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L’India ha bloccato l’accesso on line nello stato di Assam, dopo che i cittadini sono scesi in piazza per protestare contro una controversa regola di cittadinanza, confermando una tendenza diffusa a livello mondiale: tagliare l’accesso online per controllare le persone.

di Karen Hao

La scorsa settimana il governo indiano ha approvato il disegno di legge sulla modifica della cittadinanza, che crea un percorso per la cittadinanza per le minoranze di Afghanistan, Pakistan e Bangladesh, ma non per la minoranza musulmana del paese. Nello stato di Assam, dove i residenti sono stati a lungo scontenti dell’immigrazione dal vicino Bangladesh, i manifestanti hanno dato fuoco alle stazioni ferroviarie. Secondo la CNN, il governo ha inviato truppe e chiuso Internet.

In un mondo sempre più connesso, gli arresti sono un modo per fermare la protesta e sono considerati da molti come “uno degli strumenti che caratterizzano i sistemi di governo oppressivi” nell’era moderna. Nel 2016, le Nazioni Unite hanno condannato la chiusura di Internet come una violazione dei diritti umani e della libertà di espressione. A questa risoluzione si sono opposti, in particolare, paesi come la Russia, la Cina, l’Arabia Saudita e l’India.

Anche gli arresti legati a Internet stanno diventando più comuni. Secondo il gruppo Internet Shutdowns, che monitora in particolare gli arresti in India, ce ne sono stati tre nel primo anno, vale a dire il 2012. Quest’anno erano 89, più che in qualsiasi anno tranne il 2018, quando sono stati 134. In tutto il mondo, i numeri non sembrano più incoraggianti.

Il gruppo per i diritti digitali Access Now ha monitorato gli arresti legati a Internet dal 2016. Secondo il suo rapporto del 2018, l’ultimo disponibile, i numeri sono in aumento: da 75 arresti nel 2016 a 196 nel 2018. L’India continua a guidare il gruppo.

(rp)