rivelarsi interessante per una varietà di applicazioni non elettriche. Le fabbriche di mattoni a Krarnataka, ad esempio, sono quasi tutte illegali e cuociono i mattoni utilizzando fuochi a legna. Questo processo provoca deforestazione e pesanti emissioni di anidride carbonica. L’impiego dell’energia solare a concentrazione per cuocere i mattoni potrebbe portare con sé notevoli benefici ambientali.

Il lavoro in corso a Challakere aiuterà l’India a entrare realmente nell’industria solare del 21° secolo.

(MO)

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